N.2 2022 - L'offerta editoriale per bambini e ragazzi

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Editoria per ragazzi: a lezione di conformismo

Carla Ida Salviati

Carla Ida Salviati, carla.ida.salviati@gmail.com

Per tutti i siti web la data di consultazione è 27 agosto 2022.

Abstract

La letteratura per i giovani è un settore editoriale controllato dagli adulti. Ma chi ha l’autorità e/o il potere per decidere se un libro è ‘adatto’ ai giovani? L’intervento intende recuperare il filo sottile di conformismo che collega molti testi destinati alla gioventù: infatti in parecchi racconti l’intento educativo prevale sulla qualità della scrittura. L’articolo evidenzia alcuni temi oggi maggiormente soggetti all’attenzione valoriale adulta, che arriva in taluni casi a invocare o a esercitare la censura. Gli argomenti che qui vengono in particolare affrontati sono: la sfera sessuale e familiare; il rapporto con la natura; i comportamenti e le trasformazioni sociali.

English abstract

Youth literature is an adult-controlled publishing industry sector. But who has the authority and/or the power to decide if a book is ‘suitable’ for young people?

The contribution aims at finding the subtle thread that connects many books for young people, where the pedagogical intent prevails, in large measure, over the quality of writing. The article highlights some issues that nowadays are more subject to adults’ attention on ethos, that may lead to invoke or exercise censorship. The topics that are discussed here in particular are the sexual and family sphere; the relationships with nature; behaviours and social transformations.

Controllare e trasgredire

Il territorio entro il quale siamo soliti collocare la produzione editoriale per ragazzi è un vasto mercato – si parla di 24 milioni di copie vendute nel 2021 – nel quale gli adulti scrivono, stampano, distribuiscono, promuovono, vendono, consigliano i libri alle giovani generazioni. È un territorio, dunque, del tutto popolato dai grandi, mentre il pubblico dei destinatari è estraneo ai processi creativi e produttivi.

Va da sé che sia uno spazio molto controllato. Anzi, parecchi educatori danno per scontato che nei cataloghi del settore appaiano solo storie ispirate da ‘buoni’ principi per indurre ‘buoni’ comportamenti: dimenticando, però, che gli uni e gli altri possono essere assai diversi per ciascuno di noi e per la personale visione che nutriamo dei processi di crescita.

D’altra parte, la produzione nostrana per ragazzi fin da subito (diciamo, grossolanamente, dall’Unità d’Italia) è stata indirizzata alla scuola, che a tutt’oggi resta un importante committente: a tale mondo, non a caso, aveva guardato a lungo la grande editoria. Quel che esulava dalla scuola (i romanzi di Salgari prima, i fumetti poi, i videogiochi e i social oggi...) non apparteneva alle ‘buone’ letture; veniva pertanto guardato con sospetto e al massimo era tollerato solo di fronte ad allievi con ottimo profitto. 

Qualcosa cambia nel decennio 1985-1995: assistiamo in Italia all’esplosione del fenomeno delle collane adolescenziali (poi definite young adult) che riflettono esperienze, aspettative, disagi, eccessi tipici di quell’età contradditoria, ‘ossimorica’ e nevralgica della formazione umana. 

L’avvento delle ‘collane trasgressive’ (come poi vennero chiamate con sfumatura negativa) accompagna le coeve trasformazioni dei costumi e rappresenta un frutto estremo dei rivolgimenti sessantottini che, nel settore editoriale giovanile in Italia, maturano soprattutto una quindicina di anni dopo l’esplosione della contestazione giovanile. Caratteristica comune e trasversale è l’apertura alla narrativa straniera – americana e anglosassone in primis – con traduzioni di storie in genere drammatiche e spesso assai esplicite nella descrizione dei comportamenti sessuali dei personaggi [Salviati, 1996b]. 

Appaiono serie tascabili come Supertrend e Gaia junior di Mondadori; Ex libris e Frontiere di E.L.; Le linci di Salani e altre ancora. Non abbiamo dati affidabili sulle vendite, ma pare riscontrino davvero ragguardevoli consensi, confermando le dichiarazioni trionfalistiche dei rispettivi editori. D’altronde, la lunga persistenza dei titoli in catalogo, il numero elevato di novità annue e l’emulazione cui sono indotti altri marchi che, a ruota, danno vita a iniziative per il medesimo target, confermano un successo eccezionale

Nel paratesto dei volumi non compare il suggerimento sull’età di lettura, avvertimento abituale – anzi, quasi ‘obbligatorio’ – nella produzione per ragazzi ed elemento non certo secondario nell’esercizio del controllo da parte degli adulti. Si tratta infatti di «storie di giovani e non per giovani adulti» sottolinea in un’intervista Francesca Lazzarato, importante editor mondadoriana, poiché «ogni argomento è ammesso nella letteratura per i giovani». E ricorda che l’obiettivo dell’esperimento è «far diminuire al minimo il tasso d’intenzionalità, che [in passato] era stato fortissimo nel libro per ragazzi di marca italiana» [Fabri, 1996]. 

Non possono mancare le polemiche. Il periodico Pagine giovani denuncia le collezioni ‘trasgressive’ commentando un florilegio di passi decisamente scabrosi [Volpi - Camicia, 2004]. Nel numero successivo Angelo Nobile attribuisce a «certa critica di orientamento neonichilista» l’apprezzamento delle collane che pretendono di essere le antesignane della «raggiunta autonomia della letteratura per ragazzi da ipoteche ‘pedagogiche’, interpretate riduttivamente ed equivocamente come moralistiche» [Nobile, 2005, p. 25]. Ritorna sul tema in vari passi di un suo saggio più recente [Nobile, 2017].

La scrittrice Beatrice Solinas Donghi esprime alla rivista Andersen il suo imbarazzo davanti alla elogiativa recensione, nonostante i passaggi spinti, de La figlia della luna di Margaret Mahy [Mahy, 1991] e invita gli editori a preavvisare sugli eventuali contenuti hard di un libro per ragazzi in modo che, scrive, «ci si possa regolare» prima di suggerirne la lettura. Controbatte Antonio Faeti con verve e una buona dose di sarcasmo… 

Insomma, qualche battibecco ci fu. Ma si trattò di schermaglie tra pedagogisti di differente orientamento: diatribe che non raggiunsero mai il grande pubblico. Oggi, d’altra parte, quelle collane hanno esaurito l’originario progetto di rottura e alcune sono chiuse; hanno peraltro contribuito a sdoganare la presenza del sesso nei libri per i giovani, i quali, d’altronde, sono ormai avvezzi a media ben più diretti e più ‘caldi’, come direbbe McLuhan. 

Va infine ricordato che le collane ‘trasgressive’ difficilmente entreranno nella scuola. Qualche autore e qualche passo arrivano, anni dopo, nelle antologie della scuola secondaria: brani scelti sempre con prudenza dalle redazioni e in genere accompagnati dall’avvertimento che la proposta di lettura è «ridotta e adattata», formula che consente ai compilatori praticamente tutto. Troviamo firme come Ziliotto, Masini, Nanetti, Dahl, Pitzorno e alcuni tra gli stranieri ospitati nelle collane sopra citate. Le quali, invece, avevano avuto le librerie come canale di smercio preferenziale, trovando anche ottima accoglienza sugli scaffali delle sezioni ragazzi delle biblioteche (ottima: non unanime). 

Per la scuola primaria vale la pena di ricordare due progetti editoriali messi in atto attorno alla metà degli anni Novanta da Giunti con la collana GRU e da Piemme con Il battello a vapore. Editori entrambi solidissimi nella scuola, investono per diffondere nelle classi la narrativa più moderna e vivace dei loro cataloghi di ‘libera lettura’. Ma anche qui non mancano le proteste. I racconti di Christine Nöstlinger (che non santifica la famiglia tradizionale) e quelli di Chiara Rapaccini (che dissacra il sesso con le risate) non raccolgono solo elogi dagli insegnanti, avvezzi a un maggiore conformismo.

Una produzione per…

In questo mio piccolo contributo recupero alcuni esempi di storie destinate ai ragazzi per cercare di cogliere il peso esercitato su di esse dalle idee adulte ampiamente condivise (un tempo si usava l’espressione ‘ideologia dominante’). Le domande sono molte: chi ‘decide’ che un testo sia ‘adatto’ a giovani lettori? Quanto è conformista la produzione per ragazzi? E quanto, per contro, è in grado di generare anticorpi che sappiano proteggerla dall’azione di una «comunità adulta che […] trasmette alla comunità infantile il proprio universo di valori consolidati al solo fine di riprodursi in essa»? [Ghidini - Tavoni, 1979, 12]. Con quali strumenti si muove la cosiddetta ‘comunità educante’ per esercitare il controllo sulla produzione libraria destinata ai suoi giovani? Una produzione, beninteso, che spesso ribadisce di essere veicolo di valori (positivi, ovviamente): appunto, ma positivi per chi?

Sono domande, queste, che ci si pone ‘soltanto’ davanti al mercato giovanile. Tutti gli spiriti liberi, infatti, le riterrebbero irricevibili se argomentassimo di titoli per adulti che vivono nell’aura dell’autonomia di pensiero e di creatività degli autori. 

Se invece si leggono le quarte di copertina o gli abstract che compaiono sui cataloghi editoriali, ci si accorge che la produzione per i piccoli sente spesso la necessità di ribadire – al di fuori del testo – la buona qualità morale dei libri che stampa. Persino lo stile di recensione di blog assai apprezzati segue uno schema fisso: riassunto della vicenda; valenza educativa (in altre parole: che cosa si impara leggendo il titolo recensito). Insomma, la principale qualità dei libri per bambini continua a essere l’utilità: essi si offrono come un ausilio per crescere in scienza e coscienza.

Forse il filo che collega i duecento anni di esistenza della letteratura giovanile sta proprio nella missione di diffondere ‘buoni libri’: cambiano i temi, muta il linguaggio, ma l’intenzionalità formativa della scrittura non pare venir meno [Battista, 2019; Mandarà, 2021].

Così le redazioni editoriali ora compongono le ‘quarte di copertina’ ben sapendo come esse costituiscano un efficace approccio al testo e uno spazio appropriato di rassicurazione per gli adulti: i quali, in ultima istanza, sono gli acquirenti di libri che sovente non conoscono e che presumibilmente non leggeranno. Vediamo di seguito solo tre esempi di ‘quarte’:

«[i protagonisti] capiranno di avere trovato la cosa più preziosa del mondo: l’amicizia»

(Carpi, 2002)

«[la riedizione serve a] ricordare che tuttora a milioni di bambini in tutto il mondo vengono negati i diritti più elementari»

(D’Adamo,2015)

«Una storia sull’importanza di essere sé stessi e accettarsi in tutte le possibili varianti»

(Risari, 2019).

Tutto ciò per tornare a chiederci: infine, chi decide se un libro è ‘adatto’ e per quale età? Gli psicologi e i pedagogisti mi parrebbero i più titolati; letterati, storici e linguisti possono certo esprimersi: ma il loro sguardo va sull’opera, non sul giovane fruitore.

D’altra parte, anche la definizione di ‘letteratura per l’infanzia’ non sembra soddisfare sempre gli studiosi di scienze dell’educazione. Su tale terreno vanno a confrontarsi (o a contrapporsi) le intenzionalità formative che, nelle società libere, non sono affatto uguali per tutti: ciascuno di noi può coltivare per i propri figli o per i propri allievi il progetto di crescita che reputa come migliore. 

Per tale motivo oggi alcuni pedagogisti, interrogandosi sull’ambiguità della definizione, tendono a spostare l’attenzione sul ‘lettore’ e sulle sue ‘emozioni’. In tale chiave, sempre meno importerebbero dunque i ‘valori morali’ e gli ‘esempi comportamentali’ veicolati dalla lettura, mentre sempre di più conterebbero le trasformazioni e le rielaborazioni profonde che il contatto con la narrazione produce/provoca nel giovane lettore. Riflettendo sulla necessità del superamento della definizione di letteratura per l’infanzia, Luciana Bellatalla e Giovanni Genovesi scrivono: «Il racconto cessa di essere un prodotto finito e preconfezionato, per farsi un percorso aperto, in cui si incontrano l’autore, la storia ed il lettore». E continuano:

È questo un nuovo punto che viene a scardinare […] la tradizionale definizione di Letteratura per l’infanzia, dal suo comparire e fin qui giustificata proprio in nome dell’educazione […] Non ci sono né possono esserci storie pensate per un pubblico ben preciso, giacché ogni lettore è una sorta di cassa di risonanza del testo letto, fruito e ‘metabolizzato’. Pertanto, è il lettore e non l’autore che filtra attraverso i propri canali, la propria esperienza e la cultura già acquisita il testo letto, che di fatto si interpreta, si ricrea e, perciò, ad ogni età della vita, offre emozioni, significati, scenari diversi e diversamente significativi. [Bellatalla - Genovesi, 2011, p. 39].

In tale prospettiva va inserita la popolarità di cui gode il diktat sul piacere di leggere: piacere che è obiettivo – alto e difficile da conquistare – dell’intera educazione alla lettura, percorso che molto raramente un bambino può efficacemente affrontare senza l’intervento di un educatore. Però, minimizzando così il ruolo dell’‘adulto-vicino’ per timore delle sue interferenze, si è lasciato campo libero all’‘adulto-lontano’. Cioè al mercato editoriale. 

Dobbiamo dunque trovare parole più neutre per definire il territorio della letteratura per l’infanzia: è ‘lettura per la gioventù quel che l’editoria propone per la gioventù’. Possiamo e dobbiamo osservare tutti gli attori (autori, editori, promotori ecc.) e tutti i prodotti (le opere) che compaiono in questo spazio: possiamo accoglierli/rifiutarli; approvarli/criticarli; raccomandarli/sconsigliarli ecc. E ovviamente acquistarli o lasciarli sui banconi delle librerie. O rinchiuderli in scaffali inaccessibili delle biblioteche. Ma oltre non mi pare che si possa proprio andare. 

Se poi un libro ‘piace’, se circola davvero, son lì a comprovarlo i dati di vendita, soprattutto se spalmati sul territorio nazionale; e lo confermano gli editori stessi non tanto quando escono con dichiarazioni (sempre molto ponderate sul piano promozionale), ma piuttosto se e quando avviano una ristampa. 

Probabilmente qualcuno non sarà d’accordo e vedrà in questa mia definizione pragmatica un asservimento al profitto; altri ancora potrebbero obiettare che una società che non si preoccupa della qualità (valoriale/narrativa) dei libri per i propri giovani delega a meri commercianti un ruolo culturale per il quale non sono qualificati… Però, a ben guardare, è sempre stato così: la valutazione delle opere – attraverso recensioni o saggi – avviene sui libri già usciti, è assai raro che le case editrici abbiano staff di consulenza psicopedagogica. In qualche caso ciò accade, ma sono assolute eccezioni, al massimo si tratta di lettori di professione più o meno autorevoli. Alla fin fine la decisione di stampare un testo (e quindi di attribuirgli il bollino di ‘adatto’) viene assunta dalle direzioni editoriali. 

D’altra parte, mi sembra che in altre epoche, e per opere di enorme importanza, proprio il mercato sia stato determinante nella circolazione libraria. Ce lo ricorda un classico sulla censura come I libri proibiti di Mario Infelise:

Furono ovviamente coloro che subirono i danni maggiori del clima repressivo a reclamare più o meno timidamente la possibilità di operare […] Non è quindi un caso se furono proprio i librai, non tanto per precise scelte di campo, ma per poter lavorare in relativa tranquillità, a protestare contro i rigidi sistemi censori. Sia nel mondo cattolico che in quello protestante, per legittime ragioni di interesse si levarono spesso voci da parte di chi operava in tale ambito contro un sistema che rendeva ogni nuovo investimento soggetto a incalcolabili rischi […] Non è eccezionale il caso di famiglie impegnate in ingenti rapporti di affari attraverso l’Europa che si manifestavano cattoliche o protestanti a seconda delle circostanze [Infelise, 1999, p. 81].

Il potere degli editori

Oggi l’unico potere che può essere realmente esercitato nei sistemi liberali e che determina la circolazione o meno di un’opera, è dunque quello editoriale. Va da sé che, orientato alla vendita, cercherà di interpretare l’umore del tempo e di assecondare i valori del proprio target di riferimento: il quale target, nel nostro caso, è sempre doppio, bambini e adulti. 

Il passato ci regala esempi luminosi. La celeberrima Scala d’Oro degli anni Trenta del Novecento era in gran parte composta da riduzioni di classici. Mentre si taglia o si adatta un brano, si può agilmente sfrangiare qualche passaggio che, per svariati motivi, può apparire sgradito al mondo adulto. In questo l’editoria scolastica è stata maestra: a Saffo, a Ovidio, all’Odissea, all’Orlando ci siamo tutti avvicinati con antologie che si guardavano bene dal «mettere in imbarazzo le insegnanti» come perfettamente mi spiegò un rappresentante librario. La collana Letture per la scuola media di Einaudi era persino più morigerata: ancora negli anni Ottanta in A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia gli occhiuti redattori sostituivano il verbo «bestemmiare» con il più garbato «imprecare» e sfrondavano il racconto da commenti poco lusinghieri per il Papa e per la Democrazia cristiana… Piccoli interventi, si dirà: ma l’obiettivo complessivo è di smussare le asperità, di scolorire lo stile, di ridurre l’indignazione a mugugno: insomma, di far rientrare la denuncia nel conformismo sociale [Cassini, 1983; Salviati, 1990]. 

Tuttavia, anche in collezioni non destinate all’uso didattico, il confronto testuale può rivelare tagli e riduzioni di cui raramente i paratesti rendono conto. Oggi, ad esempio, girano molte versioni ridotte di Pinocchio: spesso sono frutto di riscritture per adeguare il linguaggio collodiano – ricco di toscanismi e di arcaismi – all’italiano contemporaneo. Possiamo apprezzare lo sforzo di avvicinare le ultime generazioni alla lettura del grande classico altrimenti irraggiungibile per i più; va da sé che, quando l’operazione non è dichiarata, si è comunque davanti a un arbitrio che sarebbe inaccettabile in qualunque testo destinato agli adulti. 

D’altra parte, ogni epoca hai suoi tabù e di conseguenza le sue forme di censura. Se in passato questa si esercitava sulla dottrina e (ovviamente) sulla sessualità, oggi stanno emergendo nuovi temi sensibili. Prendiamo il rapporto uomo-animale, un vero topos nella letteratura per ragazzi. Ma non scorre sempre e ovunque tutto liscio: lo apprendiamo da un sito mondadoriano che elenca (fornendo parallele indicazioni d’acquisto) alcuni tra i titoli più censurati di sempre. Scopriamo che nella Cina degli anni Trenta dalle biblioteche è state esclusa Alice a causa della rappresentazione antropomorfica delle bestie. Roba d’altri tempi, si dirà, e di lontane provincie. 

Ma più vicino a noi possiamo assistere all’opposto. Mario Lodi, il celebre autore di Cipì, ha scritto molto sulla vita contadina della sua infanzia (era nato nel 1922). Ne ha scritto con franchezza, approfondendo il rapporto utilitaristico che i contadini nutrivano con le piante e gli animali. Così fa cenno anche a pratiche crudeli per la nostra sensibilità attuale. A questo proposito si può ricordare un aneddoto. Editoriale scienza (marchio specializzato nella divulgazione scientifica per ragazzi) dopo la ristampa de Il cielo che si muove viene raggiunta dalle proteste: una madre trova ‘immorale’ che un cacciatore, preparando la lepre per la cena, scopra sei piccoli feti e colga l’occasione per spiegare al proprio figliolo come nascono i mammiferi. Ma quel che sopra tutto scandalizza l’attenta genitrice è l’assenza di ‘punizione’ per il cacciatore… Fiction e non-fiction si sovrappongono senza soluzione di continuità: un bello smacco per l’educazione scientifica ridotta a favoletta esortativa! 

Ricorrendo ancora al sito mondadoriano sopra citato, scopriamo altri titoli recentemente censurati: Huckleberry Finn di Mark Twain non fa neppure notizia poiché da sempre offre ottimi motivi per farsi perseguitare dai benpensanti. Ma nella lista compaiono opere insospettabili come Il buio oltre la siepe di Harper Lee, che io trovai nella biblioteca della mia scuola media dei primi anni Sessanta (rafforzato da un’indimenticabile pellicola con protagonista Gregory Peck, premio Oscar). Quale è oggi l’accusa? Vi si legge troppe volte la parola nigger e quindi, cercando sinonimi e giri di parole «la censura è intervenuta sul testo nel 2004, nel 2006 e nel 2007; nel 2009 il testo è stato addirittura bandito da una biblioteca canadese». E dire che lo si considerava un manifesto della tolleranza: oggi viene ostracizzato esattamente per il contrario! [Mondadori, 2022]. Nel politicamente corretto, quel che fa paura sono le parole: non il pensiero.

Abbiamo persino notizia di roghi: «In Canada Asterix il Gallo, Tintin il belga e Lucky Luke il cowboy americano sono stati dati alle fiamme nelle scuole dell’Ontario […] Sono stati mandati al macero numerosi libri del famosissimo scrittore per bambini Dr. Seuss perché considerati ‘razzisti’». L’articolo ci informa inoltre che sono nel mirino Pippi calzelunghe (per la descrizione stereotipata degli abitanti dell’Isola Cip Cip) e che «dalle biblioteche inglesi stanno scomparendo i libri per l’infanzia di Roald Dahl» [De Conto, 2022]. 

Scorrendo i quotidiani (che assai raramente si occupano di libri per bambini) sembra una vera gragnuola: ad agosto scorso La Stampa ci ha informato che, all’interno di un altro elenco statunitense di titoli vietati ai giovani, compare anche Il diario di Anne Frank a causa dei riferimenti alla sessualità. Per la precisione viene stigmatizzata una graphic novel ispirata al celeberrimo libro che, è noto, era già stato epurato dal padre dell’autrice quando acconsentì, nel Dopoguerra, a darlo alle stampe [Minucci, 2022]. 

I recenti eccessi della cancel culture stanno evidentemente allarmando la Destra, che in passato non si è inalberata per la lista del sindaco Brugnaro dove comparivano soprattutto titoli gender. Più pesi e più misure, dunque. D’altronde proprio questi sono in Italia i temi controversi, mentre alcune piccole case editrici – come Lo stampatello, Uovonero e altre – non fanno mancare l’impegno verso i temi cari al mondo Lgbtq+ [Massaro, 2022]. Il rischio, come sempre per tutta la pubblicistica militante, sono le storie scritte ‘a tavolino’ dove il testo è subordinato agli argomenti sui quali si vuole sensibilizzare il lettore: ne può uscire una letteratura ancora più condizionata. 

Anche l’ormai vasta pubblicistica per ragazzi sull’emigrazione – altro tema politicamente rovente – resta spesso inguaiata in rappresentazioni stereotipate e manichee: pur considerando solo opere ben scritte e ben articolate che si elevano sopra un mare editoriale di sciatteria e di banalità, raramente gli autori si astengono dal fervorino o tratteggiano caratteri umani più complessi e situazioni esistenziali più sfumate dal bianco e nero quasi obbligatorio. Pare resti sempre più gradito un nebbioso conformismo anche quando si sostengono importanti battaglie per i diritti civili [Luatti, 2011]. 

Questo peraltro è un rischio che sempre incombe in letteratura, ma segnatamente in quel segmento destinato ai giovani minacciato dalla voglia, anzi si potrebbe dire, dalla ‘brama’ del mondo adulto di insegnare, di schierarsi, di trasmettere i propri convincimenti, di passare un testimone di valori… E tutto affinché le generazioni più giovani procedano nei solchi tracciati e magari sperando, pur in buona fede, che commettano meno errori di noi. 

Ma la Storia, sempre imprevedibile, procede a zig-zag. E ogni generazione deve e dovrà vedersela con il proprio tempo. Ci piaccia o meno.