N.2 2017 - Biblioteche in Europa, Biblioteche d’Europa

Navigazione dei contenuti del fascicolo

Lo sviluppo documentario delle biblioteche universitarie francesi e le politiche nazionali per la ricerca

Tiziana Stagi

Biblioteca umanistica, Università degli studi di Firenze; tiziana.stagi@unifi.it

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 5 novembre 2017.

Abstract

La diffusione di carte delle collezioni si è andata particolarmente intensificando negli ultimi venti anni tra i sistemi bibliotecari universitari dei principali atenei francesi, tanto che circa il 40% di essi ne ha elaborata una. Nel contributo si ricostruiscono i contorni del fenomeno a partire dai primi risultati di un’indagine condotta sui siti web istituzionali che risultano utili per inquadrare le caratteristiche macroscopiche e strutturali, e almeno alcuni temi caratterizzanti questa tipologia di documento, nonché per un primo tentativo di inquadrare le politiche di sviluppo documentario nell’ambito delle politiche nazionali per la promozione della ricerca e del sapere scientifico del paese.

English abstract

Over the last twenty years among the university library systems of the major French universities has been particularly intensifying the distribution of the written collections policies, so that about 40% of them have developed one. The contribution reconstructs the outline of the phenomenon from the initial results of a survey on institutional websites that are useful for framing macroscopic and structural features, and to deal with some themes that characterize this type of document as well as for a first attempt to understand how the collection development policies documentary development is related to the national policies for the promotion of research and scientific knowledge of the country.

A partire dai primi anni Duemila si è determinata in tutte le tipologie di biblioteche francesi una proliferazione di documenti per lo sviluppo delle raccolte, in particolare carte delle collezioni, un fenomeno già rilevato, fra gli altri, da Bertrand Calenge. Nel suo intervento dedica­to al tema nel 2006, il compianto studioso metteva in guardia da tre possibili pericoli insiti in questa sorta di corsa all’elaborazione di documenti di gestione: “l’alibi incantatorio”, ossia la ricerca di un segno di moderni­tà senza cambiamenti nella reale organizzazione; “la deriva tecnicista”, come la risposta al desiderio di una pratica professionale basata su strumenti normalizzati e approvati, e “l’illusione tecnologica” che considera gli strumenti come il vero traguardo di una politica di sviluppo delle raccolte.

La diffusione di carte delle collezioni si è andata par­ticolarmente intensificando negli ultimi venti anni tra i sistemi bibliotecari universitari dei principali atenei francesi, tanto che circa il 40% di essi ne ha elaborata una, in controtendenza rispetto alla contemporanea perdita di centralità di questi strumenti nel mondo an­glosassone o alla scarsità, tutta italiana, di realizzazioni tra le biblioteche universitarie.

In questo contributo si ricostruiscono i contorni del fe­nomeno nel contesto universitario a partire dai primi risultati di un’indagine condotta sui siti web istituzionali che risultano utili per inquadrare le caratteristiche ma­croscopiche e strutturali, e almeno alcuni temi caratte­rizzanti questa tipologia di documento, nonché per un primo tentativo di inquadramento fra le azioni di sviluppo documentario condotte a livello dei singoli atenei e nell’ambito delle politiche nazionali per la promozione della ricerca e del sapere scientifico del Paese.

Le biblioteche e la comunicazione delle politiche documentarie nel contesto universitario

È opportuno precisare subito che nell’articolato mon­do degli istituti di studio di livello superiore aventi ca­rattere scientifico, culturale e professionale riconosciuti dal Code de l’éducation l’indagine ha riguardato sol­tanto le istituzioni pubbliche denominate propriamente “università” (universités). Non sono state quindi prese in considerazione le biblioteche afferenti alle scuole normali superiori (écoles normales supérieures), alle università per stranieri (écoles françaises à l’étranger), ai grands établissements, ai politecnici (instituts na­tionaux polytechniques) e alle scuole e istituti esterni alle università (écoles et instituts extérieurs aux universités). A partire dall’elenco fornito dal Ministere de l’Einsegnement superieur, de la Recherche et de l’In­novation (d’ora in poi MES) sul sito istituzionale sono state identificate settanta università, con i rispettivi siti web, da sottoporre ad analisi per quanto attiene al settore delle biblioteche e la comunicazione delle pro­prie politiche per lo sviluppo documentario. In prima istanza si è fatto riferimento al portale Poldoc, legato al gruppo di ricerca dell’École nationale supérieure des sciences de l’information et des bibliothèques (Enssib) dedicato alle tematiche delle politiche documentarie. La precoce constatazione che la quasi totalità delle carte delle collezioni censite non costituissero più stru­menti tecnici interni ma documenti pubblici liberamen­te accessibili dal web ha consentito un censimento diretto e un’analisi circostanziata più approfondita.

Il primo dato rimarchevole concerne l’entità del feno­meno: fra le settanta università oggetto dell’indagine sono state reperite 26 carte delle collezioni o docu­menti generali per lo sviluppo delle raccolte assimila­bili, elencati in Appendice. Aggiungendo a quelle già consultabili, alcuni progetti in corso presso altri atenei, la percentuale delle biblioteche di università francesi dotatesi di documenti formali per le proprie politiche di gestione e di sviluppo documentario supera il 40%. Parimenti notevole è il fatto che nella quasi totalità dei casi l’istituzione che ha elaborato ed emanato la carta non corrispondeva a una singola biblioteca uni­versitaria ma al Service commun de la documentation (SCD). Anche se alcune università fanno riferimento nel documento a “bibliothèque” invece di SCD, è spe­cificato che tale denominazione è utilizzata per indica­re il “sistema bibliotecario di ateneo” e le sue funzioni comuni, come per esempio nelle università di Lille, de La Rochette o di Clermont Ferrand, entro il perimetro della normativa di istituzione e regolamentazione all’in­terno delle università francesi. Dalla metà degli anni Ottanta del Novecento i SCD sono, infatti, gli organi preposti al coordinamento dei servizi e delle politiche bibliotecarie e documentarie di ateneo. Con l’istitu­zione dei SCD si intese rispondere al problema della scarsità, della dispersione e sostanziale inadeguatez­za delle raccolte delle biblioteche delle università ri­spetto alle esigenze della didattica e della ricerca: le collezioni si erano, infatti, organizzate nel corso degli anni Settanta prevalentemente in sezioni disciplinari e avevano finito per alimentare raggruppamenti inattesi o settori incompleti, comunque generalmente poco corrispondenti agli ambiti nei quali operavano studen­ti, professori e ricercatori. Accanto a queste carenze il MES aveva anche rilevato attraverso varie indagini e rapporti ufficiali uno spreco di mezzi finanziari e di spa­zi, le debolissime politiche documentarie, sia a livello locale sia in prospettiva nazionale. Prima del decreto istitutivo del 1985 dal punto di vista normativo e ammi­nistrativo non era rinvenibile neppure la definizione for­male di “bibliothéque universitaire”, ancorché il termi­ne fosse di uso corrente fra «gli studenti, gli insegnanti o i ricercatori a indicare allo stesso modo un edificio, uno spazio/locale, o un servizio dell’Università». Lo scopo principale dei SCD istituiti era dunque di «unificare le biblioteche e iniziare una politica documenta­ria di ateneo che sostituisse il mosaico delle politiche preesistenti» e di renderle pubbliche, trasparenti alla comunità di riferimento. Tale decreto identificava fra i compiti e gli obiettivi da raggiungere la conoscenza approfondita delle proprie collezioni, la razionalizzazione delle politiche di sviluppo delle raccolte, il coordinamento degli acquisti delle biblioteche a loro afferenti. L’emanazione del principale documento per la gestione delle collezioni costituiva dunque sin dalla loro nascita uno dei principali obiettivi di questi nuovi istituti bibliotecario di coordinamento.

I documenti analizzati evidenziano analiticamente l’a­deguamento dei singoli atenei alla normativa naziona­le: dai dati raccolti risulta che quattro università hanno istituito un SCD negli anni Ottanta, la maggior parte nel corso di tutti gli anni Novanta, mentre solo alcu­ni hanno atteso gli anni Duemila, o in prossimità del 2010, per dotarsi di questo servizio. Si può notare anche come l’istituzione di questi SCD tenda a corrispondere ai diversi aggiornamenti co­nosciuti dalla normativa del settore: ovverosia, con alcune università che si sono adeguate entro pochi anni dalla istituzione; un gruppetto che ha elaborato questi documenti negli anni successivi all’aggiornamento normativo del 1991; e quindi le ultime istituzioni che han­no recepito le ulteriori riforme degli anni 2011­2013, confluite nel Code de l’éducation, che non ha comunque alterato la natura e gli scopi dei SCD.

Dal punto di vista delle strutture bibliotecarie, si è determinata una partenza in tono mino­re di questi cambiamenti, con università che per tutti gli anni Novanta hanno visto la convi­venza delle nuove strutture centralizzate o di coordinamento con le cosiddette biblioteche di prossimità, corrispondenti in Italia alle “biblioteche d’istituto”, mentre col finire del secolo si denota una inversione di tendenza. Per quanto riguarda specifi­catamente le carte delle collezioni, percentualmente la loro stesura è concentrata in un arco temporale che va dal 2003 al 2015, apparendo disallineata rispetto alle date istitutive dei rispettivi SCD, ma altresì suggerendo un percorso di raggiungimento di maturità e consape­volezza da parte di questi istituti.

Se non proprio dell’“alibi incantatorio” di Calenge, o di un generico “indice di modernità”, i dati raccolti restano, comunque, un segno tangibile di quanto il MES e i SCD siano riusciti a incidere sulla operatività, e in molti casi maturità, di una istituzione pubblica, fino a divenire quasi un marchio identitario. In questa lettura sinottica appare altresì evidente come per l’avvio delle attività e per la specifica elaborazione sia stato determinante l’aver fa­vorito da parte del MES e dei singoli atenei l’inserimento della stesura della carta delle collezioni fra i possibili pro­getti nei contratti quadriennali, come è sovente dichiarato esplicitamente nei testi dei documenti, ad esempio a Tours-Rabelais o a Paris-Est, oppure comunque da supporre anche quando non esplicitato. Comunque, si tratta di una informazione interessante, vuoi perché dà conto del processo di attuazione che ha condotto alla stesura, vuoi, e forse soprattutto, perché evidenzia come non si tratti di esperienze slegate. Il fenomeno è dunque da considerare come il risultato di un program­ma nazionale di incentivazione alla diffusione capillare di uno strumento professionale che da documento tecni­co, elaborato da professionisti nell’ambito della propria attività istituzionale, ha assunto sempre più una conno­tazione politica strategica nella comunicazione dell’ente di appartenenza, di manifesto di un servizio pubblico, rivelandone la doppia natura politica e teorica.

L’acquisizione di questo ulteriore e nuovo statuto da parte delle carte delle collezioni è patente soprattutto nella valutazione delle loro parti introduttive, laddove, per esempio, si dedica ampio spazio alla trattazione della storia dell’ateneo, magari dilungandosi sugli ac­corpamenti o più spesso le scissioni da università più grandi, oppure introducendo un preambolo che illu­stra storia e funzioni del SCD o della biblioteca. Il ruolo pubblico del documento è in questo caso valorizza­to come strumento per definire la natura e la mission dell’istituzione di appartenenza e in genere introduce gli articoli iniziali che li formalizzano quelle come bus­sola per le politiche di sviluppo delle collezioni e dei servizi a esse connessi.

Figura 1 Université de Clermond Ferrand, Bibliothèque de droit économie management
Figura 2 Université François Rabelais, Bibliothèques de Blois - Agglopolys

Dalla “charte de development des collections” alla “charte documentaire”

Un’analisi più puntuale dei singoli documenti evidenzia prima di tutto una profonda trasformazione lessicale, a partire dai titoli, nei quali si consolida l’espressione “charte documentaire”, presente nella quasi totali­tà delle carte esaminate, al posto di “charte des col­lections” o charte de development de collections. Queste ultime definizioni risalivano agli anni Novanta e furono coniate e diffuse soprattutto grazie al Calenge sulla base degli esempi del mondo anglosassone e in particolare dei collection policy statements dell’American Library Association (ALA). Esse corrispondevano inoltre, almeno in parte, a concetti e termini acquisi­ti anche a livello istituzionale e amministrativo come nella Charte des bibliothèques, emanata dal Conseil supérieur des bibliothèques (l’organo consultativo fran­cese creato nel 1989 e formalmente attivo fino al 2004 con lo scopo di coordinare gli interventi in materia di biblioteche del MES e del Ministère de la Culture). In particolare all’art. 7 si prescriveva che:

Les collections des bibliothèques des collectivités pu­bliques doivent être représentatives, chacune à son niveau ou dans sa spécialité, de l’ensemble des con­naissances, des courants d’opinion et des produc­tions éditoriales. Elles doivent répondre aux intérêts de tous les membres de la collectivité à desservir et de tous les courants d’opinion, dans le respect de la Constitution et des lois. Elles doivent être régulière­ment renouvelées et actualisées. Les collections des bibliothèques universitaires et spécialisées doivent également répondre aux besoins d’enseignement et de recherche des établissements en cohérence avec les fonds existants et avec ceux des bibliothèques ap­partenant au même ensemble ou à la même spécia­lité. D’une manière générale, chaque bibliothèque doit élaborer et publier la politique de développement de ses collections et de ses services en concertation avec les bibliothèques proches ou apparentées.

Si stabilivano per legge i principi da sempre alla base della professione bibliotecaria, ovverosia che le colle­zioni di una biblioteca debbano essere rappresentative dell’insieme delle conoscenze, delle correnti d’opinio­ni e della produzione editoriale, ciascuna secondo il proprio livello e specialità; corrispondere agli interessi di tutti i membri della comunità servita senza discri­minazioni e censure nel rispetto della legge e della costituzione; ed essere regolarmente rinnovate. È da notare che in alcune delle carte individuate questi prin­cipi di deontologia professionale vengono fatti risalire alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e alla tradizione illuminista francese più in generale. Tra gli interventi più recenti, e più citati nelle chartes, del legislatore nell’ambito universitario vi è inoltre la Loi n. 2007-1199 du 10 août 2007 relative aux libertés et responsabilités des universités, che ha introdotto l’autonomia nelle università francesi.

Ma insieme ai principi nella carta delle biblioteche so­pramenzionata si stabiliva che qualsiasi biblioteca do­vesse elaborare e rendere pubbliche, tramite la predi­sposizione degli opportuni strumenti tecnici, le politiche per lo sviluppo delle proprie collezioni e dei servizi documentari in cooperazione con altre biblioteche a livello territoriale o sulla base di specifici accordi. Lo stesso articolo raccomandava infine che le collezioni delle biblioteche universitarie rispondessero sia ai biso­gni legati alla didattica sia a quelli specifici della ricerca del proprio ateneo; in coerenza con i fondi esistenti e coordinandosi con quelli delle biblioteche appartenenti allo stesso “ensemble” o della stessa specializzazione. Il cambio terminologico appena esemplificato evoca la diversa declinazione delle charte documentaire, nel suo significato specifico e nella sua estensione. E, senza apparire paradossale, è proprio in tale esten­sione che si possono identificare alcuni dei pericoli evocati in apertura: «più la politica documentaria si rivela complessa più questi strumenti inseguono que­sta complessità moltiplicandosi ma finendo poi per perdere la dimensione relazionale tra popolazione e collezione». D’altronde non si ignora come l’utilizzo dei termini “politiche documentarie” e non più, o non soltanto, di “politiche per lo sviluppo” o la “gestione delle collezioni”, dia conto o prenda atto, come già consolidato nella letteratura scientifica, della profonda trasformazione avvenuta nelle raccolte delle bibliote­che. Le tipologie di risorse, che già esse comprende­vano, varie e diversificate per natura e supporto, implicavano non semplicemente la loro acquisizione ma richiedevano anche la messa a punto di modalità di gestione e servizi diversi da quelli tradizionali, sia per la loro fruizione sia per la mera conservazione. Nella Charte des collections delle biblioteche dell’Université de Versailles Saint Quentin-en-Yvelines ad esempio viene esplicitamente indicato in premessa questo nuo­vo quadro di riferimento e l’impatto epocale che ha avuto proprio nelle politiche di sviluppo delle raccolte.

Il preambolo è tanto semplice quanto efficace e merita di essere letto per esteso:

Figura 3 Université de Versailles Saint Quentin-en-Yvelines, Bibliothèque des sciences

Le développement des acquisitions de documents électroniques […] a bouleversé profondément et dura­blement le paysage documentaire de l’enseignement supérieur et de la recherche. La répartition budgétaire traditionnelle entre enseignement et recherche en a été souvent déséquilibrée. Les bibliothèques univer­sitaires se doivent donc de formaliser et mieux expli­quer leur politique d’acquisition et de conservation. Dans le contexte marqué par le développement et l’inflation de l’offre documentaire sous forme élec­tronique, les services documentaires doivent encore plus qu’autrefois organiser les moyens de rendre ac­cessible cette documentation depuis tous les points des campus out en préservant des lieux de travail et de formation pour l’ensemble des étudiants. Dualité parfois difficile à tenir quand il faut arbitrer budgétai­rement les choix documentaires. Cette inflation de l’offre exige des moyens conséquents, et renforce encore les besoins en médiation.

In molti casi non viene però menzionata l’invasività bulimica delle risorse digitali, ed è raro che a esse possa essere riservata una sezione individuata del documen­to: si pensi ad esempio alla carta dell’Université Paris 8, che prevede uno specifico paragrafo, oppure alla carta della Bibliothèque universitaire Pierre et Marie Curie, con una brevissima sezione dedicata alla do­cumentazione elettronica, o anche a quella dell’Université Bordeaux Segalen, che dedica un esiguo para­grafo alla sola problematica dell’accessibilità di queste risorse. Il preambolo sopracitato appare ancor più rimarchevole, sia perché ripropone in termini nuovi il ruolo di questo strumento tecnico sia perché rafforza il ruolo di mediatore dell’informazione dei biblioteca­ri. Ciò viene affermato anche nella carta di Tours, che inserisce a pieno titolo le biblioteche nel processo pedagogico, non come semplici servizi o supporti, bensì quali coattori e parla di environnement pedagogique.

Sebbene le biblioteche delle università abbiano sem­pre avuto nella propria mission anche il supporto alla didattica, in questi casi la politica documentaria non appare più soltanto uno strumento per l’attuazione di questo scopo e diventa essa stessa parte del pro­cesso, ovvero non più solo strumento interno tecnico agli uffici acquisizioni. Per la caratterizzazione dei documenti ne consegue un’accentuazione della natura comunicativa. Forse estremo ma di efficace esemplifi­cazione è il caso dell’Université de la Nouvelle-Calédo­nie, la cui carta delle collezioni diventa molto simile fino quasi a fondersi con quella dei servizi, o comunque a costituire due parti strettamente complementari da far confluire in un unico documento regolamentare della biblioteca universitaria, insieme alle carte dei servizi. Se non si può parlare di una “deriva tecnicista”, come quella paventata da Calenge, è tuttavia da osservare la perdita di un univoco significato anche degli strumenti della professione, e forse anche una perdita di iden­tità, alla quale si tenta di riparare con lo sfumare dei contorni, degli scopi, della natura di questi documen­ti: paiono divenuti tanto generali e “comunicativi” da smarrire connotazione e utilizzabilità tecnici. Insomma, strumenti meno tecnici ma più visibili e spendibili nel proprio contesto istituzionale e sui relativi siti, anche rispetto allo strumento principe delle biblioteche, il ca­talogo, ormai camuffato e assorbito all’interno di stru­menti per la navigazione più sofisticati ma anche più opachi nei contenuti, nella gestione e nelle funzionalità (oltreché sempre meno dominio dei professionisti delle single biblioteche o degli stessi sistemi bibliotecari).

Figura 4 Université Bordeaux Segalen, Bibliothèque universitaire des Sciences de l’homme

Lo sviluppo documentario e la gestione cooperativa in favore della ricerca e dell’insegnamento universitario

Per tornare a un’analisi più formale delle carte delle bi­blioteche universitarie prese in esame si impone come tutte si occupino non solo di politiche per gli acquisti ma dei numerosi aspetti della gestione: dalla conser­vazione alle politiche per il loro utilizzo, fino a include­re in questi qualsiasi momento e aspetto del flusso di gestione dell’informazione, dalla formazione degli studenti all’information literacy, ai flussi documentari che riguardano anche le altre istituzioni universitarie, come i centri linguistici. Una conferma indiretta del diverso livello in cui è concepito questo strumento ri­spetto ad altri documenti strettamente tecnici, come il piano di sviluppo o i protocolli di selezione, viene dalla constatazione che in vari casi si rimanda a essi senza pubblicarli perché troppo specifici e applicativi, come ad esempio nelle università di Lille 2, di Bordeaux Segalen e di Poitiers. In questo senso, si può ritenere abbia anche trovato applicazione in patria l’insegna­mento di Calenge, quando proponeva di distinguere formalmente – e implicitamente anche a livello dei de­stinatari – la carta delle collezioni da altri documenti attraverso i quali una biblioteca deve formalizzare le proprie politiche documentarie.

Fra le carte esaminate colpisce anche una certa varietà nella lunghezza e nel livello di approfondimento degli argomenti. A fronte di una macroscopica tendenza alla standardizzazione del formato di documento unitario, per un verso vi sono documenti molto esigui, quasi manifesti nati contestualmente al web istituzionale, per l’altro si impongono almeno due esempi molto corposi, quelli delle carte della Université de Poitiers e della Uni­versité Francois Rabelais di Tours. Si rileva, inoltre, che solo poche di queste carte offrano nella parte in­troduttiva – e solo sporadicamente in altre sezioni – dei riferimenti agli utenti o a studi specifici su di essi, con­fermando la tendenza a una certa autoreferenzialità. Un ulteriore tratto tra i più salienti e diffusi che merita di essere rimarcato è la centralità generalmente ricono­sciuta alla cooperazione, vuoi a livello dei singoli atenei, come già detto, vuoi a livello territoriale e su scala na­zionale. Ciò non sorprende in un paese dove è sem­pre stata sentita la necessità di favorire direttamente da parte dell’amministrazione centrale una politica di sviluppo delle collezioni delle biblioteche che servisse a ricomporre, al fine ineluttabilmente a livello nazionale, il mosaico delle molteplici collezioni. In ambito universita­rio e scientifico tale esigenza è particolarmente sentita, ed evidenziata, con l’ambizione di arrivare a un’organiz­zazione capace di attuare una politica di sviluppo docu­mentario unitaria e di estensione statale. Uno dei primi strumenti di cui la Francia si è dotata per raggiungere questo obiettivo e che attribuisce alle biblioteche delle università e di altre istituzioni nazionali un ruolo decisivo e strategico per lo sviluppo della ricerca, è stato il Centre d’acquisition et de diffusion de l’information scientifique et technique (Cadist). Il servizio nacque nel 1980, subito gestito in un’ottica cooperativa affinché ogni biblioteca delle venti partecipanti (divenute poi venticinque) acquisisse e fornisse documentazione relativa a uno specifico settore di ricerca di ambito di­sciplinare e a livello nazionale e con finanziamenti mi­nisteriali dedicati. Fra i settanta sistemi bibliotecari di ateneo ne fanno parte diciassette, mentre tra quelli considerati nell’indagine si segnalano il SCD dell’Université Paris-Est Marne-la-Vallée e la Bibliothéque inte­runiversitaire Pierre et Marie Curie. Contestualmente, sempre a livello nazionale e più strettamente universi­tario si è tentato di favorire la comunicazione di queste risorse attraverso la costituzione del catalogo nazionale del Système universitaire de documentation (Sudoc), del quale tutti gli SCD considerati dicono di far parte.

Alla luce dei più recenti cam­biamenti normativi che hanno investito il mondo universita­rio francese con l’introduzione dell’autonomia, resta da capire come si evolveranno gli strumenti messi in atto negli ultimi trent’anni dal MES per favorire la coopera­zione nello sviluppo delle collezioni delle biblioteche universitarie sia a livello istituzionale sia a livello nazionale, anche in ragione della probabile, ma ancora non chiara, ridefinizione del ruolo dei SCD nel nuovo contesto. Anche da questa breve rassegna emerge chiaramente come, da una parte, nel mondo della biblioteche universitarie sia ormai consolidato uno sviluppo delle collezioni basato su politiche esplicitamente formalizzate, non tanto quale attività istitutiva alla natura degli istituti bibliotecari quanto quale servizio qualificante per gli utenti; dall’altra, siano i SCD gli organi competenti per tale definizione e formulazione sin dalla loro costituzio­ne, rivestendo anche un ruolo centrale all’interno di un concreto piano nazionale di crescita delle risorse per la ricerca e il sapere scientifico e tecnologico.

Resta da considerare l’ultima delle illusioni cui fa riferi­mento Calenge, “l’illusione tecnologica”. Il considerare gli strumenti come il solo esito della politica documentaria è un avvertimento a non cadere nell’equivoco di pensare che la diffusione di certi strumenti, ma anche la ricchezza del dibattito sia in ambito professionale sia degli studi, corrisponda a una reale diffusione e al con­solidamento di politiche documentarie vere e proprie. Di per sé il solo fatto che siano state elaborate le carte per oltre un terzo delle università francesi non significa che esista davvero nelle biblioteche universitarie fran­cesi una politica documentaria, che è valutabile solo nella sua attuazione e pratica che, evidentemente, non sono apprezzabili attraverso questo tipo di indagine che si sta conducendo e della quale si elaborano i primi risultati. Infatti bisogna innanzitutto stabilire cosa si intende per politiche documentarie, che non necessa­riamente sono da identificarsi con un solo significato. La politica documentaria (analizzata da una ricerca) è quella costituita non tanto dall’insieme degli strumenti prodotti quanto dal processo complesso e collettivo di presa di coscienza della biblioteca come costrutto­re e trasmettitore di conoscenze, di sapere al servizio di politiche pubbliche, processo messo in atto tramite una autovalutazione specifica e permanente. In questa prospettiva gli strumenti generali come le carte delle collezioni non appaiono altro che prodotti variabili e in evoluzione, esempi e riflesso di processi complessi e profondi: certamente poco descrittivi e rappresentativi della vita e della vitalità del singolo istituto – e del suo inserimento in relazione con altri – ma certo tali che in loro assenza gli strumenti perderebbero ogni senso e pertinenza.

Ciononostante, alla luce dei dati raccolti risulta eviden­te come la funzione prevalente di queste carte sia di­venuta quella di strumento di comunicazione per tutte le fasi e i processi della gestione delle collezioni, fino quasi ad assorbire nei suoi termini più generali tutte le attività della biblioteca, se non la biblioteca stessa. Qualcosa di simile a quanto auspicato da Vickery che riteneva che «written policies are essentially theoretical documents rather than practical guides for selecting individual items»; e che esse non potessero offrire li­nee guida così dettagliate da poter essere usate come strumenti immediatamente operativi per la selezione a meno di non diventare troppo dettagliate e troppo tecniche e non costituire più un chiaro strumento di comunicazione esterna perché espresse in un lin­guaggio incomprensibile agli esterni. Lo scopo principale di questi documenti sembrerebbe infine ridotto al far capire e comunicare le politiche per le collezioni delle biblioteche, se non l’intera complessità della bi­blioteca, attraverso «a broad statements of purpose and a flexible, continually revised description of the library’s aims. […] a guide to information on all rele­vant sources of knowledge including catalogues and internet itself».

Figura 5 Université de Poitiers, Bibliothèque universitaire de droit, économie et gestion
Figura 6 Bibliothéque interuniversitaire Pierre et Marie Curie

Appendice. Elenco delle carte delle collezioni consultate e citate

  1. Université de Picardie Jules Verne, Charte documentai­re du Service commun de la documentation, 9 janvier 2006, <http://www.bu.u-picardie.fr/BU/wp-content/uploads/PDF/CharteDocumentaire.pdf>;
  2. Université Lumiere Lyon 2, Charte documentaire du Service commun de la documentation, 8 novembre 2007, <http://www.univ-lyon2.fr/medias/fichier/charte_documentaire_scd_lyon_2_1260970393605.pdf>;
  3. Université François-Rabelais de Tours, Charte docu­mentaire du Service commun de la documentation, juin 2010, <http://www.univ-tours.fr/medias/fichier/charte-documentaire-scd-2010_1322133310251. pdf?INLINE=FALSE>;
  4. Université Paris-Est Marne-la-Vallée, Charte docu­mentaire du Service commun de la documentation, octobre 2007, <http://issuu.com/mariepayet/docs/charte_documentaire_du_scd-web-2>;
  5. Université Bordeaux 1, Charte documentaire du Service commun de la documentation, <http://www.u-bordeaux1.fr/fileadmin/images-PDF/DOCUMENTATION/claire-lise/Chartedoc_adoptee_Conseil_ SCD_2_7_2008.pdf>;
  6. Université Paris 8, Charte pour le développement des collections au Service commun de documentation, 2005, <http://www.bu.univ-paris8.fr/sites/default/files/ChartePolDoc.pdf>;
  7. Clermont Université, Charte documentaire de la Bi­bliothèque Clermont-Université, 21 mars 2013, <http://bibliotheque.clermont-universite.fr/sites/files/ portail/documents/Charte%20documentaire%20ver- sion%20votée%20le%2021%20III.pdf>;
  8. Université Bordeaux Segalen, Charte documentaire, <http://www.univ-bordeauxsegalen.fr/fr/documentation/les-bibliotheques.html>;
  9. Université de Reims, Charte de politique documentai­re du SCD, <http://www.univ-reims.fr/site/bibliotheques/les-bibliotheques/gallery_files/site/1/1697/2011 9/20141/20146/20181.pdf>;
  10. Université du Littoral Côte d’Opale, Charte docu­mentaire de la Bibliothèque, <http://www-bulco.univ- littoral.fr/userfiles/Ulco%20-%20Charte%20documentaire%202006.pdf>;
  11. Université Lille 2 Droit et Santé, Charte documentai­re du Service commun de la documentation, <http:// poldoc.enssib.fr/sites/poldoc.enssib.fr/files/poldoc/importes/version%20definitive%20Charte%20 lille%202%20v%204.pdf>;
  12. Université de Bretagne Occidentale, Charte docu­mentaire, <http://poldoc.enssib.fr/sites/poldoc.ens- sib.fr/files/poldoc/importes/UBO-2009.pdf>;
  13. Bibliothèque universitaire Pierre et Marie Curie, Char­te documentaire, <http://bupmc.ent.upmc.fr/modules/resources/download/bupmc/docs-bu/1_A_propos_BUPMC/poldoc/charte_poldoc_bupmc.pdf>;
  14. Université de Nîmes, Charte des collections de la bi­bliothèque, <https://www.unimes.fr/_resources/biblio- theque/bu/ChartePolDocNimes_corrigeeV20160321.pdf?download=true.pdf?download=true>;
  15. Université de LA Rochelle, Charte documentaire de la Bibliothèque de l’Université de La Rochelle, 2003, <http://www.univ-larochelle.fr/IMG/pdf/bu-9_charte_documentaire.pdf>;
  16. Université de Poitiers, Charte des collection du Ser­vice commun de la documentation, novembre 2011, <http://cataloguescd.univ-poitiers.fr/masc/integration/EXPLOITATION/statique/documents/charte_collections_mars_2012.pdf>;
  17. Université de la Nouvelle-Calédonie, Règlement de la Bibliothèque (Politique documentaire et services au public), <http://portail-documentaire.univ-nc.nc/files/public/bu/Reglement_BU_UNC_2013.pdf>;
  18. Université de technologie Belfort Montbeliard, Charte documentaire du Service commun de la documenta­tion,      <https://bibliotheque.utt.fr/EXPLOITATION/basicfilesdownload.ashx?repositoryId=1&itemId=2193>;
  19. Université de Versailles Saint-Quentin-en-Yvelines (UVSQ), Charte des collections du Service commun de la documentation, <http://www.dbist.uvsq.fr/pdf/Charte_collections.pdf>;
  20. Université d’Artois, Charte documentaire du Ser­vice commun de documentation, 20 novembre 2009, <http://portail-bu.univ-artois.fr/medias/medias.aspx?INSTANCE=EXPLOITATION&PORTAL_ ID=bibliotheques_charte_documentaire.xml>;
  21. Universitè du Havre, Charte documentaire, 22 sep­tembre 2009, <https://bu.univ-lehavre.fr/services/en- savoir/article/la-politique-documentaire>;
  22. Universités Paris 1 Panthéon-Sorbonne - Paris 2 Panthéon-Assas - Sorbonne Nouvelle-Paris 3 - Paris Sor­bonne-Paris 4, Charte documentaire de la bibliothèque Sainte-Barbe, <http://www.bsb.univ-paris3.fr/connaitre-sainte-barbe/charte-documentaire-bsb>;
  23. Science PO, Charte documentaire de la Bibliotheque, février 2016, <https://www.sciencespo.fr/bibliotheque/sites/sciencespo.fr.bibliotheque/files/pdfs/charte-documentaire.pdf>;
  24. Bibliothèque universitaire des langues et civilisations, Charte documentaire, <www.bulac.fr/fileadmin/fichiers/direction/jpro2012/.../charte-documentaire-bulac.pdf>;
  25. Université Paris 12, Charte documentaire, mars 2008, <http://bibliotheque.u-pec.fr/servlet/com.univ.collaboratif.utils.LectureFichiergw?ID_FiCHIER= 1259768695916>;
  26. Université Paris-Sud, Charte documentaire, <http://www.bibliotheques.u-psud.fr/resources/nous_con- naitre/charte%2520documentaire%2520bu%2520up sud.pdf?download=true>.