N.2 2017 - Biblioteche in Europa, Biblioteche d’Europa

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Due disperse biblioteche d’autore tra Austria e Italia: indagine storico-biografica e spunti metodologici

Marco Brusa

Biblioteca di studi umanistici “Severino Boezio”, Università degli studi di Pavia; marco.brusa@unipv.it

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 6 novembre 2017.

Abstract

In un articolo del 2010 Gerard W. van Bussel si chiede quale destino abbia avuto la biblioteca privata del pomologo viennese Hugo M. Müller (1836-1929). Si è potuto ora accertare che Müller era zio materno dello storico e scrittore austriaco di origine italiana Egon Caesar Conte Corti (1886-1953) e che la sua biblioteca confluì – non sappiamo se interamente o in parte – nella biblioteca privata del nipote. Nel 1955 a seguito di legato testamentario una parte della biblioteca di Egon Corti giunse da Vienna all’Università di Pavia: si prospetta il compito di identificare i libri di Hugo M. Müller presenti all’Università di Pavia nel fondo Egon Corti. Al momento il lavoro può essere condotto soltanto sulle tracce di provenienza interne agli esemplari (note di possesso, dediche, note a margine, inserti) appoggiandosi alla conoscenza della biografia di Hugo M. Müller. La dispersione del fondo Egon Corti all’interno dell’Università di Pavia (e in parte all’esterno: sono attestati furto e vendita di alcuni volumi) in un contesto storicamente contrassegnato da difficoltà nella gestione del patrimonio bibliografico offre alla ricerca un ulteriore motivo di interesse.

English abstract

In 2010 Gerard W. van Bussel raised the question about the fate of the Viennese pomologist Hugo M. Müller’s (1836-1929) own library. We have now come to the conclusion that the library was partially, if not entirely, merged into that of the Austrian historian and writer Egon Caesar Conte Corti (1886-1953), who happened to be the uncle of Hugo M. Müller. In 1955, part of Egon Corti’s library was bequeathed to the University of Pavia. This research aims, therefore, at identifying the books of Hugo M. Müller within the share of Egon Corti’s collection currently held at that University. At this stage, work can only be carried out based on material evidence to be found in the volumes (i.e. possession, dedicatory and marginal notes, inserts), and cross-referenced to Müller’s biography. The dispersion of Egon Corti’s collection within the libraries of the University, a context historically marked by a cumbersome management of the bibliographic patrimony, offers further reason for research.

In un articolo di alcuni anni or sono rimase aperta la domanda circa il destino della biblioteca privata del pomologo viennese Hugo M. Müller (1836-1929). A seguito di varie ricerche si è ora potuto accertare che Müller era zio per parte di madre dello storico e scrittore austriaco di origine italiana Egon Caesar Conte Corti (Zagabria 1886 - Klagenfurt 1953) e che la sua biblioteca confluì – se interamente o in parte non sappiamo – nella biblioteca privata del nipote. Il conte Corti destinò a sua volta con legato testamentario la propria biblioteca all’Università di Pavia: qui essa giunse – già pesantemente mutilata – nel 1955. Si prospetta il compito di identificare i libri di Hugo M. Müller presenti all’Università di Pavia nel fondo Egon Corti.

Hugo M. Müller

Hugo M. Müller frequentò a Vienna la Facoltà di Giurisprudenza e lavorò per breve tempo in uno studio notarile e in una banca. Ben presto iniziò a indirizzare i suoi interessi anche verso le scienze naturali: le sue conoscenze e i suoi studi nel settore della pomologia con particolare predilezione per la coltura della mela e delle sue numerose varietà gli consentirono di farsi un nome tra gli specialisti a livello internazionale. Si dedicò inoltre alla registrazione sistematica dei fenomeni meteorologici, si interessò di mineralogia e di etnografia e in entrambe le discipline si distinse come collezionista. La sua attività di pomologo lo portò a viaggiare per l’Europa e a imbarcarsi almeno due volte per l’America (nel 1876 e nel 1884): proprio attraversando gli Stati Uniti e il Canada egli mise insieme una collezione mineralogica e raccolse numerosi oggetti che documentano la cultura di popolazioni delle pianure nordamericane (Piedi Neri, Sioux, Cree). Tra le associazioni alle quali fu iscritto si possono ricordare la Società zoologico-botanica (Zoologisch-Botanische Gesellschaft) e la Società antropologica (Anthropologische Gesellschaft) di Vienna. Egli fu inoltre un provetto pattinatore e tra i soci fondatori nel 1867 dell’Associazione viennese pattinaggio su ghiaccio (Wiener Eislaufverein). Presso la Società zoologico-botanica Müller tenne nel 1888 una o più conferenze sulla flora del Nordamerica e illustrò l’argomento con l’ausilio di fotografie. Dalla Società antropologica ricevette un invito nel 1885 per tenere una relazione intitolata Gegenwärtige Condition der Indianer Nordamerikas (La condizione attuale degli indiani del Nordamerica): in quellʼoccasione egli presentò la propria collezione etnografica e di lì a poco decise di lasciare in dono la maggior parte degli oggetti alla sezione antropologico-etnografica del Museo di storia naturale, dalla quale prese corpo anni dopo il Museo etnologico di Vienna (Museum für Völkerkunde), oggi Weltmuseum Wien. Müller risiedette nel centro di Vienna al civico 1 della Grünangergasse. Era inoltre proprietario di case e terreni nella foresta viennese in località situate a circa venti chilometri dalla capitale: a Tullnerbach possedeva una grande villa con un giardino per la coltivazione di alberi da frutta mentre a Pressbaum si tramanda che egli sia stato per certo tempo proprietario della masseria Müller (poi Villa Müller) nella Haitzawinkelstraße e che ivi abbia abitato. Nelle immediate vicinanze il comune di Pressbaum gli ha intitolato una strada, la Hugo Müller-Gasse.

Olga Müller

Che Hugo M. Müller e Olga Müller (1851-1941) – la madre di Egon Corti – fossero fratello e sorella è provato dall’identità dei loro genitori Johann Nepomuk e Maria Theresia Aloisia nata Rieffel (ovvero – come si trova in qualche documento – Pieffel o Tieffel). Johann Nepomuk era proprietario terriero e commerciante di tessuti. Il suo nome è ricordato sulla tomba di famiglia situata nel cimitero di Pressbaum-Dürrwien: nel marmo sono incisi la data «1855» e la scritta «Familie / Joh. Nep. Müller». Egon Corti dovette certamente frequentare questa località che si adagia sulle colline della foresta viennese. Egli stesso e sua sorella Irene entrarono in possesso di terreni nei comuni catastali contigui di Pressbaum e di Rekawinkel per via ereditaria attraverso la loro madre Olga e altri componenti della famiglia di lei. Nel cimitero di Pressbaum-Dürrwien (Fig. 1) – a pochi passi dalla tomba della famiglia Müller – è collocato il monumento sepolcrale con l’iscrizione «Familie / Conte Corti». Qui fu sepolto Egon, al quale nel 1972 il comune di Pressbaum intitolò una strada (Conte Corti-Straße) in località Pfalzau, a sud dell’autostrada costruita negli anni Sessanta che attraversa il territorio comunale in direzione est-ovest.

Figura 1 Panorama con vista sul cimitero di Pressbaum-Dürrwien (cm 9 x 13,8). Cartolina (in proprietà dell’autore): Wien, P. Ledermann, 1913. Il monumento sepolcrale della famiglia Corti risale al 1916.

Lo zio «in massimo grado amante dei libri»

«Caro zio! abbi la cortesia, magari puoi trovare il significato delle tre parole spagnole (messicane) fañape, mandriera, Chinacos in un dizionario di spagnolo della tua biblioteca. Ne avrei bisogno con molta urgenza per il mio Max. Un cordiale grazie in anticipo. Egon». Il breve testo è tracciato a mano su un foglietto rinvenuto in un libro del fondo Egon Corti e trasmette una piccola e viva testimonianza della genesi di Massimiliano e Carlotta del Messico (1924), una delle prime pubblicazioni del conte Corti (Fig. 2a-b).

Anni dopo – nel 1951 – Corti narrò di avere ereditato circa la metà dei volumi della sua biblioteca dai suoi antenati e acquistato personalmente i restanti con il principale obiettivo di soddisfare le necessità dettate dal suo lavoro di storico. Tra le migliaia di volumi ereditati dal padre e da uno zio «in massimo grado amante dei libri» – così prosegue la narrazione – si distinguevano gli esemplari che i due avevano acquistato all’asta del 1907 nella quale andò dispersa la biblioteca privata del principe di Metternich.

Tre osservazioni possono provare – a mio giudizio – che lo zio bibliofilo dal quale Egon Corti ricevette una parte dei libri della sua biblioteca e lo zio al quale egli chiese aiuto per le tre parole spagnole (o messicane) altri non è se non Hugo M. Müller:

  • nella prefazione al suo lavoro su Massimiliano e Carlotta del Messico Corti ricordò con riconoscenza di essersi potuto giovare per le sue ricerche della ricca biblioteca dello zio Hugo M. Müller;
  • nel 1949 Corti vendette alla University of California (Davis) una collezione che comprende litografie, disegni, libri e appunti manoscritti che interessano la frutticoltura. Ritengo più che probabile che egli abbia ereditato la collezione dallo zio pomologo Hugo M. Müller;
  • nel fondo Egon Corti dell’Università di Pavia si trovano libri il cui argomento o i cui segni di provenienza riflettono i molteplici interessi di Hugo M. Müller. In qualche caso – come si vedrà nell’ultimo paragrafo – si può individuare un’esplicita nota di possesso.
Figura 2a Richiesta di Egon Corti allo zio Hugo M. Müller e risposta dello zio (cm 17 x 11).
Figura 2b Invito a Egon Corti per una serata organizzata dal suo editore Rikola.

Il conte Egon Corti

L’orgoglio per le origini italiane della famiglia, la fedeltà all’impero asburgico, la consapevolezza dell’appartenenza esclusiva alla classe nobiliare costituiscono l’eredità spirituale che il conte Corti raccolse dagli avi paterni. La sua carriera militare nell’esercito austroungarico ‒ intrapresa sulle orme del nonno Francesco (Franz) (1803-1890) e del padre Hugo (1851-1916) ‒ si interruppe bruscamente al grado di capitano a causa del crollo dell’Impero nel 1918. Ritrovatosi senza impiego (come migliaia di altri ufficiali) Corti si rivolse a una passione giovanile – lo studio della storia – iscrivendosi all’università e conseguendo a Vienna il dottorato nel 1921. Il mondo che ormai faceva parte del suo passato e in special modo i protagonisti delle dinastie regnanti in Europa continuarono a vivere attraverso i suoi scritti redatti nel corso di una infaticabile attività di ricercatore e di storico: delle sue circa trenta pubblicazioni monografiche si deve almeno ricordare la fortunatissima biografia dell’imperatrice Elisabetta d’Austria. Le conoscenze nell’ambiente dellʼaristocrazia gli diedero la possibilità di esplorare archivi privati ad altri inaccessibili e di raccogliere le testimonianze di discendenti e famigliari dei personaggi ritratti nei suoi libri: proprio le fonti cui egli ebbe accesso sembrano costituire ancora oggi uno tra i punti di forza delle sue trattazioni.

Nel 1923 il matrimonio con Gertrud Mautner Markhof (1903-1954) portò Egon Corti a imparentarsi con una delle più ricche famiglie dell’alta borghesia viennese. Industriali della birra dai primi decenni dell’Ottocento, i Mautner Markhof potevano vantare alla fine del secolo il terzo più grande birrificio sul continente ed erano secondi in Austria soltanto ai Dreher. Nonostante lʼorigine ebrea della famiglia (durante il Nazionalsocialismo i membri della generazione di Gertrud furono classificati secondo le leggi razziali «Vierteljuden»: ebrei per un quarto) i Mautner-Markhof trovarono il modo di traghettare l’impresa dalla Prima alla Seconda Repubblica: il nome di Manfred (fratello gemello di Gertrud) è stato ricordato insieme a quello di altri imprenditori che rappresentarono la continuità del ceto dirigente economico austriaco lungo gli anni del Nazionalsocialismo e della guerra. A questo riguardo è stato anche rilevato che in Austria non si ebbe unʼefficiente denazificazione negli ambiti dell’economia privata, della grande industria e delle relative associazioni.

In quel medesimo periodo il conte Corti mise la sua penna al servizio del Nazionalsocialismo e del Fascismo italiano: dove si possa collocare la sua adesione tra gli estremi della convinzione e dellʼopportunismo è materia che ancora attende di essere indagata. Nel 1930 Corti pubblicò in traduzione tedesca Il mio diario di guerra di Benito Mussolini anteponendo al testo alcuni cenni sulla vita del duce redatti nello stile delle biografie ufficiali dellʼepoca. Nel suo fortunato libro su Ercolano e Pompei inserì frasi di elogio al Duce e allʼItalia alleata della Grande Germania espunte o rimaneggiate nelle edizioni tedesche successive al 1943 e nelle edizioni italiane (presso Einaudi o su sua licenza dal 1957 al 1988). Si adoperò (senza esito) presso il senatore Francesco Salata per una traduzione con Zanichelli del libro Italien: Alte und neue Werte (Italia: antichi e nuovi valori) dellʼamico Wladimir Hartlieb, celebrazione dellʼItalia fascista tessuta attraverso il diario di un viaggio nella Penisola.

Quanto al Nazionalsocialismo si deve ricordare che Corti appartenne alla schiera di letterati austriaci che si impegnarono a sostegno dellʼAnschluss. Libri autografati o con dedica di alcuni tra questi (Mirko Jelusich, Franz Spunda, Friedrich Schreyvogl, Max Mell e lo stesso Hartlieb) si trovano oggi nel fondo Egon Corti dellʼUniversità di Pavia. Nel 1938 un apparentemente innocuo aneddoto di vita militare a firma di Egon Corti apparve sulla Rheinische Landeszeitung di Düsseldorf, organo ufficiale del Partito nazionalsocialista tedesco. Nello stesso anno Corti contribuì con un articolo a una lussuosa edizione («verosimilmente destinata soltanto ai mandarini nazisti e pertanto poco conosciuta») pubblicata per celebrare lʼannessione dell’Austria. Il 15 marzo 1946 nellʼAustria quadripartita il giornale delle forze di occupazione sovietiche pubblicò un articolo nella pagina della cultura intitolato Egon Cäsar Conte Corti e i viennesi: in tono violentemente satirico il giornalista in una colonna e mezza offrì le sue prove per smascherare il «camaleonte» «C. C. C.» (Cäsar Conte Corti) nella sua trasformazione da entusiastico sostenitore del Führer a democratico scrittore austriaco. Il processo di denazificazione non pare tuttavia aver toccato la persona di Egon Corti. La sua ininterrotta carriera di scrittore proseguì con nuove pubblicazioni ancora negli anni del secondo Dopoguerra.

Sullʼadesione del conte Corti al Nazionalsocialismo è nota una testimonianza del 1947 che trova il suo contesto nel difficile processo di rifondazione del gruppo austriaco del PEN negli anni del Dopoguerra. Essa fu redatta da Alexander Sacher-Masoch, scrittore e giornalista attivo nel movimento di resistenza in Iugoslavia, dal 1944 in servizio in Italia presso le forze alleate e successivamente incaricato di contribuire alla rinascita del gruppo austriaco del PEN. In una lettera del 29 gennaio a Robert Neumann – già segretario generale a Londra del gruppo austriaco del PEN in esilio – Sacher-Masoch espresse le sue valutazioni su alcuni autori e così scrisse di Egon Corti con riferimento all’origine ebrea della moglie Gertrud:

Corti è notoriamente sposato con una Mautner-Markhof e si è fatto persuadere, per proteggere sua moglie, a farsi additare davanti agli altri come aspirante membro del Partito nazionalsocialista, ciò che tuttavia in verità non corrisponde per niente ai fatti. Era un antinazista affidabilissimo e ha sempre dimostrato (la sua psicosi nel caso di sua moglie si potrà certamente considerare una comprensibile eccezione) un atteggiamento al di sopra di ogni dubbio.

Dʼaltra parte è stato rilevato che il proposito di trovare criteri oggettivi e condivisi per valutare il passato degli autori – e di conseguenza per decidere circa la loro ammissione nel PEN – fu contrassegnato nella sua realizzazione pratica da «vistosa incoerenza» («auffällige Inkonsequenz») e che «[i]n questo possono avere avuto un ruolo tanto conoscenze e riguardi personali quanto l’insufficienza delle informazioni».

Il fondo Egon Corti nellʼUniversità di Pavia

La vicenda del fondo Egon Corti dellʼUniversità di Pavia può essere qui ripercorsa nelle sue linee essenziali. La biblioteca del conte Corti ‒ sistemata nella sua abitazione al civico 1 di Franziskanerplatz a Vienna ‒ aveva una consistenza di oltre 20.000 volumi. Dopo la morte del proprietario (1953) e la lettura del suo testamento la vedova trattenne una quantità imprecisata di libri tra i quali «alcuni degli esemplari più preziosi, fra cui pochi incunaboli e qualche opera miniata». Nel 1955 fu autorizzata lʼesportazione da Vienna di «circa 15.000» volumi destinati allʼUniversità di Pavia. La collezione fu assegnata alla Biblioteca della Facoltà di Lettere e nel 1959 la sua consistenza fu stimata in soli 10.000 volumi. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta una metà del patrimonio fu distribuita tra vari istituti secondo una logica di suddivisione per materia. Inventariazione e catalogazione ebbero luogo nei singoli istituti e nella biblioteca centrale della Facoltà e sicuramente almeno in quest’ultima non furono portate a termine. Nel 1969 sotto la direzione di Cesare Cases lʼIstituto di Lingua e letteratura tedesca scaricò dallʼinventario e vendette alcuni «doppioni» di opere librarie tra cui cinque volumi del fondo Egon Corti. Nella seconda metà degli anni Settanta una vendita di volumi del fondo di interesse antiquario appartenenti alla Biblioteca della Facoltà fu decisa sotto la direzione di Franco Alessio. Il 16 febbraio 1973 Cesare Segre ‒ direttore della Biblioteca della Facoltà di Lettere dal 1968 al 1975 ‒ aveva rassegnato le sue dimissioni (poi rientrate) con una lettera nella quale segnalava tra lʼaltro: «Forse, se il fondo “Egon Corti” fosse stato inventariato e timbrato, non dovremmo registrare il furto, avvenuto durante la mia malattia, del rarissimo incunabolo di Ermolao Barbaro (di eccezionale valore anche commerciale), e potremmo escludere – come invece non possiamo proprio – che altri furti siano stati compiuti». Vale la pena di ricordare che nel corso del suo mandato Segre propose (nel 1973) l’istituzione di un posto di ruolo per un bibliotecario e l’anno successivo ‒ senza successo ‒ l’attivazione dell’insegnamento della biblioteconomia. Egli inoltre per primo ‒ e in netta controtendenza con la politica seguita sino a quel momento ‒ si pose il problema della ricostruzione del fondo Corti già in parte disperso tra gli istituti e a rischio di ulteriore frammentazione.

Oggi le specifiche difficoltà di ricostruzione del fondo Corti si innestano su un contesto di difficoltà più ampio con il quale si deve confrontare chiunque voglia dedicarsi allo studio delle collezioni dellʼateneo e della loro storia (anche ai fini dellʼorganizzazione e fruizione consapevoli del patrimonio bibliografico). Nelle carte dellʼArchivio storico dellʼUniversità di Pavia ‒ che ho esaminato in particolare per il periodo 1950-1980 ‒ sono ben documentati i problemi della gestione del patrimonio bibliografico della Facoltà di Lettere (biblioteca centrale e biblioteche degli istituti) che si riassumono (sotto forma di lagnanze e richieste dei docenti responsabili) nella carenza di personale (o di personale qualificato) e di spazi e nella difficoltà di sorvegliare gli accessi e tutelare il patrimonio (non solo bibliografico) da possibili furti. Per quegli anni così come per gli anni successivi si rilevano talvolta approssimazioni nella compilazione dei documenti amministrativi e gestionali. Si può dubitare che a tuttʼoggi il patrimonio sia inventariato e catalogato nella sua interezza e a volte pare che le segnature presenti nei cataloghi non abbiano alcuna corrispondenza con l’attuale collocazione del materiale. L’irreperibilità di alcuni registri d’ingresso e la necessità di rovistare in sottotetti e magazzini per scovare diverse carte che documentano la vita delle biblioteche sembrano anche il risultato della scarsa attenzione rivolta nel corso degli anni alla tutela della memoria istituzionale. A questo si deve aggiungere una fruizione non sempre rispettosa e che ha talvolta vanificato lavori compiuti con accuratezza. A partire dagli anni Novanta iniziative su ampia scala di recupero del pregresso e di riordino hanno privilegiato (a volte come obiettivo sommessamente dichiarato) la quantità e la rapidità rispetto alla qualità. Della copiatura manuale dei dati nel catalogo informatizzato a partire dalle schede cartacee (senza “libro in mano”) hanno sofferto soprattutto le parole straniere. La valutazione frettolosa (talvolta seguita da eliminazione o dispersione) di materiale di uso meno frequente e magari allʼapparenza di poco conto sembra a volte determinata dalla necessità “impellente” (divenuta tale dopo anni o decenni di giacenza e dimenticanza) di liberare spazi utilizzati come depositi o magazzini. Oggi chi studia le collezioni e la loro storia trarrebbe giovamento da un catalogo che includesse le segnature precedenti e il numero di inventario o di ingresso di ogni esemplare (questʼultimo peraltro è dato essenziale: in fase di catalogazione o ricatalogazione del pregresso è invalso invece il criterio di inserire un nuovo inventario fittizio che non trova corrispondenza nei documenti amministrativi). Fatica inoltre a tradursi in realtà – pur se la sua importanza è riconosciuta – il progetto di un catalogo predisposto per la registrazione dei segni di provenienza secondo criteri condivisi e per la loro ricerca quanto più possibile mirata.

Il caso dei 506 libri del fondo Corti incamerati dallʼIstituto di Geografia presumibilmente prima del settembre 1970 ‒ per quanto lo si riesce a ricostruire ‒ può esemplificare alcuni tra i punti dolenti cui sʼè pocʼanzi accennato. A differenza di quanto avvenne negli altri istituti ‒ nei quali i libri del fondo furono ordinati a scaffale secondo le rispettive collocazioni classificate ‒ i 506 volumi dellʼIstituto di Geografia rimasero accorpati in una stanza “deposito” e ricevettero le segnature consecutive da «D I A 1» a «D IV E 3». La loro acquisizione formale ebbe luogo molti anni più tardi e precisamente tra il 1995 e il 1998 quando i 506 volumi furono presi in carico dal Dipartimento storico-geografico, nel quale la biblioteca dell’Istituto (disattivato nel gennaio 1985) era confluita. Le schede catalografiche (controllate a campione) e i buoni di carico non registrano lʼappartenenza dei volumi al fondo Corti: sui buoni di carico si legge soltanto la provenienza generica «dono» insieme a diverse indicazioni relative al «locale dove trovansi gli oggetti», per esempio «Scienze geogr. - fondo pregresso», oppure «Fondo pregresso - geografia». Un primo segno che indirizza al fondo Corti è la presenza di tredici ex libris del conte austriaco inseriti nella busta di plastica che contiene i buoni di carico. Un secondo segno di riconoscimento – effimero quanto il precedente – è un’etichetta con la scritta «Fondo Corti (stanza deposito)» incollata sulla busta stessa. Tra il 2010 e il 2012 un progetto di riordino che interessò 130.000 volumi ebbe anche lʼobiettivo di accorpare vari fondi dispersi tra i quali il fondo Egon Corti (attribuendo ai libri una segnatura nel cui primo elemento figura il nome del soggetto produttore – nel nostro caso «Corti»). Molti dei libri giacenti nel deposito del disattivato Istituto di Geografia furono ricollocati per formato tramite una segnatura nuova avente come primo elemento «Dep.Geo» (ovvero «D Ant» per gli antichi). Tra questi – per motivi che posso soltanto ipotizzare – finirono anche i 506 volumi del fondo Corti (o la maggior parte di essi), che sino ad allora avevano costituito un blocco compatto e che in tal modo – a seguito del “riordino” – furono dispersi tra altri volumi di diversa provenienza con i quali avevano condiviso il vecchio deposito. Oggi il lavoro per la loro identificazione deve prendere avvio dai buoni di carico e da due registri topografici compilati anni fa nellʼIstituto di Geografia. 

Figura 3 Preventivo per il trasporto dei libri di Egon Corti da Vienna. Sullʼaltro lato: appunti del rettore Plinio Fraccaro (cm 15,5 x 10,5. Per gentile concessione della Biblioteca Universitaria di Pavia - Mibact. Segnatura: «Ticinesi 819 A2: W11»).

I libri di Hugo M. Müller nel fondo Egon Corti: proposte per la loro identificazione

Scrive van Bussel che Hugo M. Müller allestì una delle più grandi biblioteche nel settore della pomologia e che tra i suoi libri dovevano trovarsi anche pubblicazioni sullʼAmerica e sulle popolazioni indigene che lʼabitavano. van Bussel avanza inoltre lʼipotesi che dopo la morte di Müller la sua biblioteca sia stata acquisita dal pomologo austriaco Josef Löschnig (1872-1949), ma non ha potuto trovare conferme in proposito.

Gli spunti di ricerca offerti nel presente paragrafo sono frutto di un lavoro svolto con procedimento – se così si può dire – artigianale. Molti libri sono passati e passano tra le mie mani da quando mi fu affidato lʼincarico di ricatalogare una vasta sezione del fondo Egon Corti. Ad altri mi sono accostato mentre mi dedicavo alla definizione delle premesse per la ricostruzione del fondo medesimo. Qualche ricerca mirata si è resa possibile a partire dai dati biografici di Hugo M. Müller.

Casi di identificazione che non lasciano adito a dubbi sono costituiti dagli esemplari nei quali è presente unʼesplicita nota di possesso: segnalo per esempio la nota (presumibilmente in inglese) «Hugo M. Müller / Vienna / Austria» tracciata a matita sulla guardia anteriore di un libro che ha per oggetto lʼIsola di Man.

Altrettanto esplicitamente possono parlare gli inserti: in un libro di etnografia è conservata – insieme a parecchi altri documenti – una cartolina di invito per Hugo Müller (con indirizzo Grünangergasse) in occasione dell’assemblea mensile della Società antropologica [di Vienna] convocata per l’undici maggio [1880]. Il programma prevedeva una conferenza dell’africanista [Emil] Holub (1847-1902) (Fig. 4a-b).

A partire dalla biografia di Müller – precisamente dalle materie cui egli rivolse i propri interessi – è stato possibile rintracciare due esemplari provenienti dalla sua biblioteca. In relazione al pattinaggio si trova nel fondo Corti un manuale con una breve nota tracciata a penna sul frontespizio: «Hugo M. Müller from Fred W. Foster». Nel settore della mineralogia ho individuato un opuscolo sulla formazione dell’oro con dedica dell’autore a Hugo Müller datata 15 maggio 1883: «Herrn Hugo Müller / hochachtungsvollst / 15.5.883 Dr. Döll» («Al signor Hugo Müller / con la massima stima / 15.5.883 Dr. Döll»).

Con il legato di Egon Corti giunsero allʼUniversità di Pavia un certo numero di libri sull’America che in parte furono incorporati nella biblioteca dell’Istituto di Geografia per confluire in seguito – nel modo che si è illustrato – nella Biblioteca di studi umanistici “Francesco Petrarca”. Un attento esame consentirà forse di stabilire se alcuni tra questi facevano parte della biblioteca di Hugo M. Müller. Richiamo anzitutto lʼattenzione su due esemplari che racchiudono inserti databili al 1884, anno in cui Müller compì uno dei suoi viaggi nel Nordamerica. Nel primo – una pubblicazione sulla storia della ferrovia Northern Pacific – ho rinvenuto in corrispondenza della p. 159 un menù delle pietanze servite sulla carrozza ristorante («Northern Pacific Dining Car / Breakfast») recante un appunto a matita che si apre con la data del «4. Oct. 1884» (Fig. 5).

Il secondo – un libro sul Centroamerica – ci ha tramandato (inseriti in corrispondenza della p. 95) un ritaglio dal giornale «The Toronto mail» del 16 dicembre 1884 con un articolo sul canale del Nicaragua (Fig. 6) e un ritaglio da un giornale viennese del 6 gennaio 1906 con notizie sul terremoto di Masaya. Lʼesemplare di un opuscolo pubblicato nel 1884 per reclamizzare la linea Northern Pacific si distingue tra lʼaltro per un timbro sul frontespizio: «Jas. E. MacDougall, / Travelling Passenger Agent / Northern Pacific Railroad. / Montreal» e per la presenza tra le p. 40-41 e 44-45 di frammenti vegetali essiccati (piccole foglie o semi).

Quanto a specifiche pubblicazioni sulle popolazioni indigene del Nordamerica si possono segnalare due esemplari dei quali il primo reca a penna sulla guardia posteriore la nota (se la mia lettura è corretta) «ce livre ci appartient á [sic] Mr Allen americain» («questo libro appartiene al signor Allen americano»). A p. 420 del secondo sono stati annotati a matita i dati bibliografici di una pubblicazione illustrata del 1884 avente ugualmente per oggetto ricerche etnografiche nellʼAmerica del Nord. Più volte mi sono imbattuto nel fondo Corti in esemplari recanti annotazioni bibliografiche tracciate a mano sulle prime o sulle ultime pagine e mi pare che si tratti dellʼhabitus di un medesimo possessore. Se questi sia effettivamente Hugo M. Müller è questione che potrà essere risolta da chi vorrà dedicarsi a un attento esame della calligrafia confrontando possibilmente documenti sicuramente di sua mano.

In due libri hanno attirato la mia attenzione alcune note a margine contenenti riferimenti a Tullnerbach, la località della foresta viennese nella quale Müller possedeva una villa con giardino per la coltivazione degli alberi da frutta. Il primo tratta della Lex salica (si tenga presente che Müller aveva compiuto studi di giurisprudenza) e alle p. 90 e 98 presenta appunti a matita con calligrafia minuta che fanno riferimento a quella località. Sulla terza di copertina è presente il timbro di una libreria antiquaria di Vienna (con lʼindirizzo presso il quale essa era situata tra il 1896 e il 1901): «Jakob Dirnboeck’s Buchhandlung & Antiquariat / Eduard Beyer / Wien, I. Bez., Herrengasse Nr. 12 / Ecke Strauchgasse». In un esemplare del libro di Herbert Silberer dedicato ai suoi viaggi in mongolfiera – a p. 9 accanto al testo nel quale si accenna allʼatterraggio che ebbe luogo a Pressbaum il 3 giugno 1902 – fu redatta a matita una nota che contiene dati sulle condizioni meteorologiche e indicazioni topografiche riconducibili alle località di Pressbaum e di Tullnerbach.

Diversi volumi del fondo Corti presentano inserti o annotazioni a margine o notabilia che in vario modo indirizzano a un possessore con interesse per la botanica. Nellʼesemplare di un libro sulla letteratura cinese alcune crocette tracciate a margine aiutano a ritrovare nel testo citazioni di opere sull’agricoltura e l’orticoltura (p. 76), sui fiori e le piante (p. 120), nonché il riferimento a un erbario in trenta libri (p. 122). A p. 121 sottolineature a matita rossa evidenziano le parole «Paeonia albiflora» e «Chrysanthemum». Altre crocette a margine permettono di rintracciare nel testo la citazione di opere di zoologia (p. 123-124). Un esemplare del secondo volume del dizionario etimologico della lingua austriaca di Matthias Höfer racchiude tra le sue pagine due strisce di carta inserite con funzione di segnalibri. La prima (tra le p. 182-183) proviene da un foglio a stampa e vi si legge il nome di una rivista di giardinaggio e frutticoltura pubblicata dal 1920 al 1924: «Zeitschrift für Garten- und Obstbau 1. Jahrg. Nr. 1». Sulla seconda (tra le p. 234-235) una mano ha scritto «S [Seite] 235 / Marille»: si tratta evidentemente del riferimento alla pagina del dizionario nella quale è trattata la voce dedicata allʼalbicocca («Marille») (Fig. 7-8).

Nellʼesemplare di un libro sulla città di Los Angeles ho individuato tra le p. 16-17 (recanti una tabella di rilevazioni meteorologiche) un ritaglio di giornale sul quale una mano ha tracciato a matita la data «Nov. 1884»: la breve notizia segnala la presenza della Phylloxera vastatrix in alcuni vigneti nel comune di Dornbach (oggi parte della città di Vienna) (Fig. 9).

In quest’ultimo esemplare forse più che nei precedenti – così a me sembra – sarà opportuno valutare altri indizi per confermare o meno la provenienza dalla biblioteca di Hugo M. Müller. Il caso è comunque esemplificativo per quei volumi del fondo Corti che custodiscono ritagli di giornale con data aggiunta a mano: varie osservazioni mi portano a credere che anche Müller avesse l’abitudine di raccogliere proprio in questo modo articoli di suo interesse.

Sono ben pochi infine i libri di pomologia o di frutticoltura, di scienza agraria o di botanica che ho potuto sinora individuare nel fondo Corti. Per valutare un’eventuale sua provenienza dalla biblioteca di Hugo M. Müller potrà essere preso in esame per esempio un catalogo che l’azienda di giardinaggio e frutticoltura A. C. Rosenthal – i cui vivai erano situati alle porte di Vienna – diede alle stampe nel 1875 per presentare e offrire in vendita i suoi prodotti. Ho tuttavia l’impressione che per questo vasto settore della dispersa biblioteca Müller le ricerche dovranno essere rivolte in qualche altra direzione.

Figura 4a Invito a Hugo M. Müller per una conferenza dellʼafricanista Emil Holub (cm 8,3 x 14).
Figura 4b Invito a Hugo M. Müller per una conferenza dellʼafricanista Emil Holub (cm 8,3 x 14).
Figura 5 Pietanze servite sulla carrozza ristorante della linea Northern Pacific (cm 17,1 x 10).
Figura 6 Notizia sul canale del Nicaragua dal giornale «The Toronto mail» (cm 23,8 x 6,4).
Figure 7 e 8 Strisce di carta utilizzate come segnalibri (cm 19 x 2,7 e cm 16,3 x 3,4).
Figura 9 Notizia sulla presenza della Phylloxera vastatrix nei dintorni di Vienna (cm 4 x 8,5).