N.2 2017 - Biblioteche in Europa, Biblioteche d’Europa

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La biblioteca come luogo terzo: con un contributo sugli Idea Store londinesi

Nicola Cavalli

Università degli studi di Milano-Bicocca; nicola.cavalli@unimib.it

Kate Pitman

Idea Store; kate.pitman@towerhamlets.gov.uk

Judith Saint John

Idea Store; judith.stjohn@towerhamlets.gov.uk

La prima parte del contributo è opera di Nicola Cavalli; la seconda è la traduzione di Kate Pitman - Judith Saint John, Faire les choses à la manière des Idea Stores, in Bibliothèques troisième lieu, dirigée par Amandine Jacquet, Paris, Association des bibliothécaires français, 20172, p. 137-146. La traduzione dal francese è a cura di Cristina Zappalà. Si ringrazia la casa editrice Ledizioni, detentrice dei diritti di pubblicazione dell’edizione italiana, per aver fornito la traduzione.

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 30 novembre 2017.

Abstract

La teorizzazione del “luogo terzo” proposta da Ray Oldenbourg viene applicata alle biblioteche da più di un decennio e diverse realizzazioni concrete sono state portate avanti. L’articolo, nella sua prima parte, analizza in dettaglio il concetto, illustrando poi il caso degli Idea Store londinesi nella seconda.

English abstract

Ray Oldenbourg’s theorization of “third space” is being applied to libraries since more than a decade, and several realizations have been carried out. In the first part this article looks deeper at the concept, and in the second the case study of Idea Stores in London, probably the first and most famous, to the world of libraries, is described.

Il concetto di luogo terzo applicato alle biblioteche

Di Nicola Cavalli

L’utilizzo del concetto di “luogo terzo” nell’ambito della riflessione intorno al ruolo delle biblioteche nella so­cietà contemporanea non è nuovo e vanta già diverse elaborazioni, di cui le più note sono relative al caso inglese degli Idea Store che verrà trattato più diffusa­mente di seguito, al caso nord-europeo esemplificato dalla nuova biblioteca di Aarhus Dook1, e da diversi esempi francesi, trattati nel volume Bibliotheques troisieme lieu da cui lo stesso contributo sugli Idea Store è tratto. D’altronde era necessario iniziare a interrogarsi su come dovrebbe mutare il ruolo delle biblioteche a fronte dei processi di digitalizzazione dell’informazione e al potenziamento delle possibilità di interazione via internet e web fra utenti e per accedere a fonti infor­mative. Alcuni commentatori, ma anche alcuni amministratori, pensano, un po’ frettolosamente, che sem­plicemente le biblioteche non abbiano più ragione di esistere: c’è Google (o anche: “Ci sono le librerie!”). Se si vuole cercare di approfondire la questione, forse la domanda da porsi è più “quale ruolo possono avere le biblioteche nel mondo dell’informazione digitale tra­smessa via internet?” o anche, ancora meglio, “quale ruolo possono avere le biblioteche fisiche, le bibliote­che in quanto luoghi fisici in questo mutato panora­ma di trasmissione, condivisione e apprendimento del sapere e della conoscenza?”. Di fatto uno studente universitario potrebbe laurearsi utilizzando i servizi bi­bliotecari, senza però mai recarsi fisicamente in biblio­teca. Anche gli utenti delle biblioteche pubbliche, gra­zie ai servizi di biblioteca digitale, utilizzano il servizio di prestito senza recarsi fisicamente in biblioteca. Ma ci sono diversi esempi, principalmente appunto in ambito nord-europeo e anglosassone (ma non esclusivamen­te) dove le biblioteche come luogo fisico riscuotono molto successo. In questo senso l’Italia è al passo con la riflessione, anche se forse gli investimenti maggiori favoriscono i paesi nord-europei per quanto riguarda le realizzazioni. Questo loro successo, comunque, dipende proprio dal loro aspetto “materiale” e dalla vita reale, “concreta”, che le anima. Sono biblioteche come le altre? Sì e no. Sì ovviamente, perché sono effettivamente biblioteche (collezioni, trasmissione di conoscenza e di sapere); e no, perché vanno oltre, ov­vero mutano verso un modello di servizio che integra altre funzionalità e altre funzioni, concentrandosi sulla loro essenza di luogo di vita e apprendimento, sociale e culturale. Nel corso di questo contributo cercherò di evidenziare quali siano gli elementi fondamentali per pensare la biblioteca come luogo terzo: un luogo e un ruolo quanto mai necessario, ora che le nostre vite e le nostre interazioni avvengono sempre più attraverso la rete, senza più scambi in presenza, faccia a faccia e con interazioni fisiche. Ma tanto più necessario dato che il servizio di approvvigionamento informativo viene svolto in modo più efficace ed efficiente grazie all’utilizzo della rete e delle biblioteche digitali.

Il fondamento della biblioteca luogo terzo è quindi la necessità del legame con gli altri, la coesione sociale, l’inclusione, la missione cittadina, il vivere, il produrre e il progettare insieme, grazie alle maggiori possibili­tà che si hanno di assolvere alle missioni tradizionali e sempre attuali della biblioteca: la messa a dispo­sizione delle collezioni, la trasmissione dei contenuti culturali, la diffusione dei saperi e delle conoscenze, dell’informazione. Tuttavia, il modello della biblioteca luogo terzo ci invita ad adottare una visione più ampia e a collegarli alle nostre nuove e mutate vite.

La biblioteca come luogo terzo

Una biblioteca non può essere pensata fuori dal contesto sociale nella quale s’inscrive. Ray Oldenburg, professore emerito di sociologia urbana, ha concepito all’inizio degli anni Ottanta la nozione di “luogo terzo” perché sentiva, esaminando il contesto urbano ameri­cano dell’epoca, la necessità di concettualizzare uno spazio propizio allo sbocciare di una vita comunitaria informale, sullo stampo del luogo primo, la sfera ca­salinga, e del luogo secondo, l’ambiente lavorativo. Di fronte allo sviluppo di zone urbane tentacolari prive di veri epicentri, l’organizzazione della vita quotidiana era sempre più retta dall’uso dell’automobile con la con­seguente disgregazione del legame sociale. Robert Putnam lo ha documentato in modo formidabile.

Ma andiamo ad analizzare più in dettaglio quali sono le caratteristiche di un luogo terzo, così come l’ha te­orizzato Oldenbourg.

Il “primo luogo” è la casa dove si vive, composta dal luogo e dalle persone con cui si convive, il “secondo luogo” è il posto di lavoro, composto anche in questo caso dal luogo fisico e dalle persone. Il luogo terzo non è invece definito strettamente in base alla funzio­ne che svolge, se non quella, più indefinita rispetto a casa e lavoro, di poter essere appunto, luogo collante della società e acceleratore di creatività e creazione di conoscenza.

Un luogo terzo, per permettere alla creatività e ai pro­cessi di progettazione e creazione di sapere e cono­scenza di trovare un terreno fertile su cui svilupparsi dovrebbe essere:

Gratuito o poco costoso

L’accesso al luogo terzo deve essere gratuito o in al­ternativa talmente economico da non costituire un investimento significativo per chi vuole accedervi. Que­sta condizione permette ai fruitori del luogo terzo di farlo senza ansia e necessità di “sfruttare” il luogo per giustificare il pagamento ed è quindi un prerequisito perché la frequentazione sia piacevole e foriera di uno scambio e di rapporti proficui fra i frequentatori.

Disponibilità di cibo e bevande

Perché il luogo sia percepito come ospitale, la disponi­bilità di cibo e bevande può essere un aiuto. Potenzial­mente gratuiti o con un costo limitato aiutano la convivialità, ma anche nel caso della presenza di una caffetteria, bar, ristorante a pagamento, la possibilità che si crei una situazione di confronto rilassata aumenta.

Facilmente accessibile dalla propria comunità di riferimento

È utile che il luogo sia facile da raggiungere, sempre nell’ottica di permettere una partecipazione quanto più possibile libera da vincoli, costrizioni e cause di tensio­ne, condizioni che permettono ai frequentatori di essere predisposti ad uno scambio che possa essere proficuo.

Accogliente e comodo

Il luogo deve essere comodo e accogliente, sempre nell’ottica di permettere ai frequentatori di sentirsi a proprio agio.

Terreno neutrale, senza obbligazioni

Un luogo terzo deve essere frequentato senza che ci siano obbligazioni per farlo, solo in questo modo i frequentatori potranno mettere in atto dei processi di scambio comunicativo che favoriscano l’individuazio­ne di soluzioni creative.

Livellatore

I frequentatori del luogo terzo devono essere conside­rati esclusivamente come tali. Le differenze di status sociale, di competenze, di ruolo non devono essere percepite come importanti in questo contesto. Questo permette all’interazione di essere più libera e quindi potenzialmente più utile per tutti i partecipanti, crean­do i presupposti anche per soluzioni eterodosse.

La conversazione è l’attività principale

L’attività principale di un luogo terzo è la conversazio­ne faccia a faccia, o almeno, nel nostro caso delle at­tività bibliotecarie, vi sono aree dove la conversazione in presenza è non solo permessa, ma incoraggiata.

Presenza di habitué

Perché si crei un clima favorevole è importante che vi siano degli habitué, degli “anziani” che permettono a nuovi frequentatori di essere introdotti e di conoscere le regole del luogo senza sforzo.

Il luogo terzo deve essere, insomma, una “casa fuori casa”, in cui vi siano tutti i confort tipici della casa, ma in cui non vi siano (necessariamente) le stesse per­sone e, possibilmente, vi siano anche alcune facility che a casa possono non esserci (la caffetteria, la pos­sibilità di accedere a risorse informative cartacee ed elettroniche).

La biblioteca oggi può costituire un luogo terzo per eccellenza, uno dei rari spazi gratuiti a misura di una collettività, accanto ai parchi o ad alcuni spazi naturali, ma molto più adatto di questi ad una relazione intellet­tuale basata sulla conversazione, che permette ai pro­cessi creativi di esplicarsi. Se Oldenburg vedeva nel bar, e soprattutto nel bistrot parigino, la matrice ideale del luogo terzo come discendente dell’agorà greca, ne aveva una visione idealizzata e anacronistica che oggi non ha più significato. I bar delle grandi metro­poli, ma anche i teatri e gli spazi per eventi, tendono ad accogliere un pubblico omogeneo, con interessi specializzati e focalizzati sul singolo evento: sono dei luoghi che non possono favorire a pieno uno scambio conversazionale libero e con partecipanti eterogenei, grazie a cui possono nascere percorsi creativi.

Alistair Black, professore inglese di scienze dell’in­formazione e storico delle biblioteche, ha mostrato il perfetto adeguamento tra la biblioteca e l’essenza del luogo terzo a partire dalla sua origine: sono in effetti terreni “neutri”, accessibili, aperti a tutti, dove chiun­que è il benvenuto. I gradi di apertura possono essere in realtà molto variabili e ci possono quindi essere biblioteche “luogo terzo” e biblioteche che invece non lo sono minimamente. Se progettata seguendo i dettami elencati precedentemente, la “biblioteca sociale” può rivolgersi ad un pubblico diverso e divenire interessan­te anche per quella maggioranza (o almeno una parte) di nostri connazionali che non ne hanno mai frequen­tata una. La biblioteca luogo terzo deve avere come obiettivo una mescolanza sociale e culturale, in tutti i tipi di contesto.

Gli esempi sono diffusi in tutta Europa, ma possiamo forse identificare gli Idea Store londinesi come i primi esempi di questa nuova concezione della biblioteca. La prima realizzazione è infatti ormai di quindici anni fa, nel 2002. Nel contributo che segue, firmato dalle attuali responsabili dell’iniziativa, descrive cosa pensa­no gli utenti di questi luoghi e come cambia anche la formazione del personale, per operare in un contesto che si è evoluto e che va evolvendo rapidamente.

Fare le cose “alla Idea Store”

Valutare la biblioteca: un’inchiesta britannica

di Kate Pitman - Judith Saint John

Nel Regno Unito (Inghilterra e Galles) viene condotta ogni anno un’inchiesta nazionale, la CIPFA Public Li­brary User Survey (PLUS), in tutte le biblioteche. Vie­ne chiesto agli utenti di valutare la propria biblioteca secondo una lista normalizzata di criteri: «Che ne pen­sa della scelta delle opere?», «Che ne pensa degli orari di apertura?» ecc. Poi arriva la questione della motivazione. Viene chiesto se vi si sono recati per prendere in prestito un libro o per utilizzare il computer, e in quale misura la biblioteca è stata soddisfacente.

Le risposte, per quel che ci riguarda, nel complesso non sono inaspettate: la gente si reca negli Idea Store per prendere in prestito libri, connettersi a internet (44% delle risposte) e studiare in loco. Alcuni hanno fatto richiesta di aiuto per la ricerca di impiego o per la gestione finanziaria, oppure cercano risposte a que­stioni legate al consumo. In modo meno deciso, un terzo delle persone interrogate dice di recarsi negli Idea Store per incontrare gente; un altro terzo ritiene che la cosa contribuisca alla sua salute e al suo benessere.

L’aspetto decisamente più rivelante dell’inchiesta risie­de nella sezione dei commenti liberi. Come dimostra il campione seguente, le persone interrogate redigono un ritratto degli Idea Store come di luogo terzo, come di spazio comunitario che non costituisce né luogo di lavoro né domicilio, un posto in cui si sceglie di trascorrere del tempo.

Gli Idea Store visti dai loro utenti

Ecco quello che dicono:

«Adoro venire qui per bere un tè e incontrare degli amici, perché vivo da sola e apprezzo le persone che frequentano questo posto».

«La biblioteca fa un buon lavoro per integrare le per­sone e spingere la popolazione locale a uscire di casa per ricercare uno scambio con gli altri».

«Sono contenta che in questo quartiere, dove vivono persone di origini molto diverse, ci sia questa biblio­teca. Ci aiuta a incontrarci al di là delle differenze di religione. Il personale deve continuare a rivolgersi indi­vidualmente a tutti gli utenti».

«È un posto meraviglioso. Un paradiso».

«Sono venuta in questa biblioteca quando sono arri­vata a Londra, a 22 anni, dopo la guerra. Poi ci sono venuta quasi tutte le settimane. Adesso ho bisogno di libri scritti in caratteri grandi».

«Io e il mio bambino adoriamo la biblioteca dei piccoli. È fantastico che i bambini possano girovagare, scopri­re libri nuovi e incontrare altri bambini».

«La biblioteca è un luogo di vita importante per la col­lettività».

«È un posto dove ci si può rilassare».

«Ho assistito a una serata ricreativa e l’ho trovata mol­to divertente e molto piacevole. Ci si ritrovava con del­le persone della collettività di tutte le età e di tutti gli ambienti».

«Apprezzo il gruppo di lettura e l’aspetto collettivo».

«Mi sento proprio a mio agio in questa biblioteca, è un posto molto multiculturale».

«Vengo qui tutte le sere uscendo dal lavoro per colle­garmi a internet e rilassarmi».

«La biblioteca è completamente integrata nello spazio collettivo, e le persone a cui ne ho parlato l’hanno ap­prezzata molto».

«L’Ora del racconto è straordinaria! Veniamo tutti i sa­bati con la nostra bambina di un anno, ed è sempre favoloso! È un'animazione geniale per le famiglie gio­vani. Per favore, continuate a proporla. Andiamo an­che alla lezione di nuoto dell’Idea Store tutti i martedì. È bellissima anche quella!».

«Cresco da solo la mia piccolina di sedici mesi, che ha dei problemi di salute e che soffre di un ritardo dello sviluppo. Trovo che le sessioni di canzoni e di storie 

tutte le mattine la aiutino molto a socia­lizzare, in particolare nell’ora dei papà del sabato mattina».

«Qui mi sento a casa mia. È molto im­portante per me e per molta altra gente poter entrare anche solo per rilassarsi». «Adoro davvero la biblioteca, è un buon posto per trovarsi tra amici. Ci sono mol­te attività per la collettività».

«Adoro il bar sul terrazzo, è ideale per stare in tranquillità ed evadere grazie al panorama, soprattutto nelle giornate in cui fa bello. L’ho apprezzato in particolar modo in occasione di una lunga malat­tia».

«Questa biblioteca mi ha aiutato quando soffrivo di depressione. Grazie a lei sono uscito di casa e sono venuto a prendere in prestito dei libri e a incontrare altra gente».

«Lavoro qui vicino, in una mensa scola­stica. Quando la giornata è finita mi pia­ce venire in biblioteca per leggere i giornali e le riviste, mi rilassa».

«Lavoro con persone che hanno problemi di appren­dimento. Il personale è molto attento ai loro bisogni».

«Vengo in biblioteca per l’Ora dorata. Le persone sono molto gentili, e così esco di casa».

«Trovo che l’Idea Store sia un posto fantastico; ci ven­go tutti i giorni per lavorare a maglia e trovarmi con le amiche».

«Il personale è adorabile, l’ambiente è piacevole, è un posto rinfrescante dove si possono incontrare perso­ne e fare amicizie, e leggere libri interessanti».

«Questa biblioteca è straordinaria. Ci vengo per lavo­rare, ma anche per rilassarmi o per sfuggire un po’ all’agitazione che c’è all’esterno. Il bar è geniale, la vista meravigliosa. È la biblioteca più riuscita che conosca. Lavoro nel sociale, e la biblioteca mi aiuta molto nelle relazioni con le persone di cui mi occupo, persone vulnerabili. Fa piacere vedere che si investe in risorse utili e che le persone le sfruttano appieno». «In generale, la biblioteca mi ha davvero aiutata molto, perché ho un alloggio precario. Mio figlio di un anno ha davvero sfruttato il fatto di poter giocare liberamente e in sicurezza. Ed è davvero d’aiuto potersi servire di compu­ter gratuitamente».

«Adoro questa biblioteca, è un posto fantastico. Il per­sonale è adorabile e sa creare un ambiente collettivo». «L’Ora dorata è molto bella e la bibliotecaria è molto competente».

«La squadra è molto accogliente e presta davvero ascolto, cosa che crea un ambiente molto gradevole». «Frequento questa biblioteca dal 1961, era fantastica all’epoca ed è fantastica anche oggi. La squadra sa farne un ambiente eccezionale. Adesso ci porto il mio nipotino, che ha tre anni, e l’adora. Veniamo sempre accolti bene».

«Gli Idea Store sono parte integrante di Tower Hamlets e a mio avviso è il migliore dei servizi pubblici finanziati dal comune».

«A Londra ho abitato un po’ dappertutto, e nessun’altra biblioteca si avvicina minimamente agli Idea Store. Mi hanno aiutato a integrarmi nella collettività. Io e mia figlia adoriamo andarci. Grazie».

«Sono molto riconoscente di poter assistere a tanti eventi culturali che elevano lo spirito. Dà un senso alla mia vita e mi arricchisce».

Figura 1 L’Idea Store di Watney Market, il più recente Idea Store di Tower Hamlets (Londra).
Figura 2 Adolescenti chiacchierano con anziani in occasione degli incontri intergenerazionali nell’Idea Store di Bow (Londra).

Idea Store e luogo terzo

Secondi i nostri utenti l’ambiente degli Idea Store ri­sponde a molti criteri che definiscono ciò che Ray Oldenburg ha chiamato il “luogo terzo”.

Gli Idea Store sono degli spazi di neutralità. Le per­sone vi si recano perché lo vogliono, non perché ob­bligate, e si sentono libere di andare e venire a loro discrezione senza che si facciano loro domande.

Gli Idea Store accolgono chiunque in modo egualitario e non accordano importanza allo status sociale degli individui né alla durata del soggiorno. Lo status eco­nomico o sociale non conta. Evitiamo di avere regole troppo severe o di esigere un’appartenenza esclusiva. Gli Idea Store sono aperti e accessibili. Offrono uno spazio collettivo libero e condiviso, dove le persone acquisiscono un sentimento di appartenenza a una collettività più ampia uscendo di casa. Gli Idea Store offrono delle possibilità di coinvolgimento attivo e di partecipazione ad attività diverse e libere, che creano un legame tra gli individui e i gruppi e che lottano con­tro l’alienazione propria della vita urbana.

Gli Idea Store incoraggiano l’inclusione sociale in uno spazio pubblico aperto e condiviso da tutta la collet­tività su base egualitaria. Si fondano su un’etica di apertura e integrazione: quindi sono aperti tutti i giorni della settimana per tutto l’anno, comprese le festività. Gli Idea Store sono una casa fuori da casa: «Qui mi sento a casa mia». L’ambiente è molto gradevole e le nostre esigenze di qualità estetica ne fanno un posto dove è bello trascorrere il tempo. Le persone spesso qui provano un sentimento di appartenenza e si identificano fortemente col luogo.

Gli Idea Store accolgono utenti abituali che vi si recano da anni, ma anche nuovi arrivati, e si applicano per aiutarli ad appropriarsi del luogo sentendosi benvenuti e presi in considerazione.

Gli Idea Store sono pilastri della vita collettiva e con­tribuiscono a un’interazione più ampia e più creativa.

Un’innovazione permanente

È la clientela abituale a determinare l’ambiente di un luogo terzo, e questa si caratterizza per uno spirito ludico, che contrasta con il coinvolgimento più serio che si ha in altri ambienti. Pur di una natura radical­mente diversa da casa propria, il luogo terzo asso­miglia molto a un domicilio armonioso nel senso che porta conforto psicologico e appoggio […] Sono nel cuore della vitalità sociale di una collettività, e contri­buiscono a radicare lo spirito democratico […]

Gli Idea Store sono riusciti a far evolvere i principi or­ganizzativi dello spazio nelle biblioteche adottando un approccio che lascia molta libertà agli utenti. Non abbiamo definito alcuna delimitazione che indichi che si è tenuti a stare in un certo posto o se si ha o meno il dirit­to di mangiare, bere o parlare. Quando gli esseri umani vengono trattati con rispetto, le regole sono inutili. Gli utenti si autoregolano. Scelgono per esempio di stare calmi in alcuni luoghi della biblioteca o di chiacchiera­re in altri. D’altronde i computer e l’accesso a internet sono elementi indispensabili per l’allestimento di una biblioteca luogo terzo. In una zona sfavorita come Tow­er Hamlets è il solo posto in cui molti possono avervi accesso, e così si risponde a necessità che in un ambiente diverso resterebbero insoddisfatte.

Prestiamo attenzione ad altri tipi di novità, e cerchiamo di far evolvere l’accoglienza nel senso di un ascolto più attento dei nostri utenti. Qualche anno fa abbiamo lavorato con le librerie di Waterstones per far evolvere radicalmente la nostra offerta di collezioni. Ci siamo ispirati ai loro sistemi per riorganizzare gli spazi pub­blici degli Idea Store, con zone di lettura equipaggiate di comodi divani ed espositori attraenti per le novità, bene in vista fin dall’entrata. Ugualmente importante, il personale ha dedicato del tempo ad apprendere come far evolvere il modo di “risistemare la scena” nel corso della giornata, rifornendo gli scaffali con titoli vari e in­teressanti per far venir voglia agli utenti di prendere in prestito i libri, di entrare nei nostri gruppi di lettura e di redigere presentazioni dei loro libri preferiti per dispor­le sui nostri scaffali.

Nel corso degli ultimi dodici anni abbiamo messo in atto un programma interno di formazione continua intitolato “Fare le cose alla Idea Store”. È incentrato sull’acquisizione di un insieme di competenze di base per accogliere il pubblico, basato sul concetto dell’intelligenza emotiva. È stato concepito per rispondere al bisogno di attualizzazione delle formazioni tradizionali dei bibliotecari, incentrandosi su cinque compe­tenze di base:

  • la gestione dell’informazione;
  • la ricerca approfondita di alto livello;
  • la flessibilità dell’ambiente e i partenariati;
  • il sostegno;

Abbiamo lavorato con Trilogy, una società di formazione permanen­te alla quale fanno appello alcune grosse società di distribuzione come Tesco, per formare un gruppo nato dal personale degli Idea Store, che ha trasmesso la sua formazione agli altri. Ciò ci ha permesso di integra­re la competenza in formazione del­la squadra e di aiutare il personale a lavorare in modo diverso, mettendo il cliente nel cuore dell’insieme del­le sue attività. Questo è l’elemento chiave per riuscire a diventare un “luogo terzo”.

Figura 3 Laboratorio fumetto nell’Idea Store di Watney Market

Le “tre E” della formazione degli impiegati

Lo spirito degli Idea Store sono le sue tre E: Empower (affermarsi), Enrich (arricchirsi), Engage (impegnarsi).

La formazione dei nostri impiegati è basata su questo concetto. Ciò ci permette di dare un senso ai nostri progetti, formalizzando ogni volta le tre E di ciascun progetto con loro.

Prestiamo un’attenzione particolare ai nostri impiegati, soprattutto in materia di ascolto e di formazione, affin­ché siano coinvolti nei progetti.

Formazione

Pensiamo che le competenze e le qualità relazionali (people skill) siano indispensabili per far sì che i clienti si sentano a casa loro. Bisogna avere un’intelligenza emotiva molto sviluppata per riuscirci. È per questo che tutti gli impiegati che vengono assunti per lavo­rare in un Idea Store devono seguire due settimane di formazione prima di lavorare a contatto col pubblico. Queste due settimane, chiamate “introduction” (intro­duzione, integrazione), permettono di iniziare i nuovi impiegati a tutto ciò che gli Idea Store fanno e al modo in cui lo fanno.

Convalida

Quando un impiegato viene reclutato come “Idea Sto­re coordinator”, ha a sua disposizione due anni per convalidare il suo percorso formativo. Questo percor­so è un programma in dieci moduli che tratta tutto ciò che bisogna fare con il pubblico e il modo in cui farlo. Alcuni moduli sono affidati a degli esperti, altri consi­stono in tempi accordati per condurre una riflessione sul mestiere e sulle sue pratiche, che sfociano in una produzione scritta.

Utilizziamo la nozione di “stili di apprendimento” per adattare il contenuto della formazione e per risponde­re alle diverse necessità del personale.

Gli stili di apprendimento

Lo stile di apprendimento è il modello naturale o abi­tuale che un individuo ha di acquisire e trattare l’infor­mazione nelle situazioni di apprendimento.

La scala Grasha-Reichmann. La scala degli stili di apprendimento Grasha-Reichmann è stata sviluppa­ta per analizzare le attitudini degli alunni e il modo in cui affrontano l’apprendimento. Secondo il concetto di Grasha-Reichmann, i diversi stili di apprendimento sono i seguenti:

  • intrasoggettivo;
  • intersoggettivo;
  • competitivo;
  • collaborativo;
  • dipendente;
  • indipendente.

Il modello VARK di Neil Fleming. Un’altra griglia di lettu­ra degli stili di apprendimento viene proposta dal mo­dello VARK di Neil Fleming: i diversi stili si declinano in:

  • visual: gli individui pensano per immagini e privile­giano i supporti visivi che rappresentano delle idee utilizzando metodi diversi dalle parole, come grafici, tabelle, diagrammi, simboli ecc.;
  • auditory: gli individui apprendono più facilmente tra­mite l’ascolto (conferenze, discussioni, registrazioni audio ecc.);
  • soprattutto verbal/linguistic: gli individui con questa peculiarità preferiscono le informazioni a parole e ap­prendono meglio quando possono leggere da soli;
  • kinaesthetic: gli individui cinestetici o tattili preferisco­no apprendere tramite l’esperienza mobile, il tatto e il fare (esplorazione attiva del mondo, coinvolgimento nei progetti, esperienze ecc.).

Quello che ci proponiamo di fare

Benché la nostra formazione si ispiri a pratiche forma­tive di catene nell’ambito della ristorazione e di grandi supermercati, non si tratta di creare molti esemplari di un bibliotecario tipo con l’aiuto di un modulo prede­finito (come si fa in alcune di queste catene). Voglia­mo, al contrario, degli individui che esprimano la loro personalità e le loro particolarità mettendole al servizio di progetti negli Idea Store. Vogliamo degli impiegati molto coinvolti!

Dall’apertura del primo Idea Store a Bow, nel 2002, abbiamo cercato di creare degli spazi accoglienti e di alta qualità per incitare i nostri clienti a sollecitarci e a esigere sempre di più. Oggi riceviamo 2,1 milioni di visite l’anno, quattro volte tanto dall’inizio dell’avven­tura, e l’Idea Store di Whitechapel è la biblioteca più attiva di Londra intra muros.

Per saperne di più

Judith Saint John, Un modèle urbain: les Idea Sto­res de Londres, captation vidéo de journée d’étu­de “Rencontres du troisième lieu: des bibliothèques qui bougent en Europe”, Béziers, 7 novembre 2013, <www.lr2l.fr/rencontres-du-3eme-lieu-des-bibliotheques-qui-bougent-en-europe.html>.

Sergio Dogliani, Les Idea Stores, «Bulletin des bi­bliothèques de France», 2008, n. 1, p. 69-72, <http://bbf.enssib.fr/consulter/bbf-2008-01-0069-013>.

Idea Store, in Enssib, Le Dictionnaire, 17 novembre 2014, <www.enssib.fr/le-dictionnaire/idea-store>.