Neuroscienze. Il connettoma: neuroplasticità ed epigenetica

Conduzione: Antonino Gulino

Pediatra di famiglia, Catania

DOI 10.36179/2611-5212-2020-26

Lo studio del nostro cervello, il suo funzionamento, i meccanismi che governano mente, emozioni e comportamenti sono da sempre al centro di ricerche scientifiche ma anche di speculazioni filosofiche. Sappiamo che è composto da 100 miliardi di neuroni ognuno dei quali sviluppa in media 10 mila connessioni con i neuroni vicini. Durante la vita fetale, l’organismo produce oltre 250 mila neuroni al minuto. Ma poco prima della nascita, questa produzione si arresta e iniziano a realizzarsi le connessioni tra neuroni. Comprendere come si sviluppano e quali funzioni svolgono queste connessioni può aiutarci a conoscere meglio questo organo. Nel 2009 il National Institutes of Health degli Stati Uniti decide di finanziare un progetto estremamente ambizioso lo “Human Connectome Project” (“Progetto Connettoma Umano”), il cui obiettivo è quello di creare un modello estremamente preciso dell’architettura anatomica e funzionale del nostro cervello. Sono stati studiati 1.200 adulti sani, tra cui un’alta percentuale di gemelli e loro fratelli non gemelli, per aiutare i ricercatori a capire se i circuiti cerebrali sono ereditari. Sono state eseguite sofisticate indagini di bioimaging che integrate tra loro hanno permesso di individuare in ciascun emisfero della corteccia cerebrale 180 aree corticali, al cui interno ci sono 97 zone del cervello a noi sconosciute, e le loro connessioni. L’idea stessa di Broca e Wernicke secondo cui le diverse funzioni cognitive, motorie e percettive hanno delle sedi anatomiche preferenziali, va certamente rivista alla luce di queste scoperte, il funzionamento cerebrale è determinato dalle connessioni tra le diverse aree piuttosto che al funzionamento isolato di singole regioni cerebrali. La ricostruzione dell’intera rete delle connessioni tra le aree cerebrali, il connettoma, ci ha fornito una vera “mappa di navigazione” indispensabile per orientarsi all’interno del nostro cervello. Comprendere come funziona e si trasforma ci aiuterà a conoscere meglio le basi biologiche di coscienza, comportamento, memoria, attenzione e carattere, ma anche di individuare le cause etiologiche delle malattie mentali e probabilmente di prevenirle e curarle. Sebastian Seung, professore di neuroscienze computazionali al MIT, reputa che il connettoma è “un’architettura che ci differenzia come individui anche nel caso dei gemelli identici perché i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno sono diversi”. Il connettoma non è quindi un organo statico ma un sistema dinamico, in costante interazione con l’ambiente naturale, culturale e sociale del mondo esterno e ha la plasticità di cambiare durante tutto l’arco della vita. Questa eccezionale capacità di adattarsi alle esperienze individuali e di migliorare le proprie prestazioni rende il nostro cervello un organo unico e inimitabile. è da sottolineare che le modificazioni indotte dall’esperienza sul sistema nervoso possono persistere per lungo tempo, probabilmente per l’intera esistenza dell’individuo, pertanto, il nostro cervello diventa lo strumento più adatto ad affrontare il quotidiano di ciascun individuo. Per anni l’attività riabilitativa di pazienti con patologie neurologiche acquisite o congenite è stata considerata inutile, oggi alla luce delle attuali conoscenze ci si è resi conto che questa convinzione è assolutamente sbagliata. Il primo scienziato a guidarci in questo percorso è stato lo svedese Peter S. Eriksson quando nel 1998 pubblicò sulla rivista Nature Medicine uno studio che dimostrava come anche le cellule nervose potevano essere soggette al fenomeno della mitosi. Ma solo all’inizio del nostro millennio si è iniziato a parlare di neuroplasticità. Oggi sappiamo che la neuroplasticità è il risultato di due fenomeni, lo sprouting e la neurogenesi. Il primo è un termine inglese che significa gemmazione o germogliazione e si riferisce allo sviluppo di nuove connessioni sinaptiche tra i neuroni; il secondo, invece, implica la possibilità che si possano formare nuove cellule nervose o che quelle silenti possano diventare attive. Una scoperta ancora più affascinante è quella di Eric Kandel, premio Nobel per la medicina nel 2000, per aver dimostrato che l’apprendimento può attivare geni in grado di modificare la struttura neurale. Per Seung questa caratteristica è da collegare strettamente al connettoma che come già espresso è particolarmente sensibile alle informazioni che riceve attraverso i sensi. “Noi uomini“ ribadisce lo scienziato “siamo un ammasso di informazioni”. In conclusione possiamo dire che vivere in un ambiente culturalmente ricco di informazioni, ma anche coltivare le relazioni sociali,stimola la formazione di nuovi neuroni (Bolijin e Lucassen, 2015) ma soprattutto ci aiuta ad avere connessioni positive utili per una vita migliore.

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