N.1 2016 - L'utente come risorsa

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Quale biblioteca per leggere il presente e costruire il futuro insieme ai cittadini?

Massimiliano Anzivino

Psicologo, consulente, formatore, Cooperativa Solidarietà 90, Biblioteca di Montechiarugolo; massimiliano.anzivino@gmail.com

Francesco Caligaris

Animatore socioculturale, “Animazione Sociale”; fra.caligaris@gmail.com

Abstract

Il contributo scaturisce da un percorso di ricerca sul ruolo attuale delle biblioteche nei territori, percorso coordinato dagli autori dell’articolo e animato dalla rivista “Animazione Sociale”. Le riflessioni sono quindi il frutto del confronto tra professionisti di varie estrazioni, provenienti da esperienze e contesti diversi. Tra le tappe del percorso di ricerca ci sono stati il convegno «Se la biblioteca è questione di comunità. Mescolanze e contaminazioni in uno spazio dove può (ri)nascere un Paese» (Verbania, 30 gennaio 2016), la giornata di studio «La biblioteca va in città. Un terreno fertile per legami, idee e azioni partecipate» (Monticelli Terme, Montechiarugolo, 11 aprile 2014), numerosi incontri seminariali in giro per l’Italia e alcuni articoli già pubblicati.

English abstract

This article describes a study on the role of libraries in territory, animated by the magazine “Animazione Sociale”. It is the result of a debate between various experts with different experiences. Milestones of this study are: conference «Se la biblioteca è questione di comunità. Mescolanze e contaminazioni in uno spazio dove può (ri)nascere un Paese» (Verbania, January 30, 2016); conference days «La biblioteca va in città. Un terreno fertile per legami, idee e azioni partecipate» (Monticelli Terme, Montechiarugolo, April 11, 2014); many seminars around Italy and some papers.

Un comune interrogarsi

La sorte delle biblioteche non preoccupa solo gli “ad­detti ai lavori”: oggi in Italia le riflessioni sullo stato di salute dei vari contesti territoriali sono spesso attraver­sate anche da domande e considerazioni sulla funzione che esercita o può esercitare la biblioteca di riferimento. Nell’accompagnare un percorso di ricerca e confronto tra diverse voci e prospettive, abbiamo trovato – in tan­ti operatori, amministratori e cittadini – forte attenzione per il ruolo delle biblioteche, timore per un loro possi­bile declino, ma anche fiducia che proprio la biblioteca possa essere un motore di rinascita sociale e culturale. Diventa, quindi, significativo interrogarsi insieme sul­le situazioni che si stanno vivendo nelle diverse real­tà, sulle sperimentazioni in atto, sulle buone prassi, sui problemi, sui dubbi. Va alimentata la consapevolezza rispetto ai processi che si stanno agendo e al panora­ma del mondo bibliotecario italiano, il quale presenta diversi approcci e differenti sensibilità. In tal modo, la riflessione – interessante e utile anche per altri servizi, amministrazioni e cittadini in genere – si può sviluppare in una inscindibile, quanto spesso dimenticata, dimen­sione a tre facce: culturale-sociale-politica.

Non si tratta di cristallizzare modelli ideali, bensì di co­struire insieme delle ipotesi, provare a tracciare delle prospettive e fare/farsi numerose domande. Dalle pratiche quotidiane di lavoro vanno distillate riflessioni aper­te al confronto e alla contaminazione con altri appren­dimenti. Le buone prassi possono costituire spunti utili, se vengono non semplicemente portate ad esempio, ma messe in connessione e dialogo: interrogare senza re­more i contesti per mettere a fuoco i nodi reali e cercare di dipanarli insieme. Le biblioteche sono chiamate a sti­molare il pensiero in chi le attraversa, a maggior ragione non possono temere un processo di autoriflessione.

Con questo orizzonte, riteniamo sia indispensabile aprire molteplici interlocuzioni: con quanti passano nelle bibliote­che, con quanti vi lavorano o collaborano, coinvolgendo nei dibattiti gli amministratori locali e i vari attori territoriali. Facendo leva sulla specificità della biblioteca nel portare pensiero e parola alla collettività e creare legami attraverso gli strumenti culturali, è possibile rimettere al centro la co-co­struzione della comunità, favorendo l’incontro e lo scambio. Al contempo, diventa importante stringere collaborazio­ni complementari con altri enti e servizi, per rendere più efficaci le proprie azioni e meno autoreferenziali i propri obiettivi; farsi aiutare laddove si incontrano problemi che non si è preparati ad affrontare; mettere a disposizione i propri punti di forza per agevolare uno sviluppo collettivo. Insomma, una articolata interlocuzione e un mirato lavoro nel quotidiano sono la strada per far riconoscere la ric­chezza della biblioteca nel rendere fertili le comunità locali. Proviamo a restituire – con l’umiltà di chi non vive tutti i giorni il lavoro in biblioteca, ma anche con lo slancio derivante dall’aver raccolto le voci e le idee di molti – qualche punto di riferimento rispetto all’ipotesi maturata dal dialo­go tra varie esperienze. Condividiamo un’ipotesi di “biblio­teca sociale”, un luogo di facile accesso, aperto a molte­plici declinazioni dell’offerta culturale, attento alle richieste e alle risorse portate dai singoli e dai gruppi; una biblioteca impegnata nel fare rete con gli altri attori socio-culturali, protesa verso una reale partecipazione dei cittadini.

Non è certo un’eresia affermare che è anacronistico un modello di biblioteca imperniato sulla sola conser­vazione del patrimonio librario, così come va ribadito che la tutela del patrimonio culturale comporta anche la sua diffusione. La biblioteca è un organismo vivente e complesso e vive perciò evoluzioni e adattamenti: non è un tempio inaccessibile e immobile, bensì una realtà attraversata da un tempo di cambiamento, che apre a opportunità preziose, da sperimentare ed esplorare.

Uno spazio aperto per cogliere il momento giusto

Cominciamo con una domanda: la biblioteca sta viven­do un momento buio, primo passo verso l’estinzione, oppure attraversa un momento magico?

Riteniamo comprensibile e costruttivo che intorno a un dubbio così dirimente la discussione sia accesa e le opinioni discordi, legate anche alle specifiche situazioni e ai diversi momenti. Eppure proprio la vivacità del di­battito sembra suggerire che il mondo delle biblioteche sia tutt’altro che agonizzante.

Probabilmente è urgente ridefinire il senso, la vision e la mission delle biblioteche di pubblica lettura, prima che vengano investite di etichette e funzioni improprie. L’es­senzialità della cultura, in tutte le sue articolazioni, non è certo venuta meno per il progresso tecnologico. Anzi, resta al cuore del lavoro di ogni biblioteca la promozio­ne della cultura, della lettura, del libro, in un momento storico in cui c’è particolare bisogno di pensiero critico, di strumenti di conoscenza e discernimento.

Allo stesso tempo, la biblioteca rappresenta un conte­sto non connotato né connotante e ha, in questo sen­so, un valore unico che va mostrato, rivendicato, difeso. Le risorse finanziarie spesso sono scarse, ma le risorse relazionali provenienti dalla società sono moltissime ed esaltano la capacità maieutica della biblioteca nel far­le emergere ed esprimere. Questa attitudine si affianca alla possibilità di stringere il legame con il territorio, di intercettare i movimenti della società, di leggere le richieste di gruppi e singoli, di guardare con attenzione a difficoltà ed evoluzioni.

La biblioteca è, infatti, il luogo più adatto in cui portare domande e attivare la ricerca di informazioni per costru­ire risposte adeguate, sensate, utili, concrete. Ciò è collegato al fatto che entrare in biblioteca è un gesto ca­ratterizzato da un certa semplicità. Non ci sono grandi barriere che si frappongono fra l’istituzione bibliotecaria e il cittadino che può varcarne la soglia con tranquillità, leggerezza, senza prenotazioni o liste di attesa, per il tempo che desidera.

È pur vero che in certe situazioni perdura l’immagine di un’istituzione “riservata” al sapere e a chi già possiede strumenti culturali consistenti; inoltre varie modalità di comportamento richieste al suo interno tendono, in fa­vore del silenzio e delle routine consolidate, a escludere parte della popolazione e dei suoi bisogni.

Tuttavia, l’inerzia di alcuni contesti non frena un cambia­mento ormai abbastanza diffuso: gli spazi bibliotecari di­vengono spesso luoghi dove trascorrere il proprio tempo libero al di là della consultazione dei testi: un ambiente per fermarsi, riposarsi, scaldarsi, ritrovarsi con altri, in cui sono presenti postazioni video, divani, poltrone, punti di ristoro, computer per accedere a Internet, operatori che sanno essere facilitatori anziché controllori.

Tra le tante proposte offerte ai cittadini, quelle della bi­blioteca permettono di eludere una serie di resistenze e timori legati all’accesso ad altri servizi (consultori, centri famiglia, uffici di riferimento per esigenze sociali o sani­tarie), in quanto la biblioteca non è contraddistinta da rappresentazioni negative e stigmatizzanti. Entrando in biblioteca non ci si percepisce come fragili e deboli, bensì si sente di essere inclusi e rafforzati in qualità di cittadini. La biblioteca mantiene un’immagine neutrale, più spostata verso significati legati al piacere, al pren­dersi una pausa, all’andare alla ricerca gratuita di informazioni utili. Grazie a questa caratteristica diventa un eccezionale collettore di primi contatti e di successivi legami di fiducia con le persone di ogni fascia sociale. Per poter essere in grado di intercettare il più ampio ven­taglio di popolazione, la biblioteca deve continuare a do­tarsi di strutture e progetti che facilitino ulteriormente ac­cessi e passaggi. Pensiamo, per esempio, alle persone di origine straniera che hanno difficoltà linguistiche o non hanno abitudine all’uso di molti servizi; per loro sono un aiuto l’uso di postazioni Internet ad accesso gratuito, la consultazione di libri in lingua straniera o raccolti per temi di utilità quotidiana, l’aver a disposizione corsi di italiano oppure una ludoteca dove far giocare i bambini. Que­sto punto richiama un aspetto essenziale della riflessione sulla biblioteca sociale: servizi trasversali permettono in­contro e integrazione (anzi interazione) tra cittadini.

Non nascondiamo che risulta talvolta complesso man­tenere un’immagine dei servizi davvero per tutti e non solo per le fasce più deboli della popolazione. Quindi vanno al contempo curati laboratori, incontri con gli autori, iniziative informative di vario tipo ecc. Un’acco­glienza di questo tipo, rivolta a destinatari diversi tra loro (per reddito, provenienza, età, cultura di riferimento, necessità, desideri), comporta una certa imprevedibilità rispetto alle storie che si incontrano, alle varie modalità di fruizione dei servizi, alle forme di relazione messe in gioco; ma è proprio questo elemento a rendere la bi­blioteca un luogo di potenziale rigenerazione dei legami sociali, di ri-tessitura delle relazioni tra cittadini, di ricer­ca collettiva di significati.

Ci si ritrova così immersi in un continuum di azione e ricerca, di sperimentazione-valutazione-riprogettazione, di messe alla prova e di rinnovati apprendimenti. Talvolta ciò comporta un sovraccarico funzionale delle biblioteche, così come avviene per altri servizi: d’altra parte possiamo interpretarlo anche come un segno po­sitivo, di potenzialità di lavoro e intervento, di interesse da parte dei cittadini. Diventa, così, un’opportunità per crescere, a patto che non si snaturi la propria essenza.

Un crocevia di incontri nell’epoca della convivenza

Una biblioteca è attraversata, quindi, non solo da perso­ne differenti, ma da veri e propri mondi plurali, variegati, cangianti. Si assiste a una mescolanza che crea – at­traverso l’incontro, il riconoscimento reciproco e la re­lazione – contaminazione e coesione. Se il primo passo per i cittadini consiste nel non sentirsi soli (aumentano le testimonianze di bibliotecari spiazzati da utenti che am­mettono di recarsi in biblioteca per contrastare la solitu­dine), il secondo porta a percepire un’appartenenza non vincolante a una comunità ampia. Solo dal confronto fra pari, infatti, è possibile collaborare fattivamente, svilup­pare idee e azioni utili per la collettività, dare vita perfino ad associazioni temporanee di socialità e di impresa.

Al centro non c’è l’erogazione di un servizio ma la co­struzione e la cura delle relazioni con le persone che entrano in biblioteca. È proprio questo un bisogno im­pellente dei cittadini oggi: avere degli spazi di socialità libera e al contempo protetti, mediati, resi appetibili da un contenitore e un contesto rassicuranti.

Oggi dove si possono incontrare le persone? Oggi che le piazze in alcuni contesti hanno perso la loro funzione aggregatrice, oggi che l’esterno è vissuto spesso con paura e diffidenza? La biblioteca, luogo di raccolta di tutta la cittadinanza di un territorio, è in grado di assu­mere questa nuova funzione di piazza (del sapere), di occasione di confronto e dialogo con gli altri. La natura della biblioteca rende ricco l’incontro, caricandolo di si­gnificati e possibilità impensabili per un bar, un mercato o un centro commerciale. In biblioteca le persone pos­sono non solo salutarsi e scambiare qualche opinione, ma anche avere uno spazio per conoscersi e ricono­scersi, costruire legami di fiducia che poi possono river­berarsi anche all’esterno.

Si scopre, inoltre, di non essere soli nei propri bisogni e de­sideri e, al contempo, si intravedono soluzioni derivanti dallo scambiarsi competenze e capacità o dall’unire le forze. Si passa così facilmente dalla propria ansia individuale all’in­teresse anche per i problemi altrui, fino a mettere a fuoco preoccupazioni collettive e dedicarsi al bene comune.

Sovente le prime intraprese sociali sono tanto semplici quanto preziose: il passaggio informale di idee e consigli, un gruppo di lettura, la costituzione di un’associazione che re­cupera giocattoli usati per bambini o materiale per la scuola... Questi processi non sono casuali, ma facilitati dal contesto che si costruisce. Tale obiettivo comporta la necessità di nuove funzioni all’interno dello spazio bibliotecario: dagli operatori emerge spesso l’esigenza di formarsi ancora di più rispetto all’accoglienza delle persone, alla gestione dei conflitti, alla conduzione dei gruppi, alla capacità di pro­gettare continuamente con (e non solo per) le persone.

Si tratta, certo, di competenze da maturare nel tempo e che si confrontano con una realtà ogni giorno più com­plessa. Puntare sulla relazione significa anche spogliarsi dei propri ruoli istituzionali, sapersi calare in una posizio­ne meno rassicurante, dove regna l’imprevisto, ma da cui può nascere sempre qualcosa di nuovo, domande e pro­spettive inedite, processi di consapevolezza e fiducia ecc. Inoltre, la biblioteca deve rivelarsi alternativa nell’inter- pretare gli spazi e i tempi, per consentire reti di relazioni informali e una sosta nello scorrere caotico di attività: costruire cioè un brodo primordiale per generare impre­se socio-politico-culturali collettive.

Un ambiente contraddistinto da bellezza e ritmi peculiari

La biblioteca è un terreno fertile per nuove forme di cit­tadinanza attiva, perché portatrice di un modo diverso di vivere il tempo con ritmi diversi da quelli frenetici a cui ci ha abituati il diffuso stile di vita nella nostra società.

Il passaggio in biblioteca può rappresentare per molti una pausa, un tempo di quiete dagli affanni: non nel senso di una fuga dal quotidiano, bensì come alternati­va nello stabilire valori e priorità. In biblioteca, per esem­pio, l’informazione non viene consumata o divorata, ma è interpretata, filtrata, confrontata, grazie a sguardi criti­ci. La molteplicità di voci diventa un arricchimento e non resta il marasma confuso in cui talvolta rischiamo tutti di sprofondare. I bibliotecari rivestono così anche un ruolo di “terapeuti dell’informazione”.

Il ritmo da ritrovare in biblioteca (sebbene per gli ope­ratori si imponga spesso un’antitetica e paradossale frenesia) è il tempo della proposta anziché dell’impo­sizione, dell’opportunità gratuita anziché del cammino segnato e oneroso, del riconoscimento dei confini entro cui muoversi e dei sogni che vale la pena costruire insie- me. In particolare – in un’ottica di socialità e di radicale alternativa ad altre spinte della contemporaneità – la bi­blioteca deve preservare un ritmo che non porti all’ato­mizzazione, ma consenta un cammino alla riscoperta di un fondo relazionale attraverso la sosta e lo stare.

In questo “stare”, vanno considerate con cura le molte implicazioni positive di un aspetto spesso trascurato: la bellezza. Le biblioteche, grazie al rimando alla cultura, alla sua valorizzazione, alla cura del dettaglio, sono per loro natura orientate verso la definizione di situazioni esteti­che gradevoli e accoglienti. Esse invitano così al pas­saggio anche solo per poter godere di luoghi che sanno distaccarsi dalla realtà esterna – spesso contraddistinta da disordine e caos –, non per condurre all’estraniazio­ne, ma per consentire uno sguardo più acuto e rilassato. In questo modo una poltrona collocata in un angolo, con la giusta luce della lampada e lo scaffale pieno di libri e riviste ai lati, diviene un luogo di grande bellezza, dove ritrovare se stessi, sperimentare un po’ di pace e di serenità, alleggerirsi dagli affanni e dalle frenesie della vita quotidiana, riconsiderare il proprio contesto, imma­ginare stili di vita sostenibili.

La cura per il silenzio, non una sua imposizione, con­tribuisce all’atmosfera di bellezza e spesso genera un automatico accordo del tono della voce, offre un’espe­rienza leggera e significativa. La bellezza diventa così un elemento di attrazione anche e soprattutto per chi questa bellezza non se la sente addosso: pensiamo, ad esempio, ai senza dimora che in biblioteca cercano non solo un posto riparato per trascorrere la giornata, ma anche un luogo sicuro e rasserenante, dove sentirsi accolti e poter godere di ordine e comodità; a vari livelli si tratta di un desiderio che proviamo tutti. Quante volte utilizziamo la biblioteca non tanto per la ricerca di un testo in particolare quanto per il bisogno di fermarci, di assaporare un momento di sosta e pensiero?

Uno snodo di reti per un tempo di cambiamenti

Come mettere, allora, sul tavolo le diverse esigenze portate dai cittadini, per elaborarle insieme e perseguire soluzioni comuni? Allestire un ambiente confortevole è importante, ma non sufficiente: bisogna anche ricerca­re innovazioni, equilibri, alleanze, per attrezzarsi di fronte alle fatiche del presente. Sarebbe fuorviante intendere la “biblioteca sociale” come un semplice punto di incontro tra altri servizi e sarebbe nocivo credere che la biblioteca possa dare direttamente risposte a qualsiasi domanda. L’aumento di richieste e incombenze può essere sì un’opportunità, ma – se non è gestito – diventa intossi­cazione, ingolfa i meccanismi che regolano la vita di un servizio: è bene che la biblioteca alleggerisca i cittadini da ansie e preoccupazioni, e decongestioni la complessità, ma non può incaricarsi delle domande destinate ad altre istituzioni, né adattarsi a qualunque funzione.

Perciò il cambiamento non solo è necessario al mante­nimento di una funzione utile e riconosciuta dalla collet­tività, ma si rivela lo strumento per ritrovare il cuore della propria mission: è irrinunciabile che la biblioteca risponda ai bisogni culturali dei cittadini e dia vigore alla propria di­mensione sociale, non a un’effimera e indistinta socialità. È il momento di uscire da recinti e barriere, ma anche di individuare con chiarezza i confini del proprio operare.

La neutralità della biblioteca corrisponde a una maggio­re facilità, oltre che nell’accoglienza dei cittadini, anche nella collaborazione con altri enti. La biblioteca non è certo chiamata a sostituirsi ai servizi con i quali colla­bora, ma può orientare alcune richieste e favorire un reciproco scambio di competenze, che conduce inevi­tabilmente a una valorizzazione del servizio biblioteca­rio da parte dell’intera comunità locale. Abbiamo tanti esempi al riguardo: i doposcuola per bambini e ragazzi, gli incontri protetti in biblioteca o in ludoteca, i corsi di italiano e informatica ecc.

Per le medesime caratteristiche che rendono fertile la collaborazione con i servizi, è possibile costruire ponti, connessioni e sostegni reciproci anche con enti del ter­zo settore come cooperative e associazioni per la ge­stione di alcuni progetti oppure per l’implementazione di attività di volontariato e promozione sociale.

La biblioteca si propone, allora, come uno snodo di reti del territorio, un interlocutore che può facilitare una serie di passaggi e azioni, specie nella fase iniziale del rapporto tra cittadino e istituzioni; diventa, così, un in­teressante mediatore tra amministrazioni e collettività, in un’epoca di sedimentata sfiducia nei confronti della politica e dello Stato. Queste connessioni vanno agite con la consapevolezza che non tutti possono fare tutto, ma che occorre costruire collaborazioni complementari e alimentare responsabilità a diversi livelli.

La possibilità di intrecciare molte componenti della so­cietà – e con esse costruire azioni di arricchimento e so­stegno reciproci – è accompagnata da altri cambiamenti, come l’introduzione o il rafforzamento della multiprofessionalità. Vari professionisti (di ambito culturale, educati­vo, sociale, sanitario ecc.) che lavorano fianco a fianco, che co-gestiscono progetti, che si interrogano insieme sulle necessità espresse dai territori, possono costruire soluzioni efficaci e scenari operativi impensati quando si lavora a compartimenti stagni: équipe di lavoro varie­gate comportano sì maggiore complessità di gestione, ma – attraverso visioni anche distanti che cercano di in­contrarsi – aumentano la capacità di rispondere in modo innovativo e attento a domande in costante evoluzione. Altro dato interessante è la presenza di molti cittadini (volontari, tirocinanti, consulenti...), con competenze diverse all’interno delle équipe di lavoro, con responsa­bilità differenti ma comunque considerati elementi im­portanti dell’opera quotidiana. Mettere a disposizione conoscenze, scambiarsi idee e prospettive, collaborare per il bene comune: queste sono attitudini che una bi­blioteca non può temere, ma che è chiamata a soste­nere con decisione.

Un luogo dove partecipare in un periodo di ricerca

Gli svariati bisogni di singoli e di gruppi che bussano alla porta della biblioteca rivelano da un lato la complessità del presente, dall’altro una diffusa ricerca di identità e di riconoscimento. L’appartenenza confusa a più mondi – o a nessun mondo definito – richiede discernimento e cura delle relazioni per non tramutarsi in perdita di sen­so. Lo stare insieme in biblioteca e l’incontrarsi offrono la possibilità di produrre una cultura che nasce dentro la relazionalità: ci si scopre portatori di conoscenze e idee, si trova negli altri una comunanza di pensieri e vissuti, si cercano insieme nuove opportunità e alternative alle fatiche dell’oggi.

Elemento cardine del mondo biblioteconomico è la rifles­sione sulle parole, sia nella comunicazione sia nei dibattiti interni al servizio: dare senso al linguaggio e all’espres­sione contribuisce alla produzione di significati e permet­te un ancoraggio prospettico nel guardare al mondo.

Le pratiche culturali diventano la scintilla di molte azioni e dall’esplosione culturale la ricerca può condurre, attra­verso percorsi di cittadinanza responsabile, a stili di vita alternativi e a una gestione partecipata del bene comune. Tutti questi movimenti devono partire da percorsi dal bas­so. Per questo le prime alleanze da coltivare sono quelle con i cittadini: non c’è “biblioteca sociale”, se i cittadini non partecipano alla programmazione e alla progetta­zione dei servizi. Si aprono in questo modo interessanti spazi di sperimentazione di nuove forme di convivenza responsabile, che la biblioteca non deve per forza gestire direttamente, ma alle quali non può nemmeno chiudere la porta. Un’attiva e radicata partecipazione dei cittadini non rappresenta solo un ideale a cui tendere, ma oggi è la realtà da costruire e consolidare prioritariamente.

La partecipazione dei cittadini in biblioteca – sia come volontari sia in altre forme – non può certo andare nella direzione di sostituire gradualmente il lavoro degli ope­ratori e neppure essere pensata come pratica per so­stenere qualche attività. Si tratta, invece, di un fare spa­zio all’altro, oltre il coinvolgimento in singole iniziative. Ci si deve reciprocamente implicare – tra bibliotecari e utenti, tra dirigenti e cittadini, tra professionisti e volon­tari ecc. – per co-progettare il presente e il futuro dello spazio bibliotecario, per sentire come proprio questo bene comune e prendersene cura insieme, per immaginare e realizzare ricadute positive per l’intera comunità. La funzione di orientamento culturale del bibliotecario si arricchisce, così, di una sfida impegnativa ma imprescin­dibile: accogliere, stimolare, facilitare la ricerca dei cittadini. Tra le conseguenze più dirette di questa prospettiva c’è la creazione di un senso di appartenenza: mettere qualcosa di personale in un servizio contribuisce a rico­noscerne l’importanza e sollecitarne la tutela; si matura quindi la percezione di far parte di un luogo del proprio territorio simbolicamente molto potente.

Ogni biblioteca, infatti, dovrebbe essere un tutt’uno con il contesto territoriale, dovrebbe permettere di imparare a conoscere e a vivere la comunità, nella misura in cui la biblioteca stessa è capace di accogliere tutti, intercetta­re e connettere informazioni e risorse.

Il legame territoriale è dato anche dalla tutela culturale che la biblioteca fa del territorio stesso, cioè della sua storia, del suo patrimonio architettonico, enogastrono- mico, dei suoi riti, delle sue feste.

La biblioteca è fatta di storia e di storie, è il condensa­to di anni di racconti, di eventi, di trasformazioni: è la memoria storica di una comunità grazie alle sue mille connessioni, al suo essere luogo per ogni momento della vita, per cui si può essere bambino, adolescente, giovane, adulto e anziano, attraversando i diversi servizi e sfaccettature di quella stessa biblioteca. Quanti luoghi oggi riescono a tenere insieme il passato e il presente, il legame con lo spazio fisico e la tecnologia, lo svago e la cultura? È proprio questa capacità eccezionale di essere ponte tra tutti questi mondi a rendere la bibliote­ca un luogo prezioso per sperimentare nuove pratiche di cittadinanza.

Ribaltare alcuni preconcetti per guardare oltre

Le precedenti riflessioni hanno provato a riassumere molti degli spunti sorti dal confronto tra quanti vivono lo spazio bibliotecario nel suo quotidiano e nel suo svi­luppo diacronico. In generale, emerge costantemente la necessità di aumentare i momenti di riflessione, ap­profondire questioni di metodo e alimentare il confronto con tutti i vari pezzi della società.

Come elementi chiave per proseguire il dibattito, ripren­diamo alcuni nodi che fino a qualche tempo fa rappre­sentavano timori e freni alle evoluzioni, mentre oggi ap­paiono quasi le basi su cui rilanciare nuove ipotesi.

Innanzitutto, si sta ormai radicando la convinzione che conservare l’esistente (la rigidità dei ruoli e delle funzio­ni, la staticità di alcuni rapporti, il “si è sempre fatto così” ecc.) significherebbe aggravare l’impasse che negli anni ha indebolito il ruolo delle biblioteche e il riconoscimen­to che ricevono. Solo attraverso il rimettersi in gioco si può mantenere la vocazione più genuina della bibliote- ca, volta alla tutela, alla promozione e alla produzione della cultura che, come abbiamo visto, è profondamen­te legata alla socialità e alla politica.

Un secondo aspetto su cui riflettere è legato alla col­laborazione e alla commistione con altri mondi. Se la biblioteca viene cercata come partner da altri servizi, la ragione non è un tentativo di scaricare sulle sue spalle più problemi di quanti ne affronta. Anzi, le nuove reti che si stanno costruendo vanno lette in un’ottica opposta: finalmente ci si è accorti del potenziale delle biblioteche, della loro vicinanza ai cittadini, del loro possibile ruolo di incubatore di idee oltre la crisi di pensiero. A par­tire da questa valorizzazione, si possono immaginare alleanze per scambiarsi saperi e sostenersi reciprocamente, preservando ciascun servizio la propria mission, ma integrandola con quelle altrui. In modo analogo, la presenza di volontari all’interno delle biblioteche va sì gestita con attenzione e serietà, ma non deve essere ri­dotta a una “concorrenza sleale” rispetto ai professioni­sti: anzi la condivisione di alcune competenze e di certe funzioni rende ancora più prezioso e necessario il ruolo di bibliotecari di professione.

In terzo luogo, va considerato che – proprio riguardo alla professionalità del bibliotecario – un cambiamento nell’interpretare ruolo e funzioni (con implicazioni sulla formazione continua degli operatori) può rivelarsi un arricchimento di strumenti per affrontare i vincoli del­la realtà e gli imprevisti del lavoro quotidiano. Quando non ci si limita ad archiviare e catalogare, ma si ha a che fare con innumerevoli persone, è opportuno vede­re rafforzate le proprie competenze anche in tal senso. Il bibliotecario – l’abbiamo già sottolineato – non deve tramutarsi in assistente sociale, bensì mantenere le pe­culiarità della propria identità professionale, sostenen­dola con la capacità di connettere serenamente occa­sioni culturali e persone.

In conclusione, il principale timore che va ribaltato è che il mondo delle biblioteche sia destinato a una ra­pida estinzione. Molte biblioteche di pubblica lettura, oggi, presentano caratteristiche tali da farne un baluar­do nella tutela della cultura: una cultura strettamente legata alla socialità, in grado di sperimentarsi nei ter­ritori per costruire inedite forme di riconoscimento e scambio, ermeneutica e creazione di pensiero, fruizio­ne della lettura ed estrazione di nuovi significati, met­tendo in dialogo letteratura ed esperienza; una cultura strettamente legata al fare politica nel senso più alto del termine, nel farsi garanti e tutori della sfera pubbli­ca, del benessere della città, dei beni comuni.

Si apre, dunque, per il mondo bibliotecario la possibi­lità di produrre nuovi significati del vivere e di essere l’incubatore di processi culturali interessanti in quanto vicini alla vita quotidiana delle persone e ai bisogni più forti del nostro tempo. È nel cuore delle biblioteche la possibilità di accogliere e cavalcare questa eccezionale, per quanto scomoda e difficile, opportunità.

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Roberto Ventura, La biblioteca rende, Milano, Editrice Bibliografica, 2010.