N.1 2017 - Il contesto dei servizi di reference

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La biblioteca è reference. Definizione, modelli, prospettive del servizio di reference

Carlo Bianchini

Dipartimento di Musicologia e beni culturali, Università degli studi di Pavia; carlo.bianchini@unipv.it

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 26 aprile 2017.

Abstract

Il contributo si propone di offrire un inquadramento teorico e pratico del servizio di reference, di descrivere le forme in cui il servizio di reference si attua, di analizzare il processo che caratterizza l’attività di reference, di esaminare le componenti fondamentali del servizio e di presentare infine le idee di Ranganathan e di altri autori che si sono occupati di questo tema. A questo scopo, l’articolo procede sviluppando alcuni punti fondamentali di analisi del servizio: la definizione e l’ambito del termine inglese “reference”, le origini e le ragioni del servizio di reference, il processo di reference, i tipi di lettori e tipi di reference che si possono incontrare nel lavoro quotidiano e, infine, la figura del bibliotecario di reference. L’approccio scelto è quello di dare spazio alla voce dei molti studiosi che se ne sono occupati, con particolare riguardo al pensiero di Ranganathan. A questo scopo, oltre a numerose citazioni nel testo dell’articolo, è stata aggiunta un’appendice di brani scelti per il loro particolare valore esemplificativo.

English abstract

The paper aims to offer a theoretical and practical frame for reference service, to describe the different ways in which reference service take form, to analyze the steps in reference process, to examine fundamental components of the service, and to present ideas about reference service expressed by Ranganathan and other scholars that dealt with this topic. The paper proceeds developing some essential steps of analysis of the service: definition and scope of the English term “reference”, origins and reasons of reference service, reference work, kinds of reader and of reference, and the reference librarian. The adopted approach is to give voice to many scholars that dealt with reference service, with a particular regard to Ranganathan’s ideas. For this reason, besides many quotations inserted in the text of the paper, a special Appendix containing readings selected for their relevant exemplificative value is added.

Si crede in generale che nulla sia ignoto o possa rimanere sco­nosciuto a chi è dotato di grande cultura. Niente di più erroneo. Altro è studiare, altro è saper cercare. La cultura non ha spesso niente a che fare con quel fiuto bibliografico che è dote naturale e che si acquista e si perfeziona solo in biblioteca.

Vittorio Camerani

Introduzione

Il filo conduttore di questo testo è l’analisi dei diversi aspetti del servizio di reference soprattutto attraverso il punto di vista – e le parole – degli autori che se ne sono occupati, con una particolare attenzione verso Shiyali R. Ranganathan. I nodi lungo i quali si sviluppa il discorso sono la definizione del significato italiano del termine “reference” – entrato nell’uso italiano da non moltissimo tempo e con un significato ancora in­certo – l’ambito di applicazione del termine all’interno delle attività che si svolgono in biblioteca, le origini e le ragioni prime del servizio, il processo di interazione lettore-bibliotecario, le diverse modalità di fruizione- erogazione del servizio e infine la figura – centrale e determinante – del bibliotecario addetto al reference.

L’approccio è basato sulla letteratura professionale, presentata necessariamente in modo molto selettivo e scelta sulla base dell’utilità degli spunti offerti sui singoli aspetti trattati. Il percorso tra i diversi autori è pensato soprattutto nei termini di un invito alla lettura, un rinvio all’approfondimento di testi che, se possono sembrare datati per certi aspetti (soprattutto legati alla tecnologia), risultano nella maggior parte dei casi illuminanti e molto suggestivi. Alcuni testi, scelti per la loro chiarezza e il carattere esemplare per la comprensione di aspetti centrali del servizio di reference, sarebbero risultati eccessivamente lunghi se inseriti nel testo; per questo motivo sono stati raccolti in un’appendice di letture in fondo al contributo, che rappresenta un ul­teriore strumento di stimolo verso la riscoperta degli autori “classici” che hanno trattato il tema.

Il problema terminologico

Uno dei principali problemi legati al tema oggetto di questo contributo è il significato che il termine referen­ce deve assumere nel contesto italiano. Come scrive Carla Leonardi

per inquadrare l’intera problematica del reference, sono necessari alcuni semplificati, ma chiari ed es­senziali, punti di riferimento [… a causa dell’] artico­lata gamma di definizioni che si possono incontrare in letteratura.

Anche Aurelio Aghemo sottolinea la difficoltà di compren­dere esattamente il significato del termine e sottolinea 

che il problema della definizione del servizio non sia ancora giunto a compimento è dimostrato dalle dif­ferenti sfumature presenti in alcuni scritti […] in Italia […] si va da espressioni come “consulenza in biblio­teca” a “servizio di informazione bibliografica”, a “ser­vizio d’informazione ai lettori”, alla riqualificazione del “servizio di consultazione”, all’ipotesi di adottare la locuzione “servizio di reference”, alla forma binomica “servizio di informazione-consultazione”.

È però necessario partire da una definizione condivi­sibile, che si può cercare di ottenere seguendo diversi metodi. Tra i tanti possibili, qui si è scelto di seguirne alcuni che sono sembrati più suggestivi: in particolare, si sono intervistati alcuni bibliotecari italiani in servizio sul significato che associano al termine “reference”, si sono confrontate le definizioni proposte nella lettera­tura professionale straniera e italiana e si sono analiz­zate le origini e le ragioni prime del servizio di referen­ce. Questi tre differenti approcci hanno consentito di raccogliere un quadro concettuale di base intorno al reference e di confrontarlo infine con una definizione di reference che ha il pregio di riassumerlo in modo efficace e soddisfacente.

Nell’ambito di un corso di formazione per i bibliotecari in servizio presso l’Università di Torino, svoltosi nell’ot­tobre del 2016, sono state rivolte a un centinaio di partecipanti due domande che avevano l’obiettivo di chiarire la loro idea di reference: la prima domanda era “Quale delle seguenti opzioni corrisponde alla tua idea di servizio di reference?”; la seconda domanda era “Quale delle seguenti opzioni corrisponde alla tua idea di lavoro di reference?”.

Nel primo caso (Fig. 1), il 29,6% degli intervistati ha risposto che servizio di reference significa “servizio di informazione e consultazione” e altrettanti intervistati (29,6%) hanno risposto che il reference è un “servizio di informazione bibliografica”, sottolineando una visio­ne più limitata delle informazioni che il servizio deve fornire (forse perché il sondaggio è stato svolto in un contesto accademico). Il 13% intende il reference più in generale come “servizio di informazione ai lettori” o come “consulenza in biblioteca” (11,1%); il 16,7% ha risposto “altro”.

Figura 1 Risposte dei bibliotecari intervistati sul significato di “servizio di reference”.

Alla seconda domanda (Fig. 2), il 46,3% degli intervi­stati ha risposto che il lavoro di reference è “fornire un servizio”, il 22,2% ha risposto che consiste nel “aiutare i lettori”, il 20,4% che consiste nel “trovare informazio­ni” e il 7,4% in “altro”.

Il sondaggio non ha il valore di un’indagine scientifica ma fornisce comunque un’indicazione abbastanza orientativa, perché mette in evidenza che i bibliotecari percepiscono da un lato che i contenuti del reference sono molto differenziati (o differenziabili), dall’altro che esso è fortemente connotato come “servizio”.

Figura 2 Risposte dei bibliotecari intervistati sul significato di “lavoro di reference”.

Alle origini del reference

La ricerca del significato del termine reference attraver­so l’analisi delle sue origini è un approccio sostenuto dalla quinta legge della biblioteconomia “la biblioteca è un organismo che cresce”: questa legge infatti consi­dera la biblioteca un organismo che cambia nel tempo e la mette in relazione con il suo contesto storico.

Nella seconda metà del XIX secolo, in ambito anglo­americano, si notano alcuni fenomeni sociali di dimen­sioni così rilevanti da interessare anche il ruolo del­le biblioteche e le aspettative a esse rivolte. Il rapido sviluppo della società industrializzata, l’inurbamento delle masse dalle campagne, i processi di alfabetiz­zazione e di istruzione popolare e l’incremento della quantità e della varietà delle risorse bibliografiche pro­dotte e disponibili hanno come risultato un consisten­te ampliamento del bacino di utenza reale e potenziale dei servizi offerti dalle biblioteche. Un cambiamento dell’utenza è già una trasformazione della biblioteca, a cui devono necessariamente reagire e adattarsi gli altri due componenti della biblioteca come triade: le raccolte e il servizio di mediazione (nel quale si de­vono includere tutte le risorse finanziarie, strumentali, tecniche e soprattutto umane che sono necessarie a realizzarlo).

Nel 1886, al convegno bibliotecario di Philadelphia che portò alla fondazione dell’American Library Asso­ciation (ALA), Samuel Green tiene una relazione intito­lata The desirableness of establishing personal inter­course and relations between librarians and readers in popular libraries, che viene poi pubblicata – con un titolo leggermente modificato – sul secondo fascicolo di quello che sarebbe diventato il «Library journal», di­retto da Melvil Dewey con la collaborazione di Charles A. Cutter e di R. R. Bowker.

Nella sua relazione Samuel Green formula la prima esplicita proposta di un «programma di assistenza personale ai lettori diverso dall’aiuto occasionale in sede» e scrive:

Quando gli studiosi e le persone di elevato status so­ciale entrano in una biblioteca, sono sicuri che saran­no ricevuti con cordialità tale da spingerli a esprimere i propri bisogni senza timidezza o difficoltà. Gli uomini socialmente più modesti, che percorrono le strade più umili dell’esistenza, e i ragazzi e le ragazze che studiano, hanno bisogno invece di essere incorag­giati prima di diventare capaci di esprimere libera­mente ciò che vogliono.

Per quanto possa sembrare strano oggi, la proposta di Green era molto avanzata e, come osserva Carla Leonardi – della quale seguiamo la dettagliata rico­struzione storica delle origini del reference –

sebbene molti bibliotecari dell’epoca sottolineassero il fascino esercitato dal lavoro di reference il punto di vista di Green fu osteggiato da quanti erano abituati a considerarsi passivi custodi di archivi [… di conse­guenza] il servizio di consulenza altrove continuava a essere considerato una questione di cortesia e di disponibilità personale non un dovere.

Il servizio di reference era una vera novità, comunque; l’anno successivo, a Londra, nel convegno in cui verrà fondata la Library Association, Green tiene un saluto che intitola molto significativamente Access to librarians.

Un certo numero di biblioteche inglesi offriva già un servizio di consulenza, ma anche

i bibliotecari inglesi si divisero fra i seguaci della fi­losofia centrata sull’utente e sul dovere di assisterlo personalmente, e i fautori di quella centrata sui libri e la loro custodia.

Il reference quindi inizia a svilupparsi anche nelle bi­blioteche inglesi tra il 1880 e il 1900, in modo tale da consentire di distinguere due diverse funzioni:

di guida nella scelta dei libri (negli uffici prestito) e di risposta alle domande di informazione (nelle sale di consultazione). Fino ai primi anni del xx secolo, la seconda funzione ebbe in generale una crescita più lenta, tranne che a Manchester.

Negli Stati Uniti l’applicazione del discorso di Gre­en alle biblioteche universitarie fu immediata ma non massiccia. Melvil Dewey è tra i primi a inaugurare un vero e proprio ufficio di reference con due bibliotecari addetti al reference (è Dewey che conia l’espressione reference librarian) alla biblioteca del Columbia Col­lege, nel 1886, ritenendolo un servizio fondamentale della biblioteca.

Il termine reference work compare per la prima vol­ta nel 1891 introdotto da William Child, successore di Dewey alla biblioteca del Columbia College. Da allora, lo sviluppo dei servizi d’informazione accelerò rapida­mente e già nel 1906 la Library of Congress risponde­va a diecimila richieste l’anno.

All’inizio del XX secolo fu il diffondersi di biblioteche speciali, di grandi biblioteche con dipartimenti per aree disciplinari, di piccole biblioteche con segmenti di comunità con bisogni informativi specifici da servire, che pose le premesse per un’elaborazione teorica del servizio di reference.

Il dibattito teorico angloamericano

Come nota W. C. Berwick Sayers nell’introduzione a Le cinque leggi della biblioteconomia di Ranganathan «la pratica della biblioteconomia ha di gran lunga pre­ceduto la formulazione di qualunque teoria»; ciò vale certamente anche nel caso del servizio di reference, che inizia a essere svolto nell’ultimo ventennio del XIX secolo, ma sul quale la riflessione teorica inizia soltan­to a partire dagli anni Trenta del XX secolo.

La riflessione si sviluppa a partire dal luogo in cui il ser­vizio è nato: un’ottima guida alla ricostruzione dell’e­voluzione del pensiero angloamericano sul reference è fornita da Whittaker.

Tra i primi autori che affrontano questo tema troviamo Wyer, per il quale il servizio di reference si svolge secondo tre livelli: conservatore, moderato e liberale; Wyer spiega:

Nel livello conservatore il bibliotecario indirizza l’u­tente alle fonti informative utili e lo istruisce sul loro uso, lasciando poi che sia l’utente a trovare l’infor­mazione desiderata. Il servizio moderato implica che il bibliotecario indirizzi l’utente a una fonte e/o la con­sulti con lui o per lui, a seconda delle circostanze. Il terzo livello richiede che il bibliotecario si assuma un impegno nei confronti della ricerca informativa dell’u­tente, anche utilizzando le risorse di altre biblioteche, se necessario.

Wyer insiste quindi su tre aspetti: l’indirizzo all’uso del­le fonti interne alla biblioteca; l’assistenza per le fonti esterne; l’aiuto, e quando necessario la sostituzione del bibliotecario al lettore, per le fonti sia interne che esterne.

Una dozzina di anni più tardi, nel 1942, Butler scrive che il lavoro di reference è

il processo con cui gli uomini civilizzati ottengono l’in­formazione specifica desiderata utilizzando i libri che sono stati organizzati in forma di biblioteca.

Nello stesso anno (1942), Margaret Hutchins aggiun­ge che

l’attività informativa può variare di biblioteca in bi­blioteca rispetto alla selezione dei materiali, ma […] le tecniche usate nel rispondere alle richieste sono fondamentalmente le stesse in tutti i tipi di biblioteca […] l’autrice studia per la prima volta la psicologia del richiedente e del bibliotecario, dedicando un intero capitolo all’intervista di reference.

e richiama così l’attenzione su due aspetti fondamen­tali del reference: da un lato è da intendersi come “processo tecnico”; dall’altro presenta tratti di “natura psicologica”.

Un ulteriore fondamentale passo in avanti nella rifles­sione teorica è compiuto da R. C. Benge nel 1963:

lo scopo di tutte le attività della biblioteca e la più alta forma di servizio è soddisfare i lettori come individui.

I “livelli” di servizio bibliotecario possono essere: for­nitura del minimo tradizionale; fornitura per i lettori come insieme; fornitura per i lettori come “individui”.

In Benge le parole chiave che permettono di inqua­drare il reference sono “servizio individuale” e “livelli differenziati”.

L’anno successivo (1964), Rothstein sostiene che il reference service è

la concreta assistenza che una biblioteca garantisce ai suoi utenti nel momento in cui riconosce program­maticamente che tale assistenza è dovuta e si impe­gna esplicitamente a offrirla, realizzando a tale scopo una specifica struttura organizzativa, non necessa­riamente coincidente con la sala di consultazione.

Nella visione di Rothstein il focus del servizio è iden­tificato nella “assistenza concreta” e nella “specifica struttura organizzativa” che deve essere prevista, su­perando così l’idea della sala di consultazione come unico luogo in cui il servizio viene erogato.

Il pensatore che sembra raggiungere l’apice della ri­flessione sul reference è Bernard Vavrek per il quale «reference è la biblioteca». Secondo Vavrek la fun­zione di istruzione deve essere realizzata consideran­do la biblioteca – nella sua totalità – come lo strumen­to di autoeducazione per l’utente:

Il processo di reference è infinitamente più complica­to di quello che siamo soliti credere. Non è un insie­me di libri. Non è semplicemente il bibliotecario. Non è l’utente, o l’edificio della biblioteca. È tutto questo insieme.

Il dibattito in Italia

Anche nel caso dell’Italia rimane valido il suggerimento della quinta legge della biblioteconomia di esaminare il contesto sociale e istituzionale delle biblioteche nel momento in cui si sviluppa il servizio di consultazione, perché consente di spiegare come questo concetto differisca dal reference appena descritto.

Mentre in America si svolge il dibattito che prende av­vio dall’intervento di Green, in Italia la storia delle bi­blioteche dall’Unità in poi

si svolge su due binari paralleli: da una parte la costruzione, attraverso il susseguirsi di regolamenti, di un sistema bibliotecario che però sostanzialmente com­prese solo le biblioteche direttamente amministrate dallo Stato e che fu caratterizzato da incongruenze, ambiguità e sovrapposizioni di funzioni; dall’altra lo sforzo volontaristico di diffondere biblioteche rivolte esclusivamente a fini educativi, in grado di offrire quel servizio di pubblica lettura che le antiche biblioteche degli stati preunitari non potevano assicurare. Uno sforzo comunque destinato al fallimento.

Come annota Gianna Del Bono, l’esito di questa man­canza di chiarezza e visione d’insieme fu un sistema bibliotecario nazionale privo di equilibrio, nel quale i compiti delle diverse biblioteche non sono sufficiente­mente espliciti e distinti e in cui la sala di consultazione diventa uno strumento per

realizzare un possibile compromesso fra un uso in­differenziato delle biblioteche italiane e la necessità di salvaguardare la fisionomia di biblioteca di conserva­zione e/o di ricerca di alcune di esse.

In una prospettiva teorica di questa natura si compren­de come, in un manuale professionale del 1941, Amalia Vago teorizzi i criteri informativi del servizio di sala di consultazione come una sala distinta e separata dalla sala di lettura e che ha il compito di riportare «a con­tatto del pubblico più specificamente studioso, se non tutti i libri della biblioteca, almeno le opere così dette di consultazione». L’approccio è quello di offrire servizi separati all’utenza, perché la sala di consultazione

finalmente risponde alle necessità di separare gli stu­diosi seri, che hanno bisogno di quiete e di raccogli­mento dalla massa dei lettori comuni, i quali involon­tariamente portano, anche solo con il loro numero e con il loro andirivieni, rumore e distrazione nella sala comune.

Anche se la maggior parte degli studiosi italiani condi­vide l’approccio elitario – e sostanzialmente discrimi­natorio – di Amalia Vago, sulla base di precise ragioni storiche, c’è anche chi offre una visione differente. Già nel 1938 Vittorio Camerani riportava con entusiasmo e dovizia di particolari l’esperienza della Deutsche Bücherei di Lipsia e del suo ufficio di consulenza bibliografica che definisce «la chiave di volta di tutta la biblioteca». In seguito, nel 1967, Francesco Barberi insiste sul carattere pubblico della biblioteca e sull’im­portanza del ruolo delle biblioteche, rispetto ad altri mezzi di comunicazione, nel rapporto tra informazione e democrazia. Nella visione di Barberi

le biblioteche hanno cessato di essere soltanto dei luoghi di studio riservati a pochi eletti; sempre più vanno diventando campi di nobile ricreazione intel­lettuale e centri d’informazione per tutti i cittadini che sappiano leggere, per occasionali disparati bisogni.

Anche Desiderio Chilovi entra nella riflessione sulla sala di consultazione, che vede come sala ben forni­ta, riservata e dedicata agli studiosi “seri” e considera il servizio di reference inteso solo come informazione bibliografica. È questo approccio che passa nel d.P.R. 1501/1967 dove si legge che le

sale di consultazione sono riservate a determina­te categorie di studiosi, secondo le condizioni e le norme di ciascuna biblioteca [… e] per accedere alle sale di consultazione è condizione indispensabile ot­tenere dalla direzione il rilascio di apposita tessera (art. 54)

e, per quanto riguarda il pubblico, per la richiesta di informazioni “bibliografiche” può rivolgersi a voce ai bi­bliotecari delle varie sale, perché un apposito ufficio – cioè una specifica struttura potenzialmente destinata al servizio di reference – si istituisce soltanto laddove «non ostino particolari difficoltà» (art. 67). Nel nuovo quadro normativo, il servizio riguarda quindi le grandi biblioteche e un pubblico selezionato.

Gli effetti di questa impostazione sono riassunti da Del Bono:

Veniva così accreditata sul piano professionale […] la necessità di selezionare l’utenza in base alla relativa preparazione culturale, rinunciando a […] soluzioni alternative [… come] una selezione spontanea, con­seguente alla presenza di una molteplicità di istituti con funzioni e compiti diversi, ma complementari. La funzione di una sala di consultazione così concepita [… nel] caso di molte biblioteche caratterizzate da un patrimonio storicamente stratificato [… diventa anche] luogo di lettura per il materiale antico, cristal­lizzando così una duplice funzione della biblioteca e introducendo, nel medesimo contesto, la divisione tra libro antico e libro moderno.

In sintesi, resta condivisibile il giudizio di Del Bono per cui

Troppo debole è lo spessore della discussione che si è sviluppata in Italia su queste problematiche, una discussione che fra l’altro è profondamente debitrice a diversi e più maturi contesti biblioteconomici. Molto probabilmente nella realtà bibliotecaria italiana non esiste ancora un approccio omogeneo al problema, né semplicemente a livello di definizione terminologi­ca né tanto meno a livello di contenuti del servizio.

Anche in un contributo più aggiornato, si legge so­stanzialmente la stessa posizione:

Nell’ultimo quarto del XX secolo, la riflessione ita­liana, pur mantenendo questa identità radicalmente diversa da quella angloamericana e concentrandosi ancora sull’informazione bibliografica e sulla biblio­grafia come attività primarie […], si è via via accostata sempre più alla teoria e alla prassi internazionali, fino a recepire un modello concettuale in cui la funzione di collezione e quella di assistenza agli utenti venissero riconosciute come due aspetti interconnessi e spe­cifici di un più generale servizio di informazione [… integrando] l’aspetto civico del servizio e […] il ruolo centrale dell’utente.

Nel tentare una sintesi della riflessione a livello naziona­le passata in rassegna, si può affermare che il servizio di reference in Italia è stato inteso soprattutto in due accezioni: come servizio di informazioni bibliografiche, oppure come servizio connesso alla sala di consulta­zione (e in entrambi i casi destinato a una categoria ristretta di utenti). Soltanto recentemente la funzione della collezione libraria nel suo complesso e il servizio di assistenza sono stati collegati tra loro, nel quadro di una visione civica del servizio che pone l’utente – ogni utente – al centro, seguendo le linee tracciate dai più importanti documenti pubblicati negli ultimi anni in ambito IFLA.

Più complesso è il discorso per le posizioni dei teorici anglosassoni, perché gli elementi che costituiscono l’idea di reference – evidenziati con le parole chiave – sono molti. Per fare emergere, anche in forma visiva, la prevalenza di alcuni concetti si può utilizzare una word cloud basata sulle numerose citazioni prese dai vari autori (Fig. 3).

Ne emerge una visione del reference come un aspetto centrale di un “processo” che coinvolge la “bibliote­ca”, l’“utente” e il “bibliotecario”.

Figura 3 Word cloud ottenuta con le definizioni di reference degli autori anglosassoni.

Una definizione di reference

Dai diversi approcci adottati, affiorano alcuni elementi chiave del reference ai quali dedicare particolare at­tenzione nella ricerca di una definizione soddisfacente di questo concetto. Di qualunque cosa si tratti, infatti, il reference fa parte del sistema costituito dalla “biblio­teca” (come sintesi di lettori, bibliotecari e raccolte) ed è un processo – complesso e a vari livelli – che mette in relazione utenti e risorse informative. La definizione che cerchiamo si può dunque considerare soddisfacente se include almeno tutti questi aspetti.

Sembra particolarmente adatta a questo scopo quella di S. R. Ranganathan. Nella visione di Ranganathan «lettori, libri e personale formano una triade in biblio­teca» e ciò significa precisamente che «una biblioteca inizia a esistere solo quando lettori, libri e personale funzionano insieme».

Ranganathan torna su questo punto in numerose ope­re, ma probabilmente la più significativa è Il servizio di reference, nella quale nota che l’essenza della biblio­teca consiste nella mediazione tra i bisogni informativi degli utenti e le informazioni cercate. Aggiunge tutta­via che i molti strumenti tecnici professionali creati dai bibliotecari, per quanto sofisticati, rimangono spesso inadeguati per realizzare tale mediazione; la nascita del servizio di reference è quindi una conseguenza della necessità di portare a compimento la terza fun­zione della biblioteca, ovvero trasformare le persone in “lettori”. Perciò, secondo Ranganathan, il servizio di reference è «il processo che stabilisce il contatto tra il lettore e i suoi documenti in modo personalizzato» (Lettura 1).

Nella definizione proposta, sono presenti il lettore, i documenti, un processo e la personalizzazione, che implica senza dubbio aspetti scientifici, professionali e tecnici, ma anche di natura psicologica e personale. Potrebbe sembrare assente la biblioteca, ma non è così; rovesciando il postulato di Vavrek, infatti, si può dire che tutta “la biblioteca è il reference”.

Natura e ragioni del servizio di reference

Se si accetta la definizione proposta da Ranganathan, il passo successivo è chiedersi quali possono essere le ragioni fondanti di un servizio caratterizzato da una forte personalizzazione.

Al principio di tutto deve essere collocato il bisogno in­formativo della persona: qualsiasi individuo e qualsiasi organizzazione infatti, ha bisogno di acquisire informa­zioni e conoscenze per realizzare i propri obiettivi, in ambito professionale e nella vita quotidiana.

Ranganathan riflette su un aspetto sostanziale che ri­guarda la natura del bisogno informativo di ciascuno di noi. Infatti

la mancanza di cibo è un bisogno fisico impellente. La mancanza di acqua provoca una sete inestingui­bile. Nessuno dei due bisogni verrà meno fino a che non si provvederà. Entrambi resisteranno nel tempo se non saranno soddisfatti.

Ma, per la maggior parte della gente, la fame o la sete di libri non sono bisogni impellenti. Entrambi sono fuggevoli per natura. Entrambi si estinguono se non vengono soddisfatti immediatamente appena prendono forma. Non dovrebbe esserci alcun intervallo di tempo tra lo stimolo e la risposta. […] Questo è il messaggio della Quarta legge.

Da questo punto di vista quindi diventa evidente che il fattore tempo è un elemento determinante nella rispo­sta ai bisogni informativi.

Un altro tassello rilevante da tenere presente in un ten­tativo di dare ragione del servizio di reference in biblio­teca è che, per il soddisfacimento dei nostri bisogni, esiste un’ampia varietà di possibili sistemi informativi a cui possiamo rivolgerci: un amico, un collega di lavo­ro, un esperto, la nostra raccolta personale di risorse informative e, anche, la biblioteca.

Rispetto al ruolo reale e potenziale della biblioteca nella società contemporanea, è necessario rendersi conto che la scelta del sistema informativo a cui una persona si rivolge si basa su numerosi fattori di tipo psicologico, culturale, economico e sociale. Per asse­gnare il giusto ruolo al servizio offerto dalla biblioteca è quindi cruciale rispondere alla domanda: “Come scel­gono le persone un determinato sistema informativo per soddisfare i propri bisogni?”.

Secondo alcuni studi recenti, “comodità” è la parola d’ordine che orienta tutte le fasi della ricerca di infor­mazioni – la selezione, l’accesso e l’uso delle risorse. La “comodità” è

un criterio situazionale nelle scelte e nel comporta­mento delle persone nel corso del processo di ri­cerca di informazioni. Il termine può comprendere la scelta di una fonte d’informazione, la soddisfazione che deriva dalla fonte e dalla sua facilità d’uso e il fattore tempo nella ricerca di informazioni.

Su questo piano, le biblioteche oggi perdono il con­fronto con le ricerche in rete, perché gli utenti le riten­gono scomode, difficili da usare e quindi le considera­no solo come “l’ultima spiaggia”.

Tra i fattori di natura psicologica va senza dubbio se­gnalata la legge di Mooers (Lettura 2), secondo la quale

un sistema di recupero delle informazioni tenderà a non essere usato tutte le volte che per l’utente è più faticoso e problematico ottenere informazione da esso piuttosto che rinunciarvi.

Si deve tenere conto quindi che i fattori psicologici che intervengono nella scelta del sistema informativo sono strettamente legati alla comodità nell’accesso e nel recupero e alla facilità d’uso delle informazioni da parte del lettore. Le raccolte delle biblioteche hanno tradizionalmente mirato a mettere a disposizione degli utenti le informazioni tenendo conto prima di tutto del­la loro quantità e della loro qualità e solo in misura mi­nore della comodità del servizio su cui il lettore poteva contare (probabilmente perché agivano in un regime di quasi monopolio).

È vero d’altra parte, come nota Ranganathan, che la biblioteconomia ha sviluppato nel tempo numerose tecniche per rendere comodo l’accesso degli uten­ti all’informazione che cercano: l’accesso libero agli scaffali, il prestito (per esempio oggi automatizzato e anche self-service), la disposizione classificata delle risorse sugli scaffali, le schede analitiche a catalogo, l’attività di promozione della biblioteca, le guide alla consultazione e all’uso delle risorse e, ultimo in ordine di tempo, il servizio di reference.

Il servizio di reference – in quanto personalizzato – è ciò che può fare la differenza per l’utente nel momento della scelta della biblioteca come sistema informativo di riferimento in caso di bisogno. La percezione della comodità nel soddisfare il proprio bisogno informativo tramite il bibliotecario del reference è davvero l’aspetto che maggiormente può garantire la fedeltà del letto­re nei confronti della biblioteca come servizio più di quanto oggi non facciano “quantità” e “qualità” delle informazioni messe a disposizione.

Sia ben chiaro: non perché quantità e qualità non siano importanti e le biblioteche debbano rinunciarvi; anzi, al contrario. Ma perché le persone – prendendo scorcia­toie poco lungimiranti – non ne percepiscono la mag­giore importanza rispetto alla comodità che cercano.

Sul piano della comodità ciò che oggi può fare la dif­ferenza è proprio il reference perché, mentre tutte le tecniche biblioteconomiche si basano su dispositivi meccanici, e perciò standard e poco flessibili (e con alternative extra-biblioteconomiche molto concorren­ziali), se si introduce un elemento umano i servizi della biblioteca possono essere percepiti come più comodi: la personalizzazione del servizio di reference consiste infatti nella presenza di una persona a disposizione di un’altra persona e questo è un valore aggiunto inso­stituibile (Lettura 3).

Il processo di reference

Nelle definizioni prese in esame, alcuni autori mettono in evidenza l’aspetto dinamico del servizio di referen­ce: esso è un processo di interazione profonda tra tutti gli elementi costitutivi della biblioteca e perciò dev’es­sere osservato e analizzato in modo dinamico. Secon­do le linee guida approvate dalla Reference and User Services Association (RUSA), il processo di reference è costituito dalle transazioni di reference (reference transactions), ovvero

le consulenze informative con cui vengono racco­mandate, interpretate, valutate e/o usate delle risor­se, miranti al soddisfacimento di specifiche necessità informative dell’utente. Le transazioni di reference non includono l’istruzione o le interazioni informali che forniscono assistenza rispetto agli ambienti (ubi­cazione), agli orari, alle attrezzature, alle forniture e ai regolamenti.

Secondo queste linee guida il lavoro di reference

comprende le transazioni e qualsiasi altra attività che comporti la creazione, la gestione e la valutazione di risorse, strumenti o servizi di informazione o per la ricerca [… In particolare] la creazione e gestione di risorse informative comprendono lo sviluppo e il mantenimento di raccolte di consultazione, guida alla ricerca, cataloghi, banche dati, siti web, motori di ricerca eccetera che gli utenti possono usare au­tonomamente, in sede o da remoto, per soddisfare i loro bisogni informativi. […] Le attività di valutazione comprendono la misurazione e la valutazione del la­voro, delle risorse e dei servizi di reference.

L’evento che determina l’avvio del processo di referen­ce è il quesito che esprime il bisogno. L’utente arriva in biblioteca con un’esplicita richiesta di aiuto al biblio­tecario. Secondo William Katz, i quesiti di reference si possono suddividere in due classi generali:

  1. item conosciuto. La richiesta è di solito diretta a uno specifico documento, libro, articolo, film o un’al­tra risorsa identificata in base a certe caratteristiche (autore, titolo, fonte ecc.);
  2. bisogno informativo senza la minima conoscenza di una fonte specifica.

Questa classificazione di Katz è molto conosciuta. Meno nota è la classificazione dei quesiti proposta da Ranganathan, che è tripartita. Secondo il padre della biblioteconomia indiana, un lettore si rivolge al catalo­go per uno di questi tre scopi:

  1. sapere se la biblioteca possiede uno specifico libro, del quale conosce il nome dell’autore o il nome di qualcuno dei suoi collaboratori, o la collana o il titolo del libro se, supponiamo, il titolo è simile a un nome proprio o è almeno stravagante;
  2. sapere quali libri la biblioteca possiede nello speci­fico soggetto della sua ricerca, che egli è in grado di definire in termini precisi;
  3. sapere quali libri la biblioteca possiede nell’ambi­to di suo interesse, che è in grado di indicare sol­tanto in modo vago nominando qualche soggetto di estensione più generica o più specifica rispetto a quella del soggetto di suo interesse.

La maggior parte dei quesiti di reference sono del se­condo e del terzo tipo, in particolare nelle biblioteche scolastiche e pubbliche, dove l’utente medio conosce poco, o per niente, la disponibilità di servizi di referen­ce. È questo tipo di quesito che innesca il colloquio di reference. La distinzione introdotta da Ranganathan è utile perché nel secondo tipo il bisogno dell’utente può essere soddisfatto effettuando nel sistema infor­mativo (catalogo, banca dati ecc.) un’interrogazione nel linguaggio di indicizzazione presente (che il biblio­tecario conosce bene, l’utente meno). Nel terzo tipo di quesito il colloquio di reference è molto più necessario e lungo, perché il bibliotecario deve usare le categorie di analisi dei concetti per giungere a una definizione quanto più “coestesa” e “specifica” della domanda – ancora inespressa – del lettore.

Un aspetto molto rilevante, nell’interazione lettore-bi­bliotecario, è che nel quesito

la richiesta dell’utente non è un ordine o un coman­do immodificabile; essa segnala piuttosto un dubbio, un’incertezza, qualcosa di abbastanza indeterminato da essere negoziabile e perciò soggetto a mutamenti.

Per comodità è opportuno riconoscere all’interno del processo di reference alcune fasi che caratterizzano la ricerca, da intendersi come indicazione di uno sche­ma generale e non in modo rigido, perché possono ricorrere più volte durante lo stesso processo e talvol­ta possono essere svolte anche inconsapevolmente:

  1. il quesito deve essere formulato nel modo più pre­ciso possibile;
  2. il quesito viene abbinato a una specifica fonte di re­ference;
  3. le strategie di ricerca vengono impiegate per restrin­gere o ampliare l’indagine.

Come osserva Katz, «il problema è che c’è tanto di tutto. I trucchi per una ricerca veloce ed efficiente va­riano da quesito a quesito e da situazione a situazione».

In ogni caso è possibile riconoscere due grandi tipi di strategie di ricerca. Prima di tutto, se è possibile, ci si rivolge direttamente alla fonte specifica (per esempio, numero di telefono in un elenco telefonico o significato di una parola nel dizionario). In secondo luogo, s’in­dividua una serie di passaggi che hanno lo scopo di rendere più chiara la relazione tra il quesito e la fonte più adatta per trovare la risposta.

I passi di base per trovare la risposta corretta al que­sito seguono strade ben conosciute; Katz ne prevede quattro, ma è molto opportuno aggiungerne un quinto suggerito da Ranganathan:

  1. comprensione del quesito;
  2. traduzione del quesito;
  3. individuazione dei termini corretti;
  4. scelta della corretta fonte di reference;
  5. registrazione sistematica delle soluzioni individuate.

Il punto di partenza del processo di interazione da par­te del bibliotecario non può che essere la compren­sione del quesito. Questo può essere una richiesta di un dato fattuale (per esempio, qual è la popolazione di Agrigento?), una domanda di ricerca (per esempio, quali sono gli argomenti pro o contro la libera circola­zione delle persone?) o una richiesta per un’indagine scientifica (per esempio, quali sono le migliori soluzioni per fare in modo che la provincia di Gorizia goda di una crescita economica nei prossimi cinquant’anni?). La comprensione piena del quesito avviene con l’at­tivazione della fase successiva: il “colloquio”. Il collo­quio (o intervista) di reference svolge un ruolo deter­minante nel processo di reference perché lo orienta in modo definitivo. Esso prende avvio nel momento in cui l’utente manifesta un bisogno informativo e si conclude con la risposta (positiva o negativa) da par­te del bibliotecario. Scopo del colloquio è permettere al bibliotecario di identificare e categorizzare con più precisione possibile l’oggetto della richiesta; l’aspetto più peculiare di questa interazione è messo bene in evidenza da Gianna Del Bono e Raffaella Vincenti con un paradosso, ripreso da Carolyn Mulac: «una persona (l’utente) cerca di dire a un’altra (il bibliotecario) ciò che non sa» (Lettura 4).

La comprensione e il colloquio portano alla formula­zione di un enunciato espresso in linguaggio naturale, che corrisponde all’individuazione del soggetto di in­teresse e di tutte le sue faccette.

Il bibliotecario dovrà prestare molta attenzione duran­te il colloquio all’individuazione dei concetti nel loro massimo grado di coestensione e di specificità: nella definizione dell’ambito geografico del soggetto di inte­resse, è necessario ottenere l’indicazione più specifi­ca, più precisa; per esempio, verificando se interessa il soggetto trattato in tutta Italia o in una sua parte soltanto, come la Lombardia, il Piemonte ecc.

Perciò nelle due fasi di comprensione e traduzione del quesito risulta fondamentale la capacità di analisi del bibliotecario. Secondo Ranganathan, il biblioteca­rio addetto al reference dovrebbe essere esperto di classificazione e di soggettazione, per aiutare il letto­re, tramite specifiche domande, a esprimere tutti gli aspetti (le sfaccettature) del soggetto che risponde al suo bisogno informativo. Per esempio, di fronte a una ricerca che può sembrare generica, come “avrei bisogno di un testo sulla storia degli ospedali”, il biblio­tecario dovrebbe fare emergere (e poi eventualmente tradurre) se c’è un aspetto specifico dell’attività degli ospedali che deve essere oggetto della storia (la diffusione, la fondazione, l’ente di appartenenza, le funzio­ni ecc.), se il soggetto è da prendere in considerazione in generale oppure in un luogo e in un tempo precisi (per esempio, nell’arco alpino durante il Medioevo), se il lettore ha bisogno di una particolare forma bibliogra­fica (enciclopedia, manuale, articolo di rivista, pagina web) o espressiva (testo, immagini, audio o videoregi­strazioni, ricostruzioni tridimensionali ecc.) (Lettura 5). La quarta fase, forse la più delicata, è la scelta della risorsa di reference da consultare. Una volta definito il quesito e individuati i concetti chiave, la professionalità del bibliotecario si manifesta nel sapere dove è meglio cercare quel particolare tipo di informazioni. Si aprono perciò tre opzioni: consultare il catalogo in linea della biblioteca e vedere se ci sono libri sul soggetto; con­sultare un indice di articoli di periodici che riguardano l’argomento; interrogare fonti specifiche disponibili in Internet, già note e raccolte dal bibliotecario (Fig. 4).

Figura 4 Esempio di sito web per ricerche con soggetto artistico

(Cfr. <http://www.arte.rai.it>).

Come si è visto, la comprensione e il colloquio por­tano alla formulazione di un enunciato, espresso in linguaggio naturale, che corrisponde all’individuazione del soggetto di interesse e di tutte le sue faccette. A questo punto il bisogno informativo deve essere me­diato in modo professionale dal bibliotecario, grazie alla sua conoscenza delle tecniche di indicizzazione e di recupero delle informazioni.

Una quinta fase del processo, non prevista da Katz ma suggerita da Ranganathan, consiste nella registra­zione sistematica delle soluzioni raggiunte quando si individua una risposta a un quesito di reference. È op­portuno annotare i tentativi esperiti e le soluzioni indi­viduate, alcuni dati descrittivi sintetici e altri dati sulla copertura geografica, cronologica, linguistica, cultura­le ecc. Per esempio, se un sito web risulta particolar­mente ben costruito, va inserito nei preferiti e va spe­cificato per quale tipo di risposta si è rivelato utile in particolare. Infatti, se una particolare fonte di reference è risultata utile, è molto probabile che lo risulti anche in futuro (Lettura 6).

In sintesi rispetto alle possibilità che il bibliotecario ha per trovare le risposte ci sono tre possibili strade:

  1. se si tratta di un titolo, autore o soggetto specifico, si consulta il catalogo alla ricerca di quella risorsa;
  2. se esiste una fonte specifica per un soggetto, una persona o qualsiasi altra cosa si va direttamente a quella fonte (per esempio a un dizionario per una definizione, un atlante per una carta, un repertorio biografico per informazioni sulla vita di una persona ecc.);
  3. in alternativa, ma è il caso più frequente, si deve tentare di associare al quesito una particolare forma di fonte di reference (per esempio, un’enciclopedia, un indice o un repertorio bibliografico) e decidere qual è il supporto (a stampa, online, CD-ROM ecc.) che garantisce l’approccio più efficiente.

Tutti i passi descritti fino a questo momento si potreb­bero riassumere nel problema di stabilire da dove ini­ziare la consultazione: sarà meglio il catalogo, un indi­ce, un dizionario o una fonte biografica? Quale indice o quale fonte bibliografica?

Il segreto di un reference efficiente è sapere esatta­mente dove andare. Focalizzare la fonte è tutto, per­ché altrimenti ci sono moltissime probabilità di perdere tempo, di vagare a vuoto in giro per il ciberspàzio e, soprattutto, di non raggiungere ciò che si vuole.

Analisi del reference

Dopo aver tracciato la genesi e il processo di referen­ce, per approfondire il discorso è opportuno secondo Ranganathan prendere in esame i vari dettagli del ser­vizio di reference, perché così l’analisi dei distinti livelli di erogazione del servizio è più semplice. Se quindi il servizio di reference consiste nel creare un rapporto tra il lettore e il libro mediante un servizio personaliz­zato, possiamo indagarne gli aspetti essenziali analiz­zandone in sequenza i due fattori fondamentali: i libri e i lettori.

L’analisi dettagliata delle molte tipologie, ambiti, sco­pi, organizzazioni e utilizzazioni dei libri di reference richiederebbe molto spazio per essere trattata in det­taglio, ma in fondo è disponibile in ogni buon manuale di reference. Va segnalata almeno la categoria dei libri che Ranganathan descrive come libri dalle qualità intangibili o di talento, intendendo quelli che sfuggono a qualsiasi descrizione e indicizzazione bibliografica (Lettura 7).

È più opportuno approfondire qui la distinzione appli­cata ai lettori, per i quali Ranganathan definisce quat­tro categorie (il principiante, il lettore generico, il ricer­catore ordinario o generale e lo specialista) e ottiene così quattro forme di servizio differenti:

  1. l’istruzione del principiante;
  2. l’aiuto generico al lettore generico;
  3. il servizio di reference immediato al ricercatore;
  4. il servizio di reference ad ampio raggio per lo spe­cialista e per il lettore generico.

Ciascuna forma richiede al bibliotecario competenze particolari: per esempio, l’istruzione e l’aiuto generico comporteranno una conoscenza pratica della psicolo­gia del lettore, il servizio di reference immediato richie­derà una buona conoscenza delle fonti di reference e il servizio di reference finalizzato a supportare gli studi scientifici richiederà una buona padronanza dell’uni­verso bibliografico e familiarità con i progressi più re­centi nei vari campi della conoscenza.

L’istruzione del principiante

Secondo Ranganathan, è particolarmente importante formare il principiante su alcuni contenuti di base; a questo scopo, la biblioteca deve organizzare incontri periodici per diventare familiare e accogliente nei con­fronti dei neofiti, che saranno così istruiti – con una gradualità ben calcolata – sull’organizzazione generale della biblioteca, sulle collezioni (principale, secondaria, terziaria, speciali, grandi formati ecc.), sulla disposizio­ne classificata e sullo schema di classificazione, sull’u­so del catalogo e, solo in ultimo – cioè quando già sono in grado di apprezzare le potenzialità del servizio gratuito che gli si sta offrendo – sul regolamento della biblioteca.

Il principiante ha assoluto bisogno di queste infor­mazioni di base prima di poter iniziare a usare cor­rettamente la biblioteca. Le ragioni per organizzare un’offerta formativa strutturata per i principianti sono molte: il principiante può essere confuso dalle dimen­sioni della biblioteca; può infine non percepire che l’accesso agli scaffali è libero o non essere in grado di cogliere l’organizzazione dei libri che deriva dall’applicazione di uno schema; le postazioni di accesso all’OPAC e l’esistenza di eventuali cataloghi pregressi gli devono essere presentati in modo organico (dato che sono strumenti che si trovano solo in biblioteca); può non essere a conoscenza della presenza di uffici specializzati in biblioteca (back e front office); può non sapere che il personale che si trova al bancone della circolazione si deve occupare rapidamente degli utenti che stanno già utilizzando i servizi e non può dedicar­si alla formazione per non compromettere la qualità del servizio; può non rendersi conto che i servizi offerti sono tutti gratuiti, compreso e soprattutto, il servizio di informazione e di assistenza, dato che sono molto pochi i luoghi in cui una persona può usufruire di un servizio altamente qualificato senza dover pagare un corrispettivo.

Tra i punti più complessi di questa formazione ci sono il catalogo e lo schema di classificazione. Il catalogo è complesso

è un intrico di convenzioni. È perfino sleale. Perché sembra essere in un linguaggio familiare, naturale. Ma, in realtà, la lingua del catalogo è artificiale. La slealtà è dovuta all’uso di parole ordinarie. Le parole non sono morfologicamente o radicalmente artificiali, ma la sintassi lo è. Anche la semantica è artificiale. L’uso dei segni di punteggiatura non è del tutto or­todosso. Gli elementi del nome di una persona sono invertiti. Tutto ciò disorienta il principiante.

In modo analogo, anche lo schema di classificazione deve essere presentato adeguatamente: nessun biblio­tecario deve supporre che lo schema di classificazio­ne adottato in biblioteca sia uno schema “naturale” né eventualmente pensare di darlo per scontato soltanto perché è molto diffuso anche altrove. Ranganathan – tra i più grandi studiosi di classificazione di tutti i tempi – mette in guardia il bibliotecario su questo punto:

Non esiste un sistema unico di classificazione na­turale nemmeno per l’universo della conoscenza in astratto. Quando si passa alla classificazione del­la conoscenza registrata o dei libri, nascono molte complicazioni. Ci sono poche probabilità che un principiante, per quanto dotato, capisca lo schema di classificazione spontaneamente – cioè senza istru­zione. La maggior parte dei lettori inoltre ha un altro problema. In parte è dovuto alla diffusione dell’ordinamento alfabetico in molti aspetti della vita […]. Di conseguenza, la maggior parte dei lettori si aspetta un ordinamento alfabetico dei libri sugli scaffali.

L’istruzione è il primo contatto del neofita con la bi­blioteca come istituzione e con il bibliotecario come persona che la rappresenta: il primo requisito di que­sto incontro è la cordialità e la modalità migliore è pro­babilmente una passeggiata nei locali della biblioteca, con una sosta tra gli scaffali delle varie collezioni e una spiegazione semplice di ciò che si presenta davanti agli occhi (Lettura 8).

L’aiuto generico al lettore generico

Il secondo tipo di servizio analizzato da Ranganathan è l’aiuto generico al lettore generico: in realtà non esiste un “lettore generico” e non esiste un “aiuto generico” e Ranganathan crea questa categoria per classificare tutte le esperienze e i casi che non rientrano nelle al­tre categorie. Questo argomento è quindi trattato per casi, tra i quali va segnalato quello dei lettori difficili. Un lettore difficile è quello che ci mette a dura prova, ma è anche quello per cui è stato predisposto tutto il lavoro svolto dalla biblioteca fino a quel momento; non si deve mai dimenticarlo (Lettura 9). Ranganathan ne è consapevole e cerca di dare risposta alla domanda: come si affronta un lettore difficile? Non c’è soluzione teorica né tecnica a questa domanda: si può rispon­dere solo con un’altra domanda, molto umana:

è mai possibile che quelle abominevoli persone irri­tanti che il personale rifugge come la peste siano in fondo persone normali se trattate nella giusta manie­ra (qualunque essa sia)?

D’altra parte non esistono solo lettori difficili; esistono anche i bibliotecari difficili e questa situazione è molto più problematica da gestire per la biblioteca. Ranga­nathan ne parla apertamente:

Esistono senza dubbio lettori insulsi, ignoranti, bi­ghelloni e perditempo. Nella sala a scaffale aperto si ammassano lettori irragionevoli, irritanti, presuntuosi e maleducati. Talvolta anche noi bibliotecari addetti al reference abbiamo gli stessi difetti. I lettori ne avreb­bero di storie da raccontare sui loro problemi con i bibliotecari addetti al reference.

Ammettiamolo: anche noi siamo difficili. In una guerra di lamentele si potrebbero scambiare colpi di notevo­le portata, e forse un giorno varrebbe la pena mettere in scena una piece del genere.

Con molta eleganza, Ranganathan solleva un nodo cruciale del servizio bibliotecario, che si può riassu­mere con questa domanda, quanto mai attuale: come si affronta un bibliotecario difficile?

La risposta a questa domanda non può prescindere dalle considerazioni fatte in precedenza sulla scelta del sistema informativo da parte della persona che ha un bisogno da soddisfare: da questo punto di vista, la “scomoda” esistenza della categoria dei bibliotecari difficili è probabilmente la minaccia più grave al futuro della biblioteca come istituzione.

Il reference immediato

Nello schema di Ranganathan, il reference immediato è caratterizzato da tre fattori: il tempo, la risorsa utiliz­zata e la biblioteca in cui si svolge.

Per quanto riguarda il fattore tempo, Ranganathan os­serva:

Il servizio di reference immediato è quello che si con­clude in un lasso di tempo molto breve – se possibile in un istante. In altre parole, la vera essenza del servi­zio di reference immediato è il tempo: il settore della biblioteca dove si svolge di solito si chiama bancone delle informazioni. Il termine mette in risalto un parti­colare aspetto, cioè che il personale si trova faccia a faccia con il richiedente e che gli fornisce una rispo­sta immediata.

Il secondo aspetto che consente di definire immediato il reference è la risorsa, cioè lo strumento bibliografico che il bibliotecario utilizza per rispondere alle richieste degli utenti:

La risorsa a stampa di norma utilizzata nel servizio di reference immediato è un qualche tipo di libro di reference, che non è pensato per essere letto inte­gralmente come un libro normale. […] La dotazione di libri di reference in una biblioteca è spesso integra­ta da un archivio di schede di rapida consultazione. Tuttavia la fonte principale per il servizio di reference immediato è costituita dai libri di reference.

Il terzo fattore che incide sullo svolgimento di un servizio di reference immediato è la biblioteca, che rap­presenta il contesto che consente di mettere in rela­zione il servizio erogato con una particolare utenza. Le tre categorie di biblioteca prese in esame sono le biblioteche di impresa, le biblioteche accademiche e le biblioteche pubbliche. Ranganathan utilizza le prime due per mettere in contrasto le diverse utenze e le ri­spettive esigenze:

La funzione principale delle biblioteche d’impresa è fornire informazioni in anticipo o a richiesta. […] l’u­tenza di una biblioteca d’azienda è fatta di perso­ne piene di impegni, che non possono permettersi il lusso di cercare le informazioni da sole (e d’altra parte sarebbe antieconomico lasciare che accada). […] La biblioteca di un’impresa nasce essenzialmen­te in risposta alla necessità di suddivisione del lavoro. Alla biblioteca è assegnato il compito di individuare i dati o di fornire le informazioni: per questo motivo, il servizio di reference immediato in una biblioteca d’impresa consiste nel fornire proprio l’informazio­ne cercata dal richiedente. […] All’estremo opposto si trova la categoria delle biblioteche accademiche, costituita da biblioteche scolastiche, di college e uni­versitarie. Qui ci occupiamo della maggioranza della loro utenza, ovvero degli studenti. Una funzione fon­damentale di queste biblioteche è educare gli stu­denti all’uso dei materiali per il reference immediato. Le biblioteche fungono da laboratori per imparare, su base pratica […] Perciò la funzione fondamentale […] è stimolare l’iniziativa personale. Il bibliotecario […] non dovrebbe trovare le informazioni al posto dei richiedenti, perché significherebbe ostacolare il vero scopo di queste biblioteche.

Queste considerazioni pongono la base per affermare l’opportunità che le biblioteche accademiche concen­trino adeguate risorse sulle attività di information lite­racy, magari organizzate su più livelli, oltre che nella strutturazione di un servizio di reference che va ovvia­mente garantito.

Più complesso è il discorso sulla natura dell’utenza delle biblioteche pubbliche, che è generale e varia:

Dal punto di vista del contenuto del servizio di refe­rence, una biblioteca pubblica possiede caratteristi­che sia della biblioteca d’impresa che della biblioteca accademica. La sua utenza è costituita da tutto il pubblico; perciò è mista per natura. Al bancone delle informazioni della biblioteca pubblica si avvicendano uomini d’affari di lunga esperienza e studenti inesper­ti. Quindi il servizio di reference immediato di una bi­blioteca pubblica non può essere di tipo omogeneo. Per alcuni richiedenti si dovrà trovare concretamente l’informazione, per altri [...] stabilire un rapporto con il tipo giusto di libri di reference.

Il servizio di reference immediato richiede infine anche un’organizzazione specifica; infatti:

in qualsiasi società le richieste di reference immediato rivolte alla biblioteca dai suoi lettori sono per lo più di natura ripetitiva. Esistono tipologie di domande che si ripresentano piuttosto spesso: in certi momenti alcune informazioni diventano di attualità [(Lettura 10)].

Supponiamo che il personale del reference immediato non esista: in questo caso ciascun richiedente deve trovare da sé gli stessi dati, compiere tutto lo sforzo necessario e impiegarci tutto il tempo occorrente. Se sommiamo tutte le ore/uomo impiegate dalla società nel corso di ciascun periodo di tempo, lo spreco di ore/uomo utilizzate si rivelerà davvero notevole.

La quarta legge della biblioteconomia invita a tenere sempre conto del tempo in modo oggettivo e sogget­tivo; non ci sono solo le ore/uomo impiegate nell’at­tività di individuazione e recupero delle informazioni, ma anche il “tempo percepito” necessario per questa attività. Gli utenti che hanno un basso livello di infor­mation literacy traggono dalla fornitura delle informa­zioni da parte del bibliotecario un beneficio diretto nel risparmio di tempo e un beneficio indiretto forse su­periore nella percezione della comodità di non dovere affrontare da soli l’individuazione e l’uso di una fonte di reference.

Il servizio ad ampio raggio

L’ultimo tipo di servizio analizzato da Ranganathan è il reference ad ampio raggio; questa tipologia non è com­pletamente assente in nessun tipo di biblioteca, ma

è una caratteristica specifica delle biblioteche di ri­cerca (di società erudite, università e d’impresa). Il confine tra il servizio di reference immediato e il ser­vizio di reference ad ampio raggio può essere incer­to e sfuggente. I due tipi di servizio di reference si differenziano per il tempo impiegato, per il materiale impiegato e per la natura dell’informazione cercata.

Il limite del tempo che induce a distinguere tra le due categorie è di circa mezz’ora. Secondo lo stesso bi­bliotecario indiano è un limite indicativo e molto sfu­mato; con tutta probabilità dipende anche dalla dispo­nibilità dell’utente che pone la domanda.

Il tipo di risorsa impiegata e la natura dell’informazione cercata portano a una classificazione quasi tautologi­ca; se esistono libri di reference (per esempio dizio­nari, elenchi, enciclopedie, annuari, calendari, who’s who e simili) che contengono l’informazione cercata, il servizio è immediato; se non esistono, il processo si allunga inevitabilmente – all’interno delle raccolte della biblioteca o al suo esterno – e il servizio diventa ad ampio raggio.

Un elemento che fa davvero la differenza nella classi­ficazione del servizio di reference è il bibliotecario: è la sua conoscenza dei repertori e delle fonti che spes­so decide se la ricerca dell’informazione richiederà un tempo maggiore o minore di mezz’ora.

La chiave del reference: il bibliotecario

A partire dalla definizione proposta più sopra, è chiaro che la personalizzazione del servizio di reference, che è la sua essenza, si basa sul bibliotecario del reference.

Non c’è dubbio che per svolgere questo lavoro, il bi­bliotecario di reference deve avere requisiti professio­nali di altissimo profilo, ma la componente umana è ancora più essenziale.

In Ranganathan il bibliotecario del reference è una fi­gura ricca, complessa e affascinante; non è possibile infatti essere un buon bibliotecario di reference senza queste caratteristiche: una componente professionale (che richiede competenze di alto livello), una profonda motivazione al lavoro e una componente umana fatta di doti umane e coinvolgimento personale.

Anche William Katz descrive in modo preciso e con fine humor la figura del bibliotecario del reference

I bibliotecari di reference bravi riescono a trovare le risposte giuste usando la memoria e una considere­vole conoscenza delle fonti di reference.

I bibliotecari migliori devono avere altre qualità oltre a una memoria buona. La logica aiuta. La capacità di accogliere una domanda nebulosa, di ristrutturarla, di riformularla e di verificarla con la persona che l’ha posta come se fosse stata sua, è una competenza essenziale del bibliotecario durante l’intervista. Altre caratteristiche desiderabili includono il sembrare sag­gio, affabile e simpatico anche se qualcuno ti chiede “Che cos’è l’amore?” o “Come si cura il freddo?” o “Come faccio a prendere 10 nel compito?”.

La strada per il successo è un atteggiamento ispirato alla calma Zen. Si deve basare tanto su una buona attitudine quanto sulla sicurezza nel saper risponde­re, educatamente e al momento giusto, “Vediamo cosa possiamo trovare”.

Il lavoro di reference, secondo Katz, ha aspetti positivi e aspetti negativi, ma non c’è lavoro in biblioteca che dia maggiori soddisfazioni di questo (Lettura 11).

Ranganathan, dal canto suo, considera bibliotecario del reference chiunque svolga, all’interno della biblio­teca, un servizio personalizzato in relazione a uno spe­cifico bisogno informativo di un lettore. Non solo: se­condo Ranganathan, tra tutte le possibili attività che si svolgono in biblioteca, soltanto il servizio di reference è «il vero lavoro del bibliotecario».

Nel tentativo di trovare una sintesi dai molti spunti rac­colti intorno al significato più profondo del reference, si può osservare un circolo virtuoso che mette in relazio­ne reciproca, con un flusso ininterrotto, la biblioteca, il reference e il bibliotecario. Non si tratta solo di immagi­nare il reference come il perno centrale di tutte le attivi­tà della biblioteca (Fig. 5), o di porlo come fine ultimo di tutti i processi che avvengono all’interno di essa

Si tratta di rilevare come da un lato Vavrek ponga un’u­guaglianza tra il reference e la biblioteca e, dall’altra, come Ranganathan sostenga che il lavoro del bibliote­cario coincida sostanzialmente con il reference.

Essere bibliotecario è dunque dare sostanza alla bi­blioteca come servizio, prima che come istituzione; il portato ultimo è una definizione di biblioteca che trova applicazione a prescindere da qualsiasi soluzione tecno­logica, per la quale cioè una biblioteca esiste ovunque ci sia una persona che si fa carico del processo necessario per stabilire il contatto tra il lettore e i suoi documenti in modo personalizzato: la biblioteca è reference. 

In chiusura, è interessante notare come il richiamo alla calma Zen da parte di Katz trovi piena corrispondenza in Ranganathan: nel capitolo conclusivo di Reference service, la sua opera migliore, il servizio di reference si trasforma da esperienza professionale a esperienza umana. L’idea fondamentale di Ranganathan è sug­gerire l’identificazione “personale” – forse anche spiri­tuale – del bibliotecario del reference con lo spirito di servizio che sostanzia la nostra professione e di proporre il reference come esperienza umana di incontro (Lettura 12).
Figura 5 Il servizio di reference secondo Ranganathan.

APPENDICE DI LETTURE

Lettura 1. Definizione di reference

B10 Definizione di servizio di reference

Il servizio di reference è il processo che stabilisce il rapporto tra il lettore e i suoi documenti in modo personalizzato. “I suoi documenti” significa ogni singolo documento rilevante del quale il lettore necessita in quel momento. Significa anche tutti i documenti che verosimilmente gli possono essere utili in quel momento. Significa inoltre stabilire il rapporto sen­za che il lettore perda tempo. Non è possibile rendere tutti questi servizi al lettore senza una profonda comprensione del suo preciso interesse in quel momento. Per raggiungere questa comprensione, deve esserci un’intensa empatia tra il bibliotecario e il lettore. Dal primo istante in cui il lettore chie­de aiuto all’ultimo istante in cui ottiene tutti i suoi documenti, il bibliotecario sarà tenuto a provvedere personalmente alle necessità del lettore: è per questo che il servizio di reference è essenzialmente un servizio personale.

B101 Esemplificazione per contrasto

L’esempio per contrasto si può fare così: al momento della convocazione dell’assemblea universitaria, a ciascun nuovo laureato viene donata una copia del Bhagavad Gita. In questo dono non c’è niente di personalizzato, dato che tutte le co­pie sono uguali. A ogni laureato può essere donata una copia qualsiasi. Altro esempio: in occasione di una festa di matrimo­nio, a ciascun ospite viene portata una noce di cocco. Anche in questo caso tutte le noci di cocco sono idealmente uguali. Sono, in un certo senso, una copia l’una dell’altra. Quindi non c’è niente di personalizzato nel dono. Ma i libri di una biblioteca non sono tutti uguali, non sono copie l’uno dell’altro. Ciascun libro è un individuo e, allo stesso modo, ciascun lettore è un individuo. Quindi ciascun libro deve corrispondere a ciascun lettore secondo le rispettive “peculiarità individuali”.

Questa corrispondenza necessita della cura personale del bibliotecario. In altre parole, è necessario un servizio perso­nalizzato. Quindi, il servizio di reference è un servizio persona­lizzato. La sua definizione può essere chiarita così: il servizio di reference è un servizio personalizzato a ciascun lettore per aiutarlo a trovare i documenti che rispondono ai suoi interessi in quel momento, con precisione, esaustività e rapidità.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 45-46.

Lettura 2. La legge di Mooers

Sappiamo tutti che alcuni sistemi di recupero, anche se sono tecnicamente piuttosto deboli, sono comunque utiliz­zati molto intensamente, mentre altri sistemi, talvolta tec­nicamente molto superiori, sono molto poco utilizzati dagli utenti. Perché?

Cercherò di spiegare questa situazione sottoponendo alla vostra attenzione un principio o legge del comportamento che credo governi l’uso dei sistemi di recupero. […] Abbia­mo tutti letto dei rapporti che descrivono sistemi di recu­pero che funzionano con maggiore efficienza, cercano più rapidamente, gestiscono collezioni più vaste ecc. Tuttavia, quando forniamo ai nostri utenti una performance maggiore e migliore dei nostri sistemi di recupero, siamo proprio sicuri che li useranno davvero di più? Per quanto posso dire, la risposta è no.

L’opinione che mi sono fatto, dopo una lunga esperienza, è che i nostri utenti continueranno a essere restii a usare quei sistemi di informazione – per quanto siano ben progettati – finché rimane valido un particolare fenomeno del nostro contesto intellettuale e tecnologico. Questo fenomeno par­ticolare – e la sua validità è del tutto comune in molte ditte, laboratori e compagnie – è che per molte persone è più dif­ficoltoso e problematico avere le informazioni piuttosto che non averle. Per le persone che si trovano in questa situazio­ne, ci possiamo aspettare che cercheranno di evitare l’uso di un sistema di recupero davvero efficiente nel mettere a loro disposizione le informazioni. Questo principio contradditorio può essere formulato così:

Un sistema di recupero delle informazioni tenderà a non essere usato tutte le volte che per l’utente è più faticoso e problematico ottenere l’informazione da esso piuttosto che rinunciarvi.

Se questa legge è vera – e io credo che lo sia – si tratta di una conclusione pessimistica e perfino cinica […]. Cercherò ora di giustificare questa asserzione.

Ottenere informazioni è faticoso e problematico. Ne abbia­mo tutti fatto esperienza. Se hai delle informazioni, prima di tutto devi leggerle, che non è sempre facile. Devi poi tenta­re di capirle. Per farlo, dovrai rifletterci sopra. Le informazioni potrebbero richiedere che tu prenda decisioni in base a esse o acquisisca altre informazioni. Queste decisioni potrebbero rendere necessario agire con qualche difficile piano di lavoro, o un viaggio o una faticosa intervista. La comprensione delle informazioni potrebbe mostrarti che ciò che stai facendo è sbagliato, o che è il tuo capo che si sta sbagliando, o che il la­voro che stai facendo è inutile. Avendo informazioni, devi sta­re attento a non perderle. Se non altro, le informazioni iniziano a intasarti il desktop – senza essere state lette. È una banalità trovare informazioni, ma è spiacevole avere a che fare con esse. Infine, se non provi a usare correttamente le informazio­ni, puoi essere accusato di girarti i pollici invece che lavorare. Inoltre, l’integrazione di quelle informazioni nel lavoro che stai facendo potrebbe anche non essere notata. Il lavoro risparmiato non è molto apprezzato. Invece il lavoro fatto – anche se è un doppione – è sempre ben pagato e ben riconosciuto.

C. N. Mooers, Mooers’ law or why some retrieval systems are used and others are not cit., p. 22-23.

Lettura 3. Il concetto di “personalizzazione”

B51 Il pericolo della meccanizzazione

La nascita del servizio di reference è una conseguenza ne­cessaria della terza funzione della biblioteca. Senza dubbio, le altre sei tecniche sono necessarie per trasformare tutte le persone in utenti della biblioteca. Tuttavia non sono suf­ficienti. Ciò accade per una ragione di ordine generale: la maggior parte delle altre tecniche si basa sulla meccanizza­zione. La meccanizzazione comporta l’astrazione del noto dall’ignoto. Implica anche l’uso di oggetti che, una volta astratti, rimarranno sostanzialmente “dati”. Ovvero, le loro proprietà naturali sono tali da potere essere controllate; te­oricamente, queste proprietà potrebbero essere completa­mente eliminate. La proprietà naturale che viene ignorata, se non eliminata, è ovviamente la vitalità. È per questo che diciamo che gli oggetti meccanici sono “morti”.

B52 Un apporto di energia vitale

In ogni caso gli oggetti meccanici sono oggetti dipendenti. Esistono per essere fatti funzionare; e la loro bellezza di­pende dal loro funzionamento. Una turbina in funzione è un oggetto che desta meraviglia e bellezza; ma se è a riposo, è più morta di quanto non fossero i suoi componenti prima di essere estratti dalla terra. […]

B54 L’azione di riscatto dell’uomo

Di qui la necessità di introdurre un’attività umana per riscat­tare tutte le cose rendendole effettivamente funzionanti. […]

B55 Artificiosità dei libri

Oltre alla ragione generale appena evidenziata, ci sono altre tre ragioni specifiche per garantire che ci sia quel “qualcu­no”. Primo, i libri sono entità artificiali, in fin dei conti. L’apprezzamento del loro valore non nasce spontaneamente. Deve essere espressamente stimolato e ciò non è possibile se non con metodi personalizzati.

B56 Artificiosità del catalogo

Secondo, in un catalogo che elenca entità artificiali chiamate libri, siamo di fronte a un ulteriore livello di complessità, che chiamiamo con il roboante nome di “convenzioni”. Le con­venzioni del catalogo sono a prima vista l’esatto contrario di ciò che è familiare al signor Rossi, che ha quindi bisogno di un’iniziazione personalizzata.

B57 Bisogni psicologici

Terzo, il ritmo psicologico del signor Rossi è tale che non è possibile conservarselo come cliente se non gli si offre un servizio immediato e corretto in forma personalizzata. Il si­gnor Rossi è un essere umano e solo la sensibilità umana può mantenerlo di buon umore, arricchirlo con la capacità di apprezzare il valore dei libri e trasformarlo in un aspirante utilizzatore della biblioteca.

B58 Convertitore umano

Se non si mette a disposizione la sensibilità umana, l’enorme potenziale delle raccolte librarie di oggi non sarà altro che una beffa. In realtà, il problema delle biblioteche non è più quello della scarsità, se non nel senso di scarsità di converti­tori umani dell’energia potenziale dei libri, che ammuffiscono sugli scaffali, in energia cinetica pronta all’uso per i lettori. A sua volta, ciò è dovuto alla scarsità di intraprendenza nelle alte sfere e, più in generale, alla mancanza d’intelligenza.

B59 L’ineluttabile conseguenza della democrazia

Finché si ritiene che la conoscenza sia intuitiva o ereditaria, non si vedrà alcuna necessità del servizio di reference. Ma con la nostra attuale insistenza sull’uguaglianza delle oppor­tunità di informazione, di conoscenza e di ispirazione che derivano dai pensieri più alti degli uomini di genio, il servizio di reference diventa essenziale per il progresso e per la cre­scita democratica della nazione: senza servizio di reference non ci può essere vera democrazia.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 66-68.

Lettura 4. Il colloquio di reference

F544 Ricerca sui lavori in ferro (Caso pratico 58)

Un messaggio telefonico lasciato dal capo di un dipartimen­to ministeriale diceva: “Sto mandando un messo in biblioteca. Inviatemi tramite lui un paio di libri sull’industria siderurgi­ca.” Arrivò il messo e gli furono dati due libri sull’argomento.

Mezz’ora più tardi ritornò con i libri il segretario personale del funzionario e disse:

“Il mio superiore non voleva libri tecnici come questi. Voleva qualcosa che parlasse delle opere di ferro antiche.” “Gli interessa l’uso del ferro nell’antichità?”

“Forse si. Ha detto ‘opere in ferro nei tempi antichi’. È tutto quello che so.”

“Allora prenda questi libri. Sono tutti di argomento antiqua­rio.”

Il segretario personale tornò di nuovo nel giro di un’altra mezz’ora e, piuttosto turbato, disse: “No, signore. Mi ha detto di restituirli immediatamente.” “Perché?”

“Non lo so. È su tutte le furie. Vuole che gli porti altri libri.” “Che cosa vuole esattamente?”

“Non lo so.”

“Glielo chieda per telefono.”

“No. È troppo arrabbiato. Glielo chieda lei.”

Erano le cinque del pomeriggio. Arrivò il funzionario in per­sona. Era un anziano gentleman inglese, che era stato un membro dell’Indian Civil Service.

“Pensavo che solo il mio aiutante fosse stupido. Mentre lo sono anche i vostri.”

“Perché, cos’è successo?”

“Volevo delle immagini di vecchi lavori in ferro – diciamo del periodo Moghul. Mi hanno mandato tutt’altro.”

Immediatamente apparvero alcune illustrazioni pubblicate sui Memoirs e sulle New imperial series of the archaeological survey dell’India. Ma non gli andavano bene. Fu chiesto agli assistenti di raccogliere altre memorie illustrate e il funziona­rio fu accompagnato nella stanza del bibliotecario.

“È la prima volta che vengo in biblioteca da quando vi siete trasferiti qui.”

“Le piace l’edificio?”

“Si, è bello.”

“Dove vive ora?”

“Sto traslocando proprio adesso; ho comprato una casa nuova con un grande ingresso. Mia moglie vuole dividerlo e le piacciono molto le porte e le inferriate in ferro.”

Fu intrattenuto con una lunga conversazione. In pochi mi­nuti arrivarono alcuni recenti volumi rilegati di periodici di architettura, con dei segnalibri su alcune pagine di pubblici­tà. L’anziano funzionario guardò le figure in quelle pagine e rimase estremamente soddisfatto.

“Era proprio quello che stavo cercando. Chiederò a mia mo­glie di venire a dare un’occhiata.”

“Sono contento che abbia trovato quello che cercava.”

“Cercavo non io ma mia moglie! Ma perché non sono stati capaci di tirarmeli fuori stamattina?”

“Perché non aveva detto che voleva questi!”

“Ma non gliel’ho detto nemmeno adesso!”

“Ma ha detto a me che stava cambiando casa ecc. Un uccellino gliel’ha riferito e quindi hanno lasciato perdere le ricerche sugli Archaeological memoirs e hanno cercato tra questa pubblicità!”

“Mi spiace avere definito stupidi i suoi collaboratori. Adesso mi rendo conto di chi era lo stupido! Sono contento che mi abbia invitato a venire personalmente e sono felice di essere venuto. Mi piace la vostra biblioteca. Domani a quest’ora verrò con mia moglie e sono sicuro che le piacerà!”

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 210-211.

Lettura 5. Il colloquio e l’analisi del quesito

La quarta legge della biblioteconomia è “risparmia il tempo del lettore”. Questa legge richiede al bibliotecario addetto al reference qualcosa di più delle tre leggi precedenti. Introdu­ce nel servizio il nuovo fattore “tempo”.

[…] quando è di fronte a un lettore la sua mente si deve di­videre in due: una parte deve impegnarsi a registrare, com­prendere e integrare ciò che captano gli occhi e le orecchie, e anche a psicoanalizzarlo. Se il lettore è un tipo estroverso, questa parte della mente del bibliotecario dovrebbe anche tenerlo di buon umore, intrattenendosi con lui in modo pia­cevole fino a quando non si è trovato il libro. Per tutto questo tempo, con l’altra metà della mente il bibliotecario deve va­gare tra i libri per scegliere quelli che meglio rispondono alle esigenze del lettore.

[B14 …] Dovrebbe essere esperto di classificazione libra­ria. Dovrebbe avere una speciale preparazione nell’analisi per faccette sulla base delle cinque categorie fondamentali di tempo, spazio, energia, materia e personalità. Dovrebbe sviluppare la capacità di analizzare per faccette le richieste del lettore. Nel corso di questa analisi per faccette, dovrebbe essere in grado di integrare tutti gli elementi non espressi nel­le richieste fatte dal lettore. Inoltre dovrebbe essere in grado di confrontare la griglia ricavata dall’analisi per faccette con il mondo dei documenti, con il catalogo e con le bibliografie ed estrarre i documenti giusti senza alcuna perdita di tempo.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 48-49 e 157.

Lettura 6. Diario delle ricerche

Capitolo G2. Un mese di ricerche (Casi pratici 64-117)

Ogniqualvolta è stato possibile, sono stati indicati tra pa­rentesi la tipologia del richiedente, la sequenza delle opere consultate e il tempo necessario. Il principiante dovrebbe cercare il libro di reference e verificare i risultati forniti alla fine di ciascun problema di reference.

  1. Indirizzi di alcuni famosi biochimici dell’India. (Un profes­sore. Di persona. Handbook of Indian universities, 1938. Year-book of the universities of the Empire, 1939. Official chemical appointments, 1937. 5 minuti).
  2. I versi del Kumarasambhava che descrivono le nozze di Parvathi. (Un artista. Di persona. Versi 71-91 del cap. 7. 15 minuti).
  3. Materiale qualsiasi sull’arte del lettering. (Una signora. Di persona. L’articolo su Calligraphy nella Encyclopaedia Britannica, ed. 14. Reference catalogue of current literature, 1938. Wade (Cecil): Modern lettering from A-Z, 1938. 15 minuti).
  4. Una descrizione del festival Ekadasi a Srirangam. (Un giornalista. Di persona. […] Tre libri nella biblioteca dei fe­stival hindu già a prestito. Quindi Encyclopaedia of religion and ethics. Nessun aiuto. Imperial gazetteer of India. Mo­nier Williams: Brahminism and Hinduism, p. 448-450. Non disponibile in biblioteca. Index to Indian antiquary. v. I, p. 322. 15 minuti).
  5. Un’immagine di un “acciarino” (Una redazione giornali­stica. Al telefono. Encyclopaedia Britannica. Funk e Wa- gnalls: New standard dictionary. 5 minuti).
  6. Il passo «Onore e vergogna non nascono dalla condizione sociale» ecc. (Un lettore adulto. Di persona. Bartlett: Fami­liar quotations, p. 319. 5 minuti).
  7. Una breve biografia di Valmiki. (Un lettore adulto. Di per­sona. Bharatiya caritambudhi. Dowson: Classical dictio­nary. Insufficiente. Un articolo in Austoch Mukherjee Silver jubilee volume, v. 3, part I. Nessun altro materiale biogra­fico. 30 minuti).
  8. C’era un annuncio sul Hindu del 23 nov. 1939 nel quale offrivano il posto di Segretario del Sindaco della Madras Corporation. Tra i requisiti è prevista l’esperienza di prati­ca parlamentare. Qualsiasi buon libro sull’argomento. (Un avvocato. Al telefono. May: Parliamentary practice. Cam­pion: Procedure of the House of Commons. Redlich: Pro­cedure of the House of Commons. 5 minuti).
  9. Collection of treaties, engagements and other papers of importance relating to British Malabar di W. Logan, 1879. (Un ufficio governativo. Al telefono. Libro non disponibile. Ma la seconda edizione dello stesso materiale costituisce la parte 3 di Logan: Malabar manual, 1891. L’edizione del 1879 era destinata soltanto agli uffici distrettuali. Tiratura molto limitata. 10 minuti). […]
  10. Il testo della Dichiarazione di Londra. (Una redazione giornalistica. Al telefono. Stabilito con una serie di doman­de che si trattava del risultato di una conferenza navale tenutasi a Londra nel 1908 o 1909. Invitato a richiamare mezz’ora più tardi per l’informazione. I libri di reference immediato non avevano l’informazione disponibile. Esaminati i libri che contenevano documenti di giurisprudenza internazionale. Whittuck (E. A.): International documents, 1909, p. 254-274. 15 minuti).

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 228-229.

Lettura 7. Qualità intangibili

D70 Introduzione

Tutte le difficoltà fin qui discusse sulla natura dei materiali, riguardano in senso lato le qualità materiali dei libri: posso­no essere ricondotte a un quadro specifico e trattate og­gettivamente. Non sfuggono completamente all’approccio classificatorio o catalografico o misto; in effetti la tendenza dei redattori di codici e di schemi di classificazione è l’in­dividuazione di strumenti per trattarle in modo sempre più soddisfacente.

D701 L’essenza del gusto

Ma il lettore generico ha bisogno di libri che possano essere valutati per lui sulla base anche di alcune altre qualità, che non possono essere disgiunte dai fondamentali requisiti del vigore, dell’originalità, dello humour, della presentazione e della personalità dell’autore. Queste qualità sono immateriali ed eludono qualsiasi tentativo di approccio sistematico; si fondano principalmente sul giudizio dei lettori e hanno l’es­senza del gusto, sicché per valutarli non è possibile applica­re alcuna legge meccanica o oggettiva.

D702 Tipi di qualità intangibili

Per queste qualità, il lettore generico deve affidarsi al bi­bliotecario addetto al reference ancor più che per le qualità tangibili. Deve cercare il suo aiuto nello scegliere il libro dal gusto giusto; in questo tipo di richieste ricorrono spesso tre tipi di gusti, in base ai quali i libri sono distinguibili in:

  1. libri con un motivo conduttore;
  2. libri con una certa inclinazione; e
  3. libri di orientamento.

Il bibliotecario addetto al reference li riconosce in base alla propria esperienza; inoltre, la possibilità unica che ha di unir­la all’esperienza del lettore migliora le sue capacità. Un bi­bliotecario addetto al reference più creativo e geniale sarà in grado di migliorarla intavolando con i lettori una discussione attiva sui libri.

D72 Libri di talento

D721 Qualità presentate chiaramente

Un’altra tipologia di libri che rendono il lettore generico fortemente dipendente dall’aiuto del bibliotecario addetto al reference sono i libri ricchi di talento. Questi libri hanno un approccio personale, mostrano molta accuratezza nella se­lezione dei dettagli, hanno uno stile vivace. Una volta che li iniziamo, li divoriamo pagina dopo pagina e non tolleriamo di essere disturbati; hanno un profumo tutto loro, sono af­fascinanti. La nostra curiosità non cala mai, anzi cresce di continuo e ci spinge a finirli al più presto, anche rimanendo alzati la notte. Sfogliarli è come sfogliare le pagine della vita: sono libri illuminanti.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 144-145.

Lettura 8. La classificazione

C34 Classificazione

Una breve chiacchierata con il principiante deve essere certamente dedicata a chiarire il soggetto di principale in­teresse. Non appena lo si è capito, il principiante dovrebbe essere accompagnato nella parte dell’area a scaffale aperto che ospita i libri su quel soggetto. Mentre si trova tra libri che gli sono congeniali, si potrà scoprire ciò che lo interessa in quello specifico momento con alcune ulteriori domande. Sa­rebbe meglio iniziare a mostrargli i libri su quello specifico ar­gomento e a spiegare i numeri sul dorso. Il numero di classe in comune e i numeri di libro diversi attrarranno certamente la sua attenzione e ciò gli offrirà la possibilità di familiarizzare con il concetto di “classe finale” [R16]. Fissando la classe fi­nale al centro, si potrà richiamare l’attenzione del principian­te sulle classi finali che precedono e seguono, in modo che possa apprezzare la praticità della filiazione nella successio­ne delle classi. Senza metterlo in alcun modo in difficoltà con i termini specialistici del classificatore, si deve fare capire al principiante che, oltre che nei libri raggruppati nella classe finale in questione, si possono trovare informazioni su que­sto specifico soggetto anche in capitoli, o parti, di libri che rientrano nelle classi di maggiore estensione. Deve essere aiutato a capire che precedono la classe finale. Dovrebbe imparare inoltre che ulteriori informazioni su aspetti parti­colari del suo specifico soggetto si possono trovare in libri raggruppati in classi più piccole della sua classe finale. Deve essere aiutato a prendere visione che essi si trovano dopo la sua classe finale. Esaminando campioni più ampi a entrambi i lati del soggetto specifico che costituisce il suo centro di interesse, deve essere possibile dimostrare al principiante l’utile sequenza nella quale gli stessi soggetti principali si trovano all’interno dello schema di classificazione adottato. In termini più generali, il principiante può essere guidato a cogliere e ad apprezzare il modello APOPA (modello alieno- penombra-ombra-penombra-alieno) realizzato dallo schema di classificazione. [R5]

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 85.

Lettura 9. Lettori difficili

D231 Il caso “Ibid.” (Caso pratico 16)

Un timido laureando si avvicina discretamente al biblioteca­rio addetto al reference. Parla a bassa voce.

“Il libro Ibid. è citato spesso nel mio testo. Mi può aiutare a trovarlo?”

“Mi faccia vedere il suo testo. Per cortesia, mi mostri la ci­tazione.”

“Eccola qui, in questa pagina. Viene ripetuto in molte righe di questo elenco.”

Ibid. non è il nome di un libro. Significa semplicemente ‘nel­lo stesso libro appena citato’. È un’abbreviazione della pa­rola latina Ibidem.”

Il bibliotecario addetto al reference non dovrebbe lasciare trasparire alcun segno di ridicolo, di meraviglia o di supe­riorità. Se ci riesce, cancellerà anche il più piccolo disagio dall’animo del lettore, che lo rispetterà perché capirà che sta facendo del suo meglio. Molti di questi incidenti capiteranno a tutti. Eccone uno un po’ più complesso.

D232 Il caso Ouspensky (Caso pratico 17)

Un lettore schivo aspetta che il bibliotecario addetto al refe­rence rimanga solo. Teme che la sua richiesta venga respin­ta e non vuole che succeda sotto agli occhi degli altri lettori.

Cerca un libro – non ha autore, titolo o attributi fisici che lo possano identificare; ma ha un taglio religioso, quasi mistico e ha qualche relazione con la Russia.

Potrebbe essere qualche opera riferibile a qualche autore moderno russo, una via di mezzo tra Ouspensky e Dosto­evsky?

Si, in effetti.

Nell’indice, sotto Ouspensky, si trova l’indizio che conduce al libro.

Tutto molto complicato e aleatorio, si direbbe. Ma è questo tipo di lavoro di sondaggio, svolto con gentilezza, che con­tribuisce al rispetto e alla reputazione durevoli di una biblio­teca. Incontriamo di continuo creature timide come queste, troppo paurose di mettere a nudo la propria ignoranza. Ma un giorno, per puro caso, risolviamo un dubbio o chiariamo un’incertezza nella mente di una persona e ci assicuriamo un lettore affezionato per tutta la vita. Ed è un carattere spe­cifico del servizio di reference che questa conquista di let­tori continui giorno dopo giorno. Soltanto così le leggi della biblioteconomia garantiranno le più grandi soddisfazioni al bibliotecario addetto al reference.

D25 Pura ignoranza

“Certamente questa biblioteca non funziona più bene come una volta.”

“Che cosa non è riuscito a trovare in biblioteca? In realtà, credevo che avesse trovato tutti i libri.”

L’avvocato si lamenta che la giurisprudenza viene trascu­rata. Il dottore si lamenta che la medicina è trascurata. L’ingegnere si lamenta della stessa cosa. […]. Questi at­teggiamenti si possono affrontare soltanto con tatto e buon umore e, se necessario, sforzandosi di spiegare le difficoltà di finanziamento, il livello della biblioteca, l’aumento di lettori ecc. Alcune volte riusciamo a essere persuasivi; altre volte il lettore con l’animo confuso diventa più sospettoso. La cosa migliore che possiamo fare per questo tipo di lettori difficili è lasciare trasparire un sentimento di sincero desiderio di essere d’aiuto e di trovare valide alternative.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 120-122.

Lettura 10. Ricerche ripetitive

F2412 La ricerca su Tweedsmuir (Caso pratico 51)

Una mattina, un telegramma della Reuter annunciò che le condizioni di Lord Tweedsmuir, Governatore generale del Canada, erano gravi. Il più intraprendente dei giornali locali mandò immediatamente un proprio inviato alla biblioteca per raccogliere informazioni su di lui. Oltre al Who’s who, che lo comparava a John Buchan, furono individuati questi tre riferimenti bibliografici:

  1. 1Adcock (A. St John). Gods of the modern Grub stre­et: impressions of contemporary authors. p. 43-50;
  2. Dilly Tante, (Ed). Living authors: a book of bio­graphies. 2 colonne; e
  3. Johnson (R. Brimley). Some contemporary nove­lists. p. 183-192.

I primi due libri contenevano anche un’immagine di Buchan e una di esse fu presa a prestito dal reporter per essere riprodotta e restituita al più presto.

Alla sera, la notizia della sua morte raggiunse tutte le reda­zioni. Naturalmente, tutte si sentirono in dovere di corredare la notizia con qualche dato biografico. Alcune mandarono gli inviati in biblioteca, altre chiesero informazioni al telefono. Dal momento che tutte le informazioni disponibili in bibliote­ca erano già state individuate e precedentemente raccolte durante il giorno in seguito alla richiesta del giornale più in­traprendente, fu possibile evadere immediatamente tutte le richieste e quindi il frutto del lavoro del bibliotecario addetto al reference immediato della biblioteca raggiunse il pubblico quella stessa notte.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 196-197.

Lettura 11. Lavorare al reference

Non c’è in biblioteca un lavoro che dia maggiori soddisfazio­ni del lavoro del bibliotecario addetto al reference. Esso offre la possibilità meravigliosa di avere a che fare con persone di quasi ogni livello sociale, economico e culturale. È una sfida continua a trovare esattamente il libro giusto, la stampata del file giusto o l’articolo giusto per risolvere un problema immediato. Anche se il servizio di reference è più che rispon­dere alle domande, il suo obiettivo primario è soprattutto quello. Qualcuno vuole sapere il numero di studi televisivi che ci sono nello stato di New York e qualcun altro cerca il senso della vita. Trovare la risposta, o mostrare i tentativi fatti nei secoli passati per trovare una risposta, è ciò di cui si occupa il reference.

A seconda del tipo di quesito, ci si può immaginare il servizio di reference come una noia mortale o una fonte di considerevole piacere intellettuale. Nella maggior parte delle biblio­teche, i bibliotecari del reference vivono entrambe queste situazioni. Dopo avere detto cento volte alle persone dove si trovano i servizi o come si usa il catalogo, e avere pensato che il servizio di reference è più uno strazio che un piace­re, arriva qualcuno con un quesito intrigante, che richiede impegno, fantasia e conoscenza delle possibili fonti per la risposta. Alcuni giorni vanno bene, altri male, ma nella media si tratta di un lavoro affascinante ed entusiasmante.

William A. Katz, Introduction to reference work, 5th ed., New York, McGraw-Hill, 1987, p. 3-4.

Lettura 12. Il coltivatore di frutta della Florida

K84 Il coltivatore di frutta della Florida (Caso pratico 167)

Era il giugno del 1950. La Library School di Albany, New York, mi aveva invitato a tenere un discorso di commiato. Un giorno dopo il rientro a New York City, trovai una lettera da Albany.

L’autore della lettera era appena arrivato ad Albany. Era nati­vo di quel luogo ma aveva vissuto a lungo in Florida. Gli era capitato di vedere una mia fotografia su un giornale locale, che forniva anche un resoconto del mio lavoro ad Albany. Si ricordò il nome. Erano anni che cercava di incontrarmi. Si era precipitato immediatamente alla Library School, ma ero già partito. Il direttore della scuola gli aveva dato il mio presunto indirizzo di New York. Poteva raggiungermi a New York? Potevo concedergli cinque minuti?

Gli risposi che era inutilmente costoso fare tutta la strada fino a New York e che avremmo potuto usare la posta. Non sapevo niente di lui, né riuscivo a immaginare che cosa vo­lesse da me. Ero uno sconosciuto per lui e per il suo paese. Che fosse un editore?

Quella sera, stavo lavorando nel mio ufficio presso la Colum­bia University. Ero completamente solo in quell’edificio enor­me, dato che la biblioteca aveva chiuso nel pomeriggio per via di un’assemblea dell’università. Ero letteralmente chiuso dentro. Mi chiamarono al telefono.

“Sono la persona di Albany. Le ho scritto ieri.”

“Le ho spedito una risposta circa un’ora fa. Le arriverà do­mani.”

“Sono già a New York, signore. Il Direttore della Albany School mi ha detto che sarebbe partito presto per altre uni­versità. Non volevo correre nessun rischio. Perciò sono ve­nuto qui senza aspettare la risposta. Posso vederla ora? Le chiedo solo pochi minuti.”

“Mi dispiace, non è possibile. Sono in un ufficio della biblio­teca. L’edificio è chiuso a causa dell’assemblea. Non può entrare.”

“Ci penso io, signore. Sarebbe d’accordo a ricevermi?”

In pochi minuti, venne accompagnato nel mio ufficio dal cu­stode. Sorrideva con un senso di soddisfazione. Cosa stava succedendo?

“Come ha fatto a sapere che ero qui? Come ha fatto ad avere il mio numero di telefono?”

“Sono un uomo d’affari, signore. La necessità è madre dell’invenzione, come si dice. Per me, si trattava di ora o mai più. Il Direttore della Albany School mi ha fornito il suo indirizzo a New York; e al resto ho pensato io.”

“Lei sembra davvero pieno di risorse. Mi dica cosa posso fare per lei.”

“Niente di particolare, signore. Sono anni che aspetto di in­contrarla: devo a lei tutto quello che sono oggi.”

“A me! Com’è possibile? Non la conosco nemmeno.”

“Può darsi che lei non mi conosca, signore. Ma io non posso dimenticare l’aiuto che mi ha dato.”

“Che cosa ho fatto? Non mi ricordo di avere mai fatto niente per lei. Ho paura che stia sbagliando persona.”

“No, signore. Non sto facendo nessuno sbaglio. Lasci che le spieghi. Ventiquattro anni fa, ero un giovane in cerca di lavoro. Mi convinsi che avrei potuto trovare lavoro in Florida. Volevo coltivare le mangrovie. Non riuscii a trovare molto sull’argomento nelle biblioteche locali. Ma il bibliotecario ot­tenne da lei alcuni libri sul mango indiano. Per me segnò l’inizio. Ora gli affari vanno bene. Mi sono sempre ricorda­to di lei. Sono felice di quest’occasione per vederla. Nella mia azienda ho delle piante che derivano dalla vostra varietà malgoa. Sono deliziose.”

Quella sera rientrai in albergo. Il portiere mi consegnò un cestino; c’era anche un bigliettino, che diceva:

“Lo accetti, la prego; non lo rifiuti. Non ho osato avvertirla quando ci siamo visti perché temevo che avrebbe rifiutato di prenderlo. Me lo sentivo, quando ero da lei. È soltanto il segno della mia gratitudine per l’aiuto che ha fornito a uno sconosciuto.”

È così. Essere un bibliotecario addetto al reference spiana la strada al vivere le parole del Gita.

Anni più tardi, ti può capitare di vedere che i vantaggi del servizio hanno fatto del bene ad altri. Può perfino succedere che non ti ricordi nemmeno di avere fatto quel servizio. Avrai la gioia di venirlo a sapere senza alcun coinvolgimento. Raggiungere questo livello di autocontrollo non è facile, ma con il servizio di reference diventa possibile.

S. R. Ranganathan, Il servizio di reference cit., p. 374-376.