N.1 2020 - La produzione di contenuti in biblioteca

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Comunicare il patrimonio: riflessioni sulle potenzialità dei social media per le biblioteche di conservazione

Livia Marcelli

Biblioteca Vallicelliana; livia.marcelli@beniculturali.it

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 31 marzo 2020.

Abstract

Passando in rassegna la letteratura biblioteconomica italiana, appare evidente che la riflessione su biblioteche e social media ha fino a oggi riguardato principalmente le biblioteche di pubblica lettura, concentrandosi sull’aspetto della comunicazione dei servizi e del dialogo con gli utenti. Alcune realtà bibliotecarie si sono rivelate poli di eccellenza in grado di costruire un rapporto di fiducia e un canale di comunicazione istituzionale efficiente ed efficace con i propri lettori, anche per mezzo di un sapiente utilizzo del proprio sito web e dei social media. L’impiego delle reti sociali per promuovere e valorizzare al contempo patrimonio e servizi è stato inoltre sperimentato da varie realtà museali ma, sebbene vi sia stato un impegno in tal senso da parte di alcune biblioteche di conservazione, appare ancora poco nota l’attività di comunicazione di questi istituti. Il presente articolo si propone di offrire una prima riflessione sulle potenzialità dei social media per le biblioteche di conservazione e sull’importanza della creazione di contenuti informativi sulle collezioni nell’ottica del raggiungimento di utenti reali e potenziali, superando le barriere geografiche e linguistiche.

English abstract

The Italian debate about libraries and the use of social media has been mainly focused on public libraries, especially on promoting cultural services and communicating with their users. Some libraries have established themselves as excellence in this type of field, setting up an efficient and reliable communication channels with their users through their websites and social media. Several museums have tested social media in promoting and communicating their collections and services, but the experiences within conservation libraries are still little-known. This article aims to reflect on the potential of social media for the promotion activities of conservation libraries, both for a more dynamic communication of special collections and for reaching out potential users, overcoming geographic and linguistic barriers.

Passando rapidamente in rassegna la letteratura biblioteconomica italiana, appare evidente come i primi studi sulla presenza delle biblioteche nell’ambito dei social media abbiano contribuito a generare riflessioni teoriche e dibattiti sulla funzione sociale delle biblioteche e sulla progettazione dei servizi bibliotecari nell’era del cosiddetto “web 2.0”.

Il riferimento a casi concreti di analisi sull’uso dei social media nelle biblioteche – anche all’interno di tali dibattiti – ha fino a oggi riguardato principalmente le biblioteche di pubblica lettura, concentrandosi sull’aspetto della comunicazione dei servizi e del dialogo con gli utenti. Alcune realtà bibliotecarie sul territorio nazionale si sono rivelate poli di eccellenza in grado di costruire un rapporto di fiducia e un canale di comunicazione istituzionale efficace ed efficiente con i propri lettori, anche per mezzo di un piano di comunicazione ben strutturato e di un sapiente utilizzo del sito web e dei social.

L’impiego delle reti sociali per promuovere e valorizzare al contempo patrimonio e servizi è stato inoltre sperimentato da varie realtà museali ma, sebbene vi sia stato un impegno in tal senso anche da parte delle biblioteche di conservazione, appare ancora poco nota – e, di conseguenza, meno studiata – l’attività di comunicazione di questi istituti. Si tratta di una zona d’ombra che si lega effettivamente a una presenza ancora silenziosa delle biblioteche di conservazione sulle “piazze” sociali, spiegabile attraverso molteplici fattori: l’attuale carenza di personale (soprattutto di quello compreso nella fascia di età dei 30-40 anni), un quadro legislativo ormai datato rispetto all’evoluzione tecnologica, la scarsa risonanza mediatica e il fatto che si tratti di biblioteche in alcuni casi meno note alla cittadinanza, in quanto frequentate da un pubblico altamente specializzato. Eppure sono proprio tali biblioteche – che peraltro si trovano in genere ubicate all’interno di edifici storici o complessi museali – a custodire un patrimonio di enorme rilevanza e in gran parte inesplorato, che andrebbe comunicato al più ampio pubblico possibile, oltre che a studiosi specialisti.

In concreto, in che modo e con quale potenziale efficacia una biblioteca di conservazione può farsi creatrice di contenuti alternativi, ma al contempo integrati, rispetto al catalogo e ai classici strumenti di informazione bibliografica, perseguendo l’obiettivo di informare sulle proprie collezioni e raggiungere utenti (reali e potenziali), superando le barriere geografiche e linguistiche?

Dopo un inquadramento che – considerando la rapidità di ascesa e declino delle piattaforme social – potremmo quasi definire “storico” del tema, si proporranno spunti e possibili strade da percorrere per implementare e innovare le esperienze di comunicazione delle biblioteche di conservazione, prendendo ispirazione dal mondo museale.

Musei, archivi e biblioteche: l’importanza delle storie

Una rapida ricognizione sull’uso dei social network nei musei ci può offrire occasioni per riflettere su alcune esperienze di comunicazione del patrimonio, ma soprattutto per introdurre l’avvento dello storytelling per i luoghi della cultura. Nel 2013, anno che potremmo percepire ormai come distante dal punto di vista dei cambiamenti tecnologici, nasce il progetto sperimentale #svegliamuseo, per “svegliare” i musei italiani dal punto di vista della presenza online e creare un effetto rete sfruttando il potere del web.

L’anno successivo veniva messo a disposizione online un e-book – di carattere professionale, ma con un linguaggio accessibile anche ai semplici curiosi – dal titolo Comunicare la cultura online: una guida pratica per i musei: progettazione di siti web, content management, social media e analisi dei risultati. Il lavoro, oltre ad analizzare la progettazione e i contenuti dei siti web istituzionali dei musei, si focalizzava sull’importanza dello storytelling – facendo riferimento anche all’evocativo termine italiano “cantastorie” – cercando rispondere alla domanda: perché lo storytelling in una istituzione culturale? I vari studi analizzati sottolineavano l’importanza delle storie come strumento per creare molteplici significati, dialoghi riflessivi e apprendimento. Le storie non erano altro che le collezioni del singolo museo, da far parlare attraverso i racconti dei dipendenti e dei visitatori, concetto chiave che viene sviluppato anche in ambito biblioteconomico. Sull’aspetto emotivo della comunicazione e sui circuiti relazionali (intesi come circoli virtuosi tra richieste degli utenti e bibliotecari) si soffermava infatti La biblioteca diventa social di Cristina Bambini e Tatiana Wakefield, che oltre a concentrarsi sul racconto di attività e servizi sottolineando l’importanza della componente partecipativa, forniva una panoramica sui principali social media e indicazioni pratiche per strutturare il social business plan di una biblioteca, strumento programmatico fondamentale per impostare la comunicazione.

Cosa è avvenuto, e cosa è cambiato, da allora? Tra numeri in calo o in aumento delle varie piattaforme social, è possibile osservare che le biblioteche di ogni tipologia si sono dotate di profili (facendo riferimento soprattutto alle piattaforme più utilizzate, Facebook e Twitter, con un recente calo di quest’ultimo e una crescita di Instagram, strategico dal punto di vista dell’impatto visivo), non sempre con piani di comunicazione strutturati e coerenti.

Per quanto riguarda l’aspetto teorico, è possibile notare che nel corso degli ultimi anni si è sviluppata una riflessione trasversale coinvolgente archivi, biblioteche e musei. Proposte di riflessione e di formazione sulla comunicazione nei luoghi della cultura sono state avanzate dal Coordinamento permanente musei archivi biblioteche (MAB), che durante un workshop tenutosi al Convegno delle Stelline nel 2017 proponeva di «cavalcare la tigre dei social network». Anche l’anno successivo, il Convegno ospitava un incontro MAB inerente le stesse tematiche, che promuoveva una riflessione congiunta per confrontarsi sull’uso dei social network negli istituti e nei luoghi della cultura ed elaborare strategie comuni per la comunicazione dei beni culturali. In tale contesto, venivano prese in esame le opportunità da cogliere per comunicare in modo efficace e inclusivo con tali strumenti, considerati come potenziale per crescere in visibilità e nella percezione collettiva.

Tra gli interventi è importante segnalare la presentazione dei risultati di un sondaggio sulla web strategy dei musei promosso dal Gruppo di ricerca Digital cultural heritage di ICOM Italia, in collaborazione con la Direzione generale musei del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, finalizzato ad analizzare la struttura e il livello di contenuti web prodotti da 185 istituti (tra cui erano compresi musei, poli museali e soprintendenze). L’indagine era basata su uno schema, ideato dal gruppo di ricerca per analizzare e valutare la web strategy degli istituti e dei luoghi della cultura, da considerarsi come strumento per definire una strategia comunicativa. È importante notare che tra gli istituti e i luoghi della cultura elencati all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d. lgs. n. 42/2004) sono presenti anche le biblioteche, e che sarebbe certamente auspicabile l’adozione di uno strumento analogo per le biblioteche di conservazione, in quanto dotate di un patrimonio che, per caratteristiche di rarità e pregio, ha molto in comune con le raccolte museali.

Provando a utilizzare lo schema per un’analisi in ambito bibliotecario, appare particolarmente rilevante l’aspetto della struttura e della traduzione in lingua inglese (o, preferibilmente, la versione multilingue) dei siti web, considerando che molti siti istituzionali di biblioteche si rivelano carenti da questo punto di vista e che, sebbene possa apparire scontato, è importante che il patrimonio possa essere comunicato anche a studiosi internazionali che, trovando in partenza un’impostazione chiara del servizio, possano organizzare in maniera ottimale le loro ricerche in vista della fruizione.

Un altro capitolo del documento, il quarto, appare incentrato su un aspetto di grande interesse per le biblioteche: la creazione di comunità, anche al di là dello spazio fisico dell’istituto. Ci si propone infatti di analizzare l’interazione tra istituzioni culturali e utenti, con una scala gerarchica in cui tra i vari obiettivi prefissati vi è quello di usare gli strumenti di condivisione in modo coerente, con un linguaggio adatto a ciascuna piattaforma, stimolando curiosità e interesse e invitando al dialogo. L’interazione assume a sua volta diversi gradi, che comportano principalmente la possibilità fornita agli utenti di creare contenuti, anche personalizzabili e condivisi o condivisibili con altri utenti, attraverso l’utilizzo di piattaforme esterne (come blog e social network) o del sito web. Anche questo discorso può rivelarsi di particolare rilevanza per le biblioteche, in quanto rispecchia il senso del SOPAC, o social OPAC, ovvero l’evoluzione del catalogo nell’ottica del superamento di un rapporto monodirezionale, e riporta al contributo delle classificazioni degli utenti (social tagging e folksnomie) per rintracciare materiale bibliografico in alternativa ai classici strumenti di indicizzazione semantica.

Un patrimonio complesso e “sommerso”

È innegabile che i social media costituiscano un canale non solo di informazione, ma anche di potenziale dialogo, spesso in tempo reale, con gli utenti, favorendo l’attivazione di comunità di cui anche la biblioteca fa parte. Tuttavia, per produrre contenuti di livello che siano di reale utilità per gli utenti e integrati con gli strumenti biblioteconomici più classici, è importante tenere sempre presente il contesto in cui si colloca ciascuna biblioteca e gli scopi a cui essa è diretta. Tale ricognizione preliminare consente di poter affinare in maniera ottimale gli strumenti di mediazione da allestire, con i quali comunicare agli utenti le informazioni sul materiale disponibile. Prendendo in esame le biblioteche di conservazione, è possibile sottolineare che tra i loro compiti principali figurano la valorizzazione delle proprie raccolte storiche, le informazioni bibliografiche e la documentazione del posseduto. Di conseguenza, consideriamo la piattaforma social come uno strumento di mediazione per l’accesso alle fonti documentarie, che consente di comunicare il catalogo della biblioteca coinvolgendo anche utenti remoti che a causa di una distanza ad ampio raggio non hanno modo di utilizzare gli spazi fisici della biblioteca.

L’operazione di creare collegamenti al catalogo e ai servizi, o semplicemente di informare sull’esistenza di uno specifico fondo in modo discorsivo, con una vera e propria narrazione, appare strettamente legata all’aspetto della valorizzazione e, in particolare, rappresenta un grande potenziale per la valorizzazione delle raccolte storiche.

La mediazione tra spazio fisico e spazio digitale assume particolare rilevanza nel contesto delle biblioteche di conservazione in cui solo una parte del patrimonio (bibliografico e non) è fruibile tramite OPAC, motivo per il quale avviene spesso che le richieste degli utenti si concentrino su materiali non catalogati secondo gli standard attualmente in uso (reperiti principalmente tramite citazioni bibliografiche), nonché sulla disponibilità di materiali digitalizzati, anche in base al fatto che molte richieste provengono da studiosi non residenti in Italia, che organizzano appositamente dei viaggi in funzione dello studio del patrimonio bibliografico.

In seconda battuta possiamo far presente, come elemento peculiare di queste biblioteche, la complessità e la natura ibrida delle collezioni, che comprendono non solo fondi bibliografici ma anche materiali archivistici, grafici, fotografici e talvolta vere e proprie raccolte di oggetti artistici, di natura museale. È importante segnalare a tale proposito che, in un contesto di progressiva diffusione dei nuovi web-scale discovery service, l’ICCU sta lavorando a una nuova infrastruttura di accesso integrato al patrimonio digitale e informativo prodotto dalle biblioteche e dagli istituti culturali che consenta la fruizione di risorse di ogni genere – testi, immagini audio e video – con un sistema di interrogazione simultanea dei vari cataloghi a oggi esistenti. Nell’attesa di un portale integrato, del quale ancora non si conosce il grado di potenziale interazione con gli utenti, possiamo trarre alcune conclusioni, evidenziando gli aspetti che rendono una pianificazione accurata dei contenuti dei siti web e dei social media da parte delle biblioteche di conservazione di particolare rilevanza, con due obiettivi principali:

  • favorire la rintracciabilità e la conoscenza di fondi poco conosciuti, non descritti secondo gli standard attualmente in uso, anche da parte di studiosi internazionali;
  • garantire la fruizione digitale di materiale non consultabile per esigenze di conservazione.

 In conclusione, pur non negando la rilevanza e il peso di altri aspetti come la creazione di comunità o la promozione di servizi, si sottolinea in primo luogo l’importanza di una cura dei contenuti che possa rispecchiare in un contesto più dinamico il catalogo e le risorse informative (comprese eventuali banche dati o risorse digitali), ma anche contribuire a segnalare il patrimonio bibliografico meno noto e “sommerso”.

Nonostante non siano stati ancora condotti studi sistematici e approfonditi al riguardo, i bibliotecari che si occupano di ideare le iniziative di comunicazione web o social promosse recentemente nelle biblioteche di conservazione e di redigerne i contenuti, in particolare segnalazioni e approfondimenti su particolari fondi bibliografici, hanno avuto modo di notare empiricamente una buona risposta (in termini di gradimento ma anche di manifestazioni di curiosità e richieste di approfondimento da parte degli utenti), di un pubblico ampio, che comprende studiosi specializzati, ma anche curiosi che in un contesto di fruizione dello spazio fisico avrebbero forse timore reverenziale di alcune istituzioni.

Biblioteche chiuse, aperte sul web

Al momento della stesura del presente articolo si assiste a un avvenimento senza precedenti: la chiusura degli istituti e dei luoghi della cultura decretata dal d.P.C.M. dell’8 marzo 2020 nell’ambito delle misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, dichiarata “pandemia” dall’Organizzazione mondiale della sanità l’11 marzo 2020. In questo contesto di eccezionalità e di distanziamento sociale imposti, biblioteche, reti e sistemi bibliotecari, ma anche istituti culturali e soprintendenze archivistiche e bibliografiche, si sono immediatamente attrezzati per garantire i propri servizi a distanza, fornendo libero accesso a banche dati, contenuti e prestiti digitali. Con gli hashtag #iorestoacasa e #laculturanonsiferma sono stati organizzati e proposti vari eventi fruibili da remoto, come le letture e gli incontri per Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri del 25 marzo e il flash mob per la cultura del 29 marzo promossi dal Ministero per i beni e per le attività culturali e per il turismo, che ha pubblicato sulla pagina La cultura non si ferma varie iniziative virtuali organizzate dai luoghi della cultura statale, dal mondo dello spettacolo, della musica e dell’audiovisivo. Nell’ambito dell’iniziativa “Uniti per ripartire”, frutto dell’accordo tra ICCU e DM Cultura, sono stati resi accessibili circa ottocento collegamenti a risorse digitali in OPAC SBN, e vari istituti hanno proposto approfondimenti sui propri fondi archivistici o bibliografici. Nella speranza che i servizi bibliotecari tornino presto a essere in presenza, è innegabile che la situazione attuale stia costituendo un vero e proprio banco di prova per i bibliotecari – che si trovano per la prima volta sottratti alla gestione dello spazio fisico della biblioteca – e per le infrastrutture digitali da essi ideate. Appare evidente come i siti web e i social media stiano giocando un ruolo chiave all’interno di tale contesto, in quanto veicolo degli unici contenuti ai quali gli utenti reali e potenziali delle biblioteche possano al momento accedere, in attesa di poter tornare a fruire dello spazio fisico della biblioteca.